La Borsa boccia il governo Prodi

LA STAMPA Albertini: «La situazione politica pesa sul mercato». Giubergia: «Siamo alle solite» la Borsa boccia il governo Prodi «Non ci sono più certezze, è finita la luna di miele» PIAZZA AFFARI DA' I VOTI MILANO ELUSI? Forse, ma solo quelli che si erano illusi. In realtà, la situazione politica continuerà a pesare sulla Borsa ancora per un bel po'...». Isidoro Albertini, guru riconosciuto del mercato italiano, amico di George Soros e di schiere di investitori internazionali, mastica amaro. Lui, dalle dichiarate simpatie di sinistra, sperava per davvero che l'avvento dell'Ulivo potesse segnare una stagione nuova per il mercato, scandita da privatizzazioni, segnali forti sul fronte della finanza pubblica, patti chiari e di largo respiro tra mondo del lavoro e industria. E invece... «Invece - commenta Alessandro Fugnoli, strategist di Caboto - la luna di miele è finita, senza grandi risultati». E' dalla Caboto, una delle grandi centrali della finanza (proprietà Ambroveneto, seconda solo a Sigeco per volumi d'affari), che passò una buona parte degli acquisti in quel memorabile lunedì 22 aprile, quando una pioggia di acquisti da Londra investì la Borsa, la lira, i titoli di Stato. «Quel giorno - ricorda Fugnoli - il contratto sul Fib-30, il future sull'indice, balzò a 16 mila lire. Almeno mille lire erano di puro credito per il prossimo governo». Un credito ritirato...«Certo. La luna di miele è finita, ma non è solo questo. Privatizzazioni che stentano, una manovra finanziaria di dubbia qualità». Deluso, insomma? «Sì, una certa delusione comincia a serpeggiare, anche se non si può parlare di ostilità. Questo governo non è un handicap, certo, ma non merita più aperture di credito incondizionate». Può esser riassunta così, in sintesi, l'opinione dei mercati sei mesi dopo l'avvento del governo Prodi. Si aspettava coerenza di programma, stabilità «e al contrario replica Renzo Giubergia, uno dei grandi del mondo delle gestioni ogni certezza è saltata, si è come liquefatta. E si è rivisto il quadro di sempre...». Gli operatori italiani, insomma, sono delusi, con moderazione («basta guardare i prezzi in calo - commenta ancora Giubergia - per avere il commento migliore»). E gli stranieri? Lì, per la verità, grandi segnali d'attenzione non se ne vedono... «Nei portafogli internazionali - spiega Renzo Giubergia - l'Italia prima pesava tra l'I,5 e il 2%. Ora è lo stesso. Indietro, a questo punto, è difficile andare. Ma qualche anno fa l'Italia pesava il doppio». Cambierà? Forse, ma Guido Rosa, presidente dell'Albe, l'associazione delle banche straniere che operano in Italia, insorge di fronte ai progetti di salvataggio dell'Ili. «Data l'esperienza di Prodi - commenta - speravo in un intervento rapido... Invece si sente parlare solo di escamotage contabili, nemmeno troppo sofisticati». Eppure l'Eni è andata a ruba. O no? «Sì - ribatte Fugnoli - ma questo è l'ultimo Paese ad aver messe mano alle privatizzazioni. E nes¬ suno sa come si andrà avanti. Spesso si ha la sensazione che nella compagine di maggioranza l'abbiano vinta i conservatori dell'assetto attuale...». «E' un processo infernale - sospira Albertini -; prima occorre delimitare il campo della golden share, poi bisogna definire l'authority. Qui saltan fuori 4 mila emendamenti e i giornali gridano che è saltato tutto. Poi due giorni dopo si scopre che era una bolla di sapone. Sì, credo che sui giornali abbia ragione Prodi. E, con tutto il rispetto per la libertà di stampa, anche D'Alema». Eccolo, è proprio lui, il segretario del pds, il politico più popolare sui circuiti telematici della finanza italiana (e non solo). Nessuno, per la verità, sembra rimpiangere gli scrolloni dell'era Berlusconi («e la controfinanziaria - sottolinea Albertini - è un libro dei sogni e nulla più») o si augura ribaltoni dell'attuale maggioranza. Ma il mercato tifa per Massimo D'Alei ma e la «sua» Bicamerale, definita l'unica speranza per raddrizzar la situazione. «E dar vita così - commentano in Caboto - ad un recupero strutturale del listmo e della nostra economia. Un recupero che, comunque, non potrà avvenire che più avanti, molto più avanti». Già, nessuno si fa illusioni sul futuro prossimo del mercato anche se il calo dei tassi e dell'inflazione fanno ben sperare. «Novembre - conclude Albertini - è per tradizione un mese di flessioni così come a dicembre ci potrà essere un discreto rialzo. Ma per un recupero vero occorrono misure coerenti, credibili». «Il '96 - commenta Fugnoli - è stato l'anno della convergenza dei cambi. Nel '97 toccherà ai tassi, solo nel '98 l'Italia dovrebbe sincronizzarsi con il ciclo economico tedesco». E sarà quello il momento, consigliano gli esperti, per indirizzare i propri risparmi dai mercati obbligazionari (titoli di Stato, soprattutto) alle azioni. E chi si muoverà per primo farà l'affare migliore perché anti¬ ciperà le mosse del grande pubblico. E che fare in attesa delle grandi riforme? E ci credete per davvero? Giubergia sorride con l'aria di chi ne ha viste tante: «I nostri sono comunque tempi incompatibili con le scelte degli operatori. E così, semplicemente perdiamo occasioni. Nei portafogli internazionali ci sono i titoli di 4-5 grandi società italiane, ma il nostro mercato resta fuori dal grande giro del trading». La conferma arriva dalla Caboto: «Attenzione e curiosità da Londra? Siamo vicini allo zero. Si scommette solo sulla prospettiva della moneta unica e tutti sono convinti che finirà così: per adesso restiamo fuori, ma si fissa subito la data del nostro ingresso differito. Così Kohl può dire ai suoi di aver tenuto fuori l'Italia e Prodi potrà parlar di grande vittoria». Un altro compromesso, insomma. Ovvero, l'Italia non cambia mai... Ugo Bellone QUATTRO ANNI DI MANOVRE Finanziaria ,Dati e5Pressi in miliardi di lire) Finanziaria 1994 Finanziaria 1996 Finanziaria 1997 31.0001 5300 148.000 I 21.100 132.550 I 16.100 I 32.400 16.750 Manovra bis 1996 j . j | •-..;.■[ 21.400 □ Tagl i spesa j Maggiori entrate 1H Totale

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