«D'Alema, attento al Cavaliere»

«D'Alema, attento al Cavaliere» «D'Alema, attento al Cavaliere» La base pds: sbagli se attacchi i magistrati LA QUERCIA DELLA SVOLTA MILANO ICE: «Mi chiamo Scarano Matteo, ho 73 anni, vengo da Cerignola, il paese di Giuseppe Di Vittorio, e del signor Silvio Berlusconi non me ne frega niente. Lui ha i miliardi, io no, mica ci possiamo mettere insieme...». Inizia male il viaggio nella base del pds della svolta, quella di Massimo D'Alema che apre al Cavaliere «mon amour», come ironizza Marco Pannella e chiude - forse per sempre - con i giudici «troppo interessati al consenso della gente». «Ah, no. I giudici non si toccano. Sbaglia D'Alema quando li attacca, quelli vanno bene perché fanno le cose giuste», si riscatta Matteo, spuma nera in mano sotto la foto ingiallita del partigiano Albata, unica rimembranza del tempo che fu al circolo Arci di via Bellezza, dove i panini si chiamano Tex, Corto Maltese, Uomo Ragno e anche se una volta tutti erano compagni bisogna lasciare 5000 lire per avere il mazzo di carte. Sulla facciata del palazzone a due piani fine '800 dove ha sede il circolo c'era la scritta: «Società di mutuo soccorso». Non si legge più, tanto è sbiadita. Splende l'insegna al neon, quella che spiega che lì dentro c'è il «Circolo emiliano romagnolo, ballo liscio e danze popolari». L'unico manifesto affisso in sala, ben visibile dai tavoli di formica, ricorda che ogni tanto qui si esibisce l'orchesta di «Sileno e i Nuovi Sands». «Ma se vogliamo veramente entrare in Europa bisogna fare le riforme. Demonizzare Berlusconi non serve, altrimenti si rischia di mandare il Paese a picco», fa eco Franco Ferri, tessera pei da sempre, poi pds. E dalla sezione Arci Corvetto, 40 mila metri quadri strappati alla Tlm, Trafilerie laminerie metalliche, arriva un'altra musica. «Ha ragione D'Alema, che se no non si spiega come mai a febbraio voleva fare l'inciucio», ripete Ferri, diventato contorsionista della politica dopo aver digerito la svolta della Bolognina e adesso queste nuove aperture del segretario del pds che - in quanto tale - lui non discute. Polastro Pietro, ex partigiano della llla Brigata - si presenta così -, sceglie la via di mezzo: «D'Alema non sbaglia. Ma deve stare attento a Berlusconi che è entrato in politica solo per salvaguardare i suoi interessi». Come un altro pidiessino, Romano Allegri, berretta e gran parlatore: «Berlusconi è un avversario politico, ma le riforme non si fanno a livello di maggioranza. Credo a quello che dice D'Ale** ma». Le loro professioni di fede al partito resistono a qualsiasi contraddizione. Alche a quella sportiva. E allora il Milan? Non è di Berlusconi pure quello? Caustica la risposta di Aramis, come si faceva chiamare quando era partigiano: «Ma io tengo al Milan prima che arrivasse Berlusconi...». «E io all'Inter, anche se lì ci sono i fascisti», ribatte un altro, doppia fede nella quercia e nel biscione, stesso tavolo come ogni sabato pomeriggio. Per la scopa o il belot e rebelot, gioco di carte di grande abilità. E per i balli, quando c'è la stagione bella e questo pezzo di pergolato sulle macerie di una ex trafileria diventa una balera di primordi ne. «Ma sarà vero che ci sono anche i giudici corrotti come dice la tv?», chiede uno. «Sì, ma non sono mica quelli di Mani pulite, che devono essere sostenuti», lo bacchetta Ferri, che oltre alla tv legge pure i giorn come tiene a far sapere il per ato. «Fa bene, fa bene Massimo D'Alema, perché in politica bisogna cambiare; sono solo le montagne a star ferme...», filosofeggia Ferri davanti alle mezze minerali, i biancruni e le branche- mente. Se sulle aperture a Silvio Berlusconi si va dal tiepido al contrario è sui giudici, specialmente quelh di Milano al gran lavoro da quasi 5 anni, che i consensi sono alle stelle. Malgrado quello che dicono D'Alema, Violante, Cesare Salvi e - spifferano tutti da queste parti - quelh che col tempo hanno cambiato idea. E malgrado Tangentopoli non abbia risparmiato nemmeno il partito. L'anima giustizialista della base pidiessina esce allo scoperto fino agli eccessi di Matteo Scarano,'spumino in mano e parole di fuoco: <(Altro che carcere. Tutti quei tangentisti lì dovrebbero metterli in una bella buca profonda. Noi si mette la benzi- na...». «Però tutti quei giudici hanno troppo potere. Ne ha approfittato anche Di Pietro che ha trovato il momento giusto», contraddice Giovanni Stradiotti, passato dal vecchio pei al nuovo macon ampissime simpatie anche per Rifondazione comunista. Cane al guinzaglio, frizzantinò in mano, comunque benedice la pulizia fatta dai magistrati che di tangenti e tangentisti hanno fatto strage. Poi confessa anche i peccati di famiglia: «Mio padre era un vecchio socialista. Quando ho scoperto che non pagava le tasse gli ho detto: "Ma cosa fai, sei come tutti gli altri?". E allora si è messo in regola». Legalità e giustizia sono per loro valori mangiati col pane, da una vita. Fulizia, è la parola d'ordine. E troppe critiche ai magistrati - specialmente se vengono da sinistra - non sono gradite. «Non possiamo calare le braghe», esordisce Sandro Cavigliano, ex guidatore di tram, iscritto da una vita alla cellula Atm del partito alla sezione Esposti. Poi ragiona così: «Dopo quello che abbiamo visto, i magistrati devono essere aiutati, devono poter lavorare serenamente. Tutti questi attacchi mi sa che nascondono qualcosa. Forse adesso danno troppo fastidio». E' filosofia spicciola, ma alle grandi strategie, agli accordi e alle bicamerali, viene preferita la politica che passa attraverso la vita di tutti i giorni. L'autista dell'Atm sposta il problema: «A me va bene anche la finanziaria così come l'ha fatta Prodi. E mi va doppiamente bene perché vedo che i commercianti protestano, che si lamentano perché sono toccati nella '.accoccia. Ma quando erano gli operai a muoversi, loro non facevano nulla». Stesso pensiero, stessa lunghezza d'onda anche all'altro circolo Arci, quello di via Bellezza. Dove Francesco Capobianca, invalido civile, è pronto a tutto: «Se dà lavoro ai disoccupati, va bene anche Umberto Bossi». Fabio Potetti «Non possiamo calare le braghe: quello è entrato in politica per i suoi interessi» ài «Ma dementare Berlusconi non serve Per fare le riforme non bastano i voti della maggioranza» A sinistra Luciano Violante sopra il segretario della Lega Bossi

Luoghi citati: Cerignola, Europa, Milano