«Sto con Fazio, non c'è ripresa»

Fossa: rivedere il Welfare prima che crolli «Sto con Fazio, non c'è ripresa» Fossa: rivedere il Welfare prima che crolli IL PRESIDENTE DEGLI INDUSTRIALI CHE piaccia o no a Romano Prodi, purtroppo il governatore ha ragione» esordisce Giorgio Fossa, mentre beve il primo caffè del mattino nella foresteria confindustriale di Via Veneto, rilegge passi del discorso di Fazio alla giornata del risparmio e scorre le. tabelle dell'ultimo Bollettino di Via Nazionale. «E il bello - aggiunge - è che noi queste cose le diciamo da mési: la ripresa che nòti c% l'esigenza di riformare lo Stato Sociale e rilanciare il Fisco non solo per drenare gettito, ma anche per sostenere lo sviluppo come è accaduto in Germania e in Francia, dove in 10 anni la pressione è calata di oltre 10 punti. E poi le richieste dei metalmeccanici, incompatibili con un'inflazione che ormai può davvero scendere sotto il 2,5% nel '97. Mi fa piacere che adesso queste cose le confermi anche Bankitalia». Dopo mesi di velata schermaglia, adesso Fossa e Fazio pare parlino la stessa lingua. E il governo - ancora indebolito dai «veti di Bertinotti» - mostra di non comprenderla. Partiamo dalla congiuntura, dottor Fossa. Bankitalia parla ancora di recessione, o giù di lì... «E io confermo. L'economia italiana viaggia ancora a basso ritmo, nei primi dieci mesi dell'anno la produzione è calata dell'1% e adesso, nonostante in- alcuni settori la caduta sembra essersi arrestata, in altri la situazione resta molto critica, dai beni durevoli all'auto e all'alimentare». Quindi governo troppo ottimista sulla crescita del '97? «Purtroppo sì. L'anno prossimo saremo all'I%, non oltre: la congiuntura continuerà ad andar male, nonostante Giappone e Usa siano in buona salute e la Germania mostri segnali di ripresa. Per ora, noi, a quella locomotiva non siamo agganciati. E meno male che cala l'inflazione...». Dovreste ringraziare il governatore, voi che sui tassi l'avete criticato tanto... «No, non l'abbiamo criticato, lui ha agito secondo lo scenario che aveva di fronte. Ora io dico che, se si chiude bene il contratto dei metalmeccanici, se anche il governo fa la sua parte con i contratti pubblici come i trasporti e soprattutto rendendo più strutturale la manovra, i margini per altri cali consistenti del costo del denaro ci sono. I tassi reali sono ancora molto elevati rispetto al resto d'Europa: i Btp sono al 7% circa, il "prime rate" al 10, e i tassi per le imprese in media al 12, con punte fino al 18%. E poi c'è da considerare l'andamento della lira...». Appunto, lei ha addirittura detto che il cambio è drogato e che dall'estero... «Si fermi subito, i dati mi danno ragione: non è forse vero che a settembre abbiamo avuto un fortissimo afflusso di capitali attratti dagli alti tassi italiani? Non è forse vero che l'altalena di queste ultime settimane, tra alti investimenti dall'estero e una fuga di capitali che secondo me continua, testimonia uno squilibrio nel cambio?». I sindacati dicono che voi tenete in ostaggio il governo sulla Finanziaria e i metalmeccanici sul contratto perché volete che la lira nello Sme ci torni a quota 1100... «Non teniamo in ostaggio nessuno. La svalutazione ci ha avvantaggiati, ma si ricordi che le piccole imprese l'hanno sentita poco, le operazioni di export avvenivano a un tasso di cambio col marco che non era quello nominale, ma era tarato su valori più realistici, intorno a 1050. Quella può essere una possibile quota di rientro. Confido nei negoziatori politici. E quanto ai tassi, confido che Fazio dia altri segnali. L'economia ne ha bisogno, è un momento difficile e il governo fa fatica a prenderne atto». Cioè? A che si riferisce? «Pensi solo alla manovra. Intanto, c'è un problema di metodo: questa è la Finanziaria dei misteri. Oggi, a più d'un mese dal suo varo, il 50% dei provvedimenti è ancora sconosciuto. Io l'ho detto a Prodi: c'è bisogno di chiarezza, c'è bisogno di sapere chi e perché dovrà fare sacrifici, solo così si ricrea un clima di fiducia. Questa incertezza può durare altri 10 giorni, non di più. Tra decreto fiscale di fine d'anno, una tantum e operazioni di Tesoreria ci sono in ballo quasi 30 mila miliardi». Lei teme che di questi 30 mila miliardi voi industriali ne dovrete tirar fuori parecchi? «Io sto a quello che ha detto il ministro Visco: l'una tantum non toccherà le attività produttive. Certo, poi come sempre queste promesse voglio vederle nero su bianco». Intanto Bertinotti fa il suo abituale pressing e Prodi giura che i ceti deboli non saranno toccati. Vedrà che alla fine saranno dolori, per i ceti medi e per le imprese... «Per questo il governo deve venire allo scoperto: non vorrei che, nel clima di incertezza che c'è, si intensificassero le solite pressioni demagogiche». E le voci di stangata sull'auto e i consumi? «Certo una manovra così sbilanciata sulle tasse, in un momento di congiuntura negativa, avrà un effetto depressivo forte sull'economia. Purtroppo per non fare i tagli necessari alla spesa, si continua