Contro le donne e i neri di Luigi Grassia

La questione morale non scuote la campagna: Clinton resta saldamente davanti a Dole Contro le donne e i neri Un referendum lacera la California NON SOLO CASA BIANCA LOS ANGELES DAL NOSTRO INVIATO Uno schianto di segretaria californiana che forse ha sbagliato lavoro - qualche chilometro più in là potrebbe farsi inquadrare dalle cineprese di Hollywood - offre al visitatore un opuscolo sulla Proposition 209 per eliminare le «affirmative action», e regala un distintivo color blu-repubblicano con scritto «Politicamente Scorretto - e fiero di esserlo!». L'ufficio è la sede centrale a Los Angeles della «Iniziativa per i diritti civili», un nome che non suonerebbe di destra (com'è). E la ragazza non è una pon-pon girl ma un'attivista politica: «Lo sa che gli uffici deU'Immigrazione stanno naturalizzando in fretta e furia decine di migliaia di clandestini? - rivela -. Si infischiano dì precedenti penali e norme burocratiche standard, per creare nuovi elettori democratici il 5 novembre». Possibile. Ma va a sapere se è vero. Non si vive di soli Clinton e Dole, neppure in Usa sotto elezioni. In California sono in ballo anche 15 «iniziative», cioè referendum. La gran parte sono eccitanti solo per i californiani, una invece, la 209, ha un'eco nazionale perché vieterebbe le preferenze per neri, donne e altre minoranze nelle università, nelle assunzioni pubbliche e nei contratti statali. I funzionari di «Civil Rights» la illustrano in uno studio tappezzato da ritratti di Lincoln: «Trent'anni fa in America abbiamo fatto la cosa giusta, approvando leggi contro la discrimazione. Ma poi, i gruppi di interesse hanno dirottato il movimento dei diritti civili creando un sistema di quote. Oggi ci sono studenti, lavoratori o imprenditori a cui le autorità dicono no per la loro razza (bianca) o il loro sesso (maschile). E' ingiusto! Rimedieremo con la 209». In prima linea contro l'Iniziativa è stata in queste settimane la senatrice nera Diane Watson. Peso massimo dei democratici californiani, spiega così la sua strategia anti-209: ((Abbiamo cercato di chiarire alla gente che le "action" non sono solo un regalo ai neri o ai messicani. Ne beneficiano anche le donne bianche e gli handicappati. Per ricordarlo alle bianche, abbiamo trasmesso spot in cui a spiegarlo sono altre donne bianche. Di varie provenienze, da una fernminista come Gloria Stenheim a una repubblicana come Betty Ford». La Watson ha un fisico massiccio, un carattere aggressivo e unghie lunghe 3 centimetri. Ma proviamo a porle una domanda che forse non le piacerà: senatrice, quando si partì con le «affirmative action», la minoranza da proteggere (la nera) era piccola e i motivi per tutelarla erano chiari. Adesso sono «minoranze» anche tutti gli altri gruppi etnici, dai filippini agli iraniani, tutte le donne e gli handicappati. E' il 70% della popolazione. Attribuendo privilegi legali a così tante persone, non si distrugge lo stesso principio di uguaglianza mentre si cerca di promuovere l'uguaglianza di fatto? No, la Watson non concorda neanche su una parola. «Se le minoranze assommano al 70% della società, non pesano però altrettanto, per esempio, nelle università. E questa è una stortura che voglio vedere raddrizzata». La senatrice nera è senz'altro abituata a sentire obiezioni del genere. Ha risposto senza graffiare anzi ha persino sorriso. Ma ammette che la 209, probabilmente, passerà. Senza però quell'effetto di trascinamento elettorale pro-Dole che i «Rep» speravano. Il politologo Mark Petracca spiega così la genesi della Proposition: «E' stata concepita su misura per il governatore repubblicano Pete Wilson. Due anni fa, Wilson progettò la battaglia contro le "affirmative action" per farla coincidere con il voto presidenziale del '96. Nella sua fantasia, si vedeva già candidato repubblicano, lanciato dalla California alla conquista di Washington. E invece, nelle Primarie ha preso lo zero virgola qualcosa. Dole lo ha battuto ma anche a lui la 209 non porterà vantaggi». Luigi Grassia Il governatore Pete Wilson con la moglie

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