«Bettino vuole tornare» I fedelissimi a Hammamet di Augusto Minzolini

«Bettino vuole tornare» I fedelissimi a Hammamet «Bettino vuole tornare» I fedelissimi a Hammamet UN CHARTER PER TUNISI ROMA OMANI mattina, 2 novembre, giorno dei morti, alle ore 10 e 30, saliranno in cinquanta su un charter per Tunisi. Ci saranno sicuramente l'ex-vicesegretario socialista Giulio Di Donato, l'ex-boss del psi romano Paris Dell'Unto, l'ex-deputato Geppino Dimitry, quello che aveva una stanza fissa all'Hotel Raphael. Ed ancora Margherita Boniver, Luca Josi e Biagio Marzo. Non si farà vedere, invece, Ugo Intini ma l'exportavoce del garofano appena tre giorni fa ha fatto una gita ad Hammamet. In un albergo di Tunisi parteciperanno ad una riunione del psi, il partito che ha spadroneggiato negli Anni 80 e che nell'immaginario collettivo di Tangentopoli ha interpretato la creatura del «male». Questa riunione in terra straniera degli «esuli» socialisti non sarà però come quelle di questi mesi, un surrogato del passato magari reso più genuino dalle facce di Claudio Martelli, di Ugo Intini o di Gianni De Michelis. No, in quest'assemblea si celebrerà l'evento o, meglio, l'assurdo: il ritorno del Cinghialone in carne ed ossa. Bettino Craxi, infatti, si materializzerà tra i reduci con tanto di piedone ferito. Forse fino a qualche mese fa nessuno si sarebbe immaginato un «ritomo» dell'ex-segretario socialista alla politica, eppure lui ha in testa proprio questo. Non certo nel ruolo che fu, ma più semplicemente come grande vecchio di quella federazione dei socialisti che stanno mettendo su Intini e gli altri. E questo è solo il primo passo. Poi, dopo la sentenza della Cassazione del prossimo 11 novembre, il vecchio Bokassa, per ricordare uno dei tanti nomi che gli sono stati affibbiati in passato, medita davvero lo sbarco in Italia anche perché dopo la perizia che è stata depositata al Tribunale di Milano rischia solo gli arresti domiciliari. «Tornerò presto», è il leitmotif che ha ripetuto ai tanti che ha contattato in questi giorni per organizzare la riunione. E molti ci hanno creduto. «Secondo me Bettino - racconta Dell'Unto, che è un po' l'organizzatore italiano della "rentrée" - ha intenzione di prendere la via di casa. Lo capisco, se vuole vivere un po' di più non può rimanere in quel cesso che è Hammamet. Eppoi non credo che Craxi possa fare politica da Tunisi. E lui la vuol proprio fare. Non manda più i fax al sangue come un tempo. E' più politico, è più attento: su D'Alema, ad esempio, non spara più. Io sono contento. Molti compagni, a cominciare da Intini, avrebbero voluto che Craxi non mettesse il cappello sulla nuova federazione. Io, invece, non la penso così, credo che per aprire un vero discorso su questi anni ci sia bisogno di uno schiaffo». E che schiaffo. Anche molti dei reduci del psi sono stati presi in contropiede dalla decisione del Cinghialone di organizzare il raduno di Tunisi. Enrico Manca e Fabrizio Cicchitto hanno declinato l'invito. Gianni De Michelis ha fatto sapere che ci sarebbe anche andato se non fosse alle prese con tanti processi. «Se vengo - è stata la risposta quando rimetto piede in Italia finisco in galera». Claudio Martelli non è stato neppure chiamato, dato che ha in mente tutt'altra operazione politica. Intini, invece, è rimasto perplesso: ha tentato di convincere i più decisi fautori della «rentrée» che non era il caso. «Ugo ci ha detto - racconta Dell'Unto - che il 90% del Paese non ne vuole sapere di Craxi, ma io gli ho ri¬ sposto che noi dobbiamo puntare all'altro 10%». Eh sì, sembrerà paradossale ma in questa «amarcord» tutta italiana si ragiona in termini politici, come se l'operazione fosse possibile e non solo un modo per ricordare il passato. Ad esempio, Craxi si è già calato nel nuovo ruolo di capo «della resistenza contro la falsa rivoluzione», rappresentata nella sua testa dalle inchieste su Tangentopoli, dai giudici, dal pool di Milano, da Antonio Di Pietro. Le sue telefonate sono una sorta di chiamata alle armi. Tant'è che Intini per risparmiarsi il viaggio in charter di domani non ha potuto sottrarsi alla gita solitaria ad Hammamet. Era un atto dovuto per uno che ambi¬ sce al ruolo di «coordinatore» della federazione dei socialisti. Sembrerà strano, ma in questo mondo, diciamolo pure, di derelitti, di perseguitati che dopo averne fatte tante ne stanno passando tante, Craxi conta ancora. Anzi, continua ad essere il simbolo. Quelli di Tunisi sono gli irriducibili del craxismo, gente che passerà il resto della propria vita a reclamare una rilettura degli anni di Tangentopoli, una riabilitazione impossibile dato che la storia la scrivono solo i vincitori. Del resto che altro potrebbe fare chi è stato marchiato così dalla vita? Gente come Dell'Unto, Marzo che ha passato anni pensando di essere invincibile, di avere le chiavi del mondo in mano, e che ne ha trascorsi altrettanti, gli ultimi, con la paura che da un momento all'altro un carabiniere suonasse alla porta di casa, non può far altro che sognare una riscossa riprendendo a fare - o immaginando di fare - quello che ha fatto per una vita, cioè politica. Una politica diversa, però, da quella del passato, quella delle grandi ambizioni, dei soldi, delle clientele, delle assemblee, per usare un'espressione rimasta famosa, di «nani e ballerine». Se una volta essere seguaci del garofano era un passaporto per fare carriera, adesso è l'esatto contrario, una mezza pazzia. «Io - confida Dell'Unto - a Tunisi ci vado, tanto il massimo che rischio è la galera. E lì che mi possono fare? Mettermelo in quel posto. E chi se ne importa, almeno reagisco. Prima di buttarmi in questa avventura, ho già parlato con la mia famiglia sui rischi che corro. Ma loro sono d'accordo». Così malgrado le tangenti, la corruzione, il costume del passato in questo raduno dei «morti viventi» del 2 novembre a Tunisi c'è anche un non so che di eroico, di drammatico. Del resto, proprio lui, il Bettino Craxi «ferito ad una gamba» come l'amato Garibaldi, lo aveva promesso prima di lasciare l'Italia: «Continuerò a parlare, a gridare anche nella tomba, magari facendo i buchi nella bara». Augusto Minzolini De Michelis: non vado per non finire in galera Dell'Unto: è d'accordo anche la mia famiglia A sinistra Bettino Craxi nel suo studio ad Hammamet