ad agire sulle entrate e si comprime il reddito delle famiglie. Cioè si fa il contrario di quello che stanno facendo gli altri Paesi...». Ma come? Prodi ha detto a Gian Antonio Stella sul «Corsera» che sulla riforma dello Stato Sociale Germania e Svezia vanno più adagio di noi, «passLn passino»... «Ma via, guardi qui, montagne di ritagli di giornali sulle misure varate da Kohl per riformare il "Welfare"! La verità è che il dibattito in Italia è condizionato da Bertinotti, l'unico ancora convinto che il 90% dei lavoratori viva con un 1 milione 300 mila lue al mese. L'equivoco sta tutto qui: ci si crede di sinistra se si difendono a tutti i costi le pensioni e la sanità, e poi magari si è preferito, salvo poi far marcia indietro, lasciar passare una stangata sulla casa, che è un bene posseduto dall'80% degli italiani». Beh, D'Alema questo lo ha capito. «Infatti, il problema resta solo Bertinotti. Ormai l'esistenza di due sinistre è un dato di fatto. Si tratta di capire a quale delle due il governo vuol dare ascolto». A Capri Veltroni, che per voi è la sinistra «buona», ha fatto un'apertura seria sulla riforma del «Welfare State». «E' vero, è importante che un vicepresidente del Consiglio assuma certi impegni in pubblico». Poi però il giorno dopo ha avuto il vertice con i sindacati e ha fatto una mezza marcia indietro... «Il limite del governo è proprio questo. Ma lo vedremo presto, se l'impegno per l'apertura del tavolo sulla riforma dello Stato Sociale era una cosa seria, o solo una fuga in avanti. Quell'esigenza noi la segnalammo un anno fa, e ci tirarono la croce addosso: ormai invece tutti ne parlano, Fazio, Fmi, Corte dei conti. E anche l'opinione pubblica ce l'ha nel sangue. Perché nessuno vuole ritrovarsi senza pensione, quando lascerà il lavoro». Gira gira per voi riforma del «Welfare» vuol dire solo tagli alle pensioni. «Non è vero, noi il tavolo sul Welfare lo vogliamo aprire su tutto. Per questo insisto e prendo per buono l'impegno enunciato da Ciampi e poi rilanciato da Veltroni: facciamo subito la verifica sulla previdenza. Quella di Dini è stata una "non-riforma". Se ci accorgiamo che il sistema non regge, interveniamo subito, non nel '98». ! E qui, governo a parte, vi risponde picche il sindacato. «Me ne accorgo, se da un lato c'è disponibilità a fare la verifica, non so quanti siano disposti ad accettare la modifica. Ma per me è un fatto di buon senso: il governo con il raddoppio della Finanziaria ha anticipato di un anno i tempi della adesione a Maastricht. Che c'è di scandaloso se anche sulle pensioni si gioca d'anticipo? E poi, le dò due dati. Il primo, basterebbe portare a 57 anni il limite delle pensioni d'anzianità per risparmiare 10 mila miliardi; il secondo, e cito Baldassarre l'intero deficit pubblico del '97 sarà costituito dal disavanzo dell'Inps». Bertinotti dice che voi volete l'inciucio D'Alema-Berlusconi, perché così sarà più facile abbattere lo Stato Sociale. «Bertinotti dice due sciocchezze. Intanto, perché noi lo Stato Sociale non lo voghamo abbattere, ma riformare per evitare che muoia da solo. E poi perché tra riforme istituzionali e Stato Sociale non c'è un nesso diretto, lo non entro nel merito degli strumenti, Costituente o Bicamerale, ma una riforma istituzionale è necessaria in prospettiva per garantire la governabilità del Paese». Quindi? «Quindi oggi l'allargamento della maggioranza, che ci può essere per le riforme, non è detto che debba riprodursi necessariamente per il governo. Prodi quindi può tranquillamente continuare a lavorare. Certo, sarebbe bene che lo facesse con più coraggio e non si limitasse all'ordinaria amministrazione: per fronteggiare le emergenze non servono i ragionieri, ma serve fantasia, serve un premier forte capace di far fare aUe parti sociali grandi salti innovativi, come fece Ciampi con l'accordo di luglio '93, e come non è stato fatto nel recente patto sull'occupazione, importante ma ancora troppo prudente, per esempio sulla flessibilità». Insomma, la nota dolente per voi è sempre la stessa: come dice Berlusconi, Prodi fa i minuetti col sindacato. «Finché restiamo al minuetto si può tollerare. L'importante è che non diventi un tango appassionato. Sarebbe un disastro, per la modernizzazione del Paese». Massimo Giannini «E' ormai chiaro che ci sono due sinistre Il governo sta con D'Alema o Bertinotti?» «Serve subito la verifica sulla previdenza Quella di Dini è stata una non-riforma» gGiorgio Fossa In basso a destra Antonio Fazio t poggi, invece, al termine del dibattito in aula alla Camera sulla Finanziaria e i provvedimenti collegati, che il ministro Ciampi ha risposto alla polemica apertasi nei giorni scorsi dopo i dubbi espressi dalla Banca d'Italia sulle cifre ma- HI «E' ormai chiaro che ci sono due sinistre Il governo sta con D'Alema o Bertinotti?» «Sto con Fazio, prendere i dati sui restro ha un monito pdell'estate feci le mieflazione fui considerfatti mi hanno dato Fossa: rivedere il W Il presidente degli industriali Giorgio Fossa In basso a destra Antonio Fazio