Picasso, ossessioni in bianco

«Il pittore e la modella» al centro della rassegna al Guggenheim di Venezia «Il pittore e la modella» al centro della rassegna al Guggenheim di Venezia Picasso, ossessioni in bianco Magie e segreti del suo mondo-atelier DVENEZIA OPO il Museo Picasso di Parigi, e con la sua collaborazione, anche la collezione 1 Guggenheim ritaglia con il sottile bisturi critico di Fred Licht e Dorè Ashton, fino al 31 marzo, un frammento, una microanatomia però di grande, profondo significato, dal corpo colossale della produzione pittorica e grafica di Picasso. Tema: L'Atelier (spttotema: Il pittore e la modella); perno e fulcro della mostra è il quadro verticale intrapreso nel 1928 subito dopo la versione orizzontale del Museum of Modem Art di New York, anch'essa in mostra, rielaborato fino all'essenzialità «bianca» quale oggi vediamo, inviato dall'autore a New York ad Alfred Barr per le due grandi antologiche al Moma del 1940 e 1941 e acquistato da Peggy nel 1942 su consiglio di Max Ernst. Un'operazione di questo tipo, ad alta valenza storico-critica, ripropone anche dopo mezzo secolo la situazione che vedeva affiancate le due opere al Moma (la prima vi era entrata nel 1935 per donazione di W. P. Chrysler, ed era stata una tappa fondamentale e nella storia del neonato museo e in quella di Picasso), con effetti epocali per la nascita della «scuola di New York» e dell'espressionismo astratto. Robert Motherwell, attore ma anche mente pensante di quella scuola e movimento, scrisse del quadro Guggenheim: «Quel bianco incredibile, certamente una delle opere più austere e forti a partire dall'affermarsi del cubismo... senza dubbio uno ~~ / dei capolavori del XX secolo». Le due versioni estremizzano in gradi diversi il cubismo sintetico fino ad un livello «minimale», che sfiora l'astrazione calvinista di Mondrian, ma salva i simboli profondi dell'immagine. Scrive Licht in catalogo: «E' come se Picasso toccasse 2 fondo nel ridurre la forma e il significato alla loro essenza». I ritmi grafici sintetizzano spazi e forme sulle due dimensioni con la purezza cartesiana di una polifonia musicale, instaurando, entro il continuo rinnovarsi dell'officina picassiana, uno scambio di linguaggio con i coevi tracciati spaziati in lamiera e fil di ferro che trionferanno a Boisgeloup originando una nuova scultura, da Calder a Dominguez. I ritmi cromatici della prima versione di New York a pezzature tonali, di giallo, rosso e scale mirabili di grigi, si purificano fino alla sublimazione bianca finale, su cui spiccano il rósso con tondi verdi del tavolo, il giallo legno della cornice del quadro-simbolo e l'ambigua misteriosa presenza prospettica di un ::r^::::^'~~.^.^ "ì:i;x)ÌSl- rettangolo grigio piombo, specchio o finestra di fuga sulla realtà dai magici segreti del mondo-atelier. La mostra, con l'aggiunta di un altro capolavoro come il Pittore e la modella del 1926 del Musée Picasso, se da un lato documenta con assoluta efficacia una svolta cardinale del percorso picassiano, quasi uno spartiacque fra la stagione costruttiva cubista, sfociante con segreta coerenza nella ricostruzione di una forma monumentale «classica», e la fluviale libertà ed espressività del segno nei successivi 50 anni, dall'altro entra nel cuore più intimo del rapporto di Picasso con l'arte e con il mondo. E' un rapporto assoluto, erotico e prometeico-demiurgico, che estremizza e «modernizza» in una chiave parallela a quella degli amici surrealisti - ma «nature», non intellettualistica - il gran gesto realista e romantico assieme di Coubert di trascinare l'intero mondo fisico e psichico dentro il proprio Atelier tutt'intorno al centro con il quadro, il pittore, la modella. Questa, pittore-modellastudio (sole, luna, universo), è forse la chiave profonda della visione di Picasso, una sorta di ossessione ciclica che percorre tutto il suo lungo arco di vita e di opera, disvelata dai disegni e incisioni dal 1920 al 1964 che circondano il grande trittico dei tre oli. Rapporti magici e rivelatori intercorrono poi all'interno. Il gran viluppo di tracciati e linee continue del Pittore e la modella è lo stesso che la figura «classica» e ingresiana del pitl'x\Vi tore traccia sulla lì \ \ tela in una delle • ■■ . . ■ I II tavole di un vertiL '-■ i ce grafico di quegli anni, Le chefd'oeuvre inconnu di Balzac pubblicato da Vollard nel 1931. E passando dalla prima alla seconda versione dell'Atelier, proiettandole entrambe con un gioco di fantasia entro il loro «soggetto», lo studio parigino di Rue des Grands-Augustins che le ha viste nascere, riviviamo la magica metamorfosi dello schema figurale del pittore che diventa busto scultoreo di se stesso - hanno in comune i tre occhi - mentre lo stesso busto nella prima versione si trasforma nella seconda nel quadro con lo schema surreale della modella. Il ciclo completo del mondo di Picasso simbolizza anche il nuovo gradiente delle avanguardie scalato in parallelo da un Mirò o da un Ernst. Non stupisce che trent'anni dopo Picasso si chiuda nel suo studio a «La Californie» di Cannes per cinque mesi e ne esca con le 58 variazioni su Las Meninas, lo specchio di Velàzquez del proprio mondo-atelier. Marco Rosei ~~ / "ì:i;x)ÌSl- m •V < ::r^::::^'~~.^.^ l'x\Vi lì \ \ • ■■ . . ■ I II L '-■ i Due opere di Picasso esposte a Venezia, mentre a Parigi prosegue la mostra dei suoi ritratti: sopra, «Il pittore e il suo modello»; sotto: «Pittore che raccoglie il pennello»

Luoghi citati: Cannes, New York, Parigi, Venezia