Di Pietro e Paraggio super testimoni di Giovanni Bianconi
Pi Pietro e Pareggio super testimoni Tra le carte sulla cooperazione spunta anche il nome di un maresciallo morto a febbraio Pi Pietro e Pareggio super testimoni La procura di Roma vuol sapere dov'èfinito il dossier su Pacini ROMA. Una lettera e una «memoria», con le rispettive versioni dei fatti, non sono bastate a risolvere il «giallo», e alla fine il procuratore reggente di Roma, Giuseppe Volpali, avrebbe deciso di convocarli tutti e due nel suo ufficio. Antonio Di Pietro e Vittorio Paraggio saranno interrogati come testimoni nell'ambito dell'inchiesta aperta sul «mistero delle carte scomparse», un intreccio grazie al quale il finanziere Pierfrancesco Pacini Battaglia è uscito senza conseguenze dalle indagini sugli scandali della cooperazione internazionale. I due testimoni «eccellenti» dovrebbero chiarire fatti che, nonostante il ritrovamento a Milano del fax inviato da Paraggio a Di Pietro l'8 lulgio 1993, non hanno ancora una spiegazione logica e coerente. In primo luogo perché i due ex pm di Milano e di Roma (nel frattempo Di Pietro è diventato ministro dei Lavori Pubblici, e Paraggio procuratore di Voghera) danno versioni differenti e contrastanti. Paraggio, K infatti, sostiene di aver inviato a Milano l'inchiesta su Pacini Battaglia, mentre Di Pietro dice di non averla mai chiesta né ricevuta. Da un lato c'è l'annotazione sul registro degli indagati, fatta mettere da Paraggio il 22 luglio '93, da cui risulta che l'indagine su Pacini era stata trasmessa a Milano, con conseguente interruzione dell'inchiesta romana. Dall'altro, l'assenza di un fascicolo intestato al finanziere italo-svizzero negli uffici di Mani Pulite e la precisazione di Di Pietro al suo ex capo Borrelli, che l'ha «girata» a Roma: «Mai si è stabilito di spostare la posizione di Pacini da Roma a Milano... Mai è stato trasmesso da Roma, almeno a me, un fascicolo processuale riguardante la posizione di Pacini, né il pm Paraggio o il maggiore D'Agostino (il carabiniere che collaborava sia con lui che con Paraggio, ndr) me ne hanno mai parlato». Due posizioni, come si vede, opposte, in mezzo alle quali c'è un groviglio di atti che non chiarisco no, ma anzi infittiscono il mistero. Perché effettivamente l'8 luglio di tre armi fa, appena terminato di interrogare Pacini Battaglia, Paraggio inviò copia del verbale a Milano, via fax, con questa annotazine: «Trasmetto copia dell'interrogatorio reso da Pacini, per competenza...». Quelle due parole, «per competenza», fanno pensare che per il pm romano la trasmissione del processo era data per scontata; ma un invio ufficiale di carte - con lo stralcio della posizione di Pacini, gli altri verbali dove si parlava del finanziere e della sua banca Karfinco, la registrazione dei fascicoli in uscita e in entrata e via di seguito non risulta da nessuna parte. E Di Pietro scrive anche: «Non mi risulta, per quanto è il mio ricordo, che ci siano state trasmesse nemmeno le copie di interrogatori o altri atti riguardanti Pacini dall'autorità giudiziaria di Roma». Non si capisce neanche se a Milano sia mai arrivato il verbale di un altro interrogatorio fatto da Paraggio a Pacini il 29 luglio del '93, cioè una settimana dopo la cancellazione dal registro-indagati di Roma, in cui il finanziere risultava «indagato in procedimento connesso», e dove si legge che Pacini ha consegnato una memoria sulla cooperazione. Su tutto questo intreccio, la procura romana ha inviato alla Spezia (dove si indaga sulle presunte «coperture giudiziarie» di Pacini) una relazione dove si parla pure del maresciallo dei carabinieri Aniello Petrosino, che lavorava con Paraggio e che è morto nel febbraio scorso in un incidente stradale. E ha chiesto a sua volta ai magistrati spezzini copia di altri atti. Giovanni Bianconi Il ministro Antonio Di Pietro
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