Barche e azioni, il 740 del Palazzo

Agnelli il parlamentare più ricco, ma Tremonti «guadagna» più di Berlusconi Agnelli il parlamentare più ricco, ma Tremonti «guadagna» più di Berlusconi Barche e «ioni, il 740 del Palazzo Bossi ha una percentuale sui gadget venduti ROMA. Più delle cifre, parlano le firme. Quelle in calce alle dichiarazioni. La «B» panciuta di Berlusconi che si ispira alla «N» di Napoleone. La scrittura rotonda e uniforme del leader coi baffi, che sulle camicie si fa cucire M. d'A. come un nobile, ma nel 740 firma «Dalema» tutto attaccato. L'autografo microscopico e sfuggente di Veltroni. E quello illeggibile di Violante, genere «onda su onda»: un unico tratto di penna sussultorio che ricorda il mare in tempesta disegnato da un bambino. Come ogni anno, lo spogliarello finanziario dei parlamentari ci dice più cose sui caratteri che sui portafogli. Il rito della trasparenza apparente ha perso credibilità fin dai tempi di Tangentopoli, quando nei «740» presentati da certi politici non vi era traccia di quel che poi trovò Di Pietro. Anche ieri quattro deputati di An si sono lamentati per le modalità dello striptease: limitato al quadro N, riepilogativo, dove si denuncia il reddito dell'onorevole ma non il modo in cui lo ha prodotto: stipendi, consulenze, eredità, totocalcio? Se il rendiconto finanziario sfuma nelle nebbie, dalle pagine zeppe di numeri emerge invece con chiarezza l'identikit culturale del nuovo potere. Le mille anime dell'Ulivo dilagano sui «740» meglio che in un talk- show. Il rispetto delle tradizioni e la modesta propensione ai consumi dei cattolici popolari rivivono nelle scelte automobilistiche di Elia, Mancino e Binai: tutti e tre possiedono una 500, anche se Rosy, la più giovane, ogni tanto pecca con una Bmw. La dichiarazione di Veltroni contiene tracce consistenti di buonismo: Giovanni, Emilio, Silvana, Maurizio e Pippo, («cinque amici, cinque come noi, cinque come voi», li definirebbe lui) raccontano di avergli prestato gratuitamente la loro opera in campagna elettorale e per dare un peso alla generosità, la quantificano: Silvana ha organizzato la manifestazione «Il pastarellaro», valore un milione. Pippo ha regalato 136.500 lire di volantini. Bravi. E buoni. A volte abili e trasversali come democristiani: come Franco Bassanini, ministro del pds, che possiede azioni adatte a ogni esigenza: «Espresso», «Repubblica», «Berlusconi Editore» e anche «Radio Popolare» per i momenti estremi. La sinistra chic sventola le due case a Capalbio di La Malfa, quella veltroniana sogna con il «740» americano di Furio Colombo, testo in inglese e imponibile in dollari: 588.000.1 borghesi dell'Ulivo sospirano sullo strapotere dei figli insieme a Tonino Maccanico, che gira in utilitaria mentre sul macchinone station-wagon c'è il figlio Nicola, 24 anni. I catto-romantici continuano a sognare la favola a due ruote di Romano Prodi, la cui marcia su Roma è stata finanziata per 490 mila lire dalla lega del cicloturismo bolognese. In compenso non c'è traccia delle presunte superconsulenze e neppure di barche o case di Massimo D'Alema, vittima di inopinati sorpassi acquatici da parte dell'insospettabile mafiologo Pino Arlacchi (barca a vela) e dell'insospettabilissimo senatore a vita Francesco De Martino, che dichiara il possesso - anche se forse non l'uso - di un motoscafo diesel. Il «740» dei padani raccoglie le scorie dell'unica secessione avvenuta finora: quella fra Bossi e Irene Pivetti, che denuncia con orgoglio la cifra del suo reddito devoluta alla Lega: zero. Umberto si consola con le buone azioni: il 28% dell'agenzia pubblicitaria Publhiord e l'l% della Pontidafin gadget: ogni cento stemrnini venduti, novantanove vanno alla Causa e uno a lui. Rimane il Polo, con i segni della decadenza solo apparente di Berlusconi: il suo reddito in un anno si è dimezzato (da 4 a 2 miliardi), ma i villoni restano otto, i barconi quattro e le aziendone, soprattutto, sono tornate in attivo. Possiede solo 7 azioni del Milan contro le 10.000 juventine di Agnelli, che persevera nella sua collezione delle introvabili Panda 4x4. Con dodici miliardi il più ricco è lui, non Berlusconi, che ha smesso di esserlo anche nel Polo: surclassato dai 4,7 miliardi del fiscalista Tremonti. Casini va matto per le azioni: Gemina, Stet, banche, ma non Mediaset, chissà perché. Dell'Utri vivacchia (1 miliardo e 200 milioni), ma ha la moglie a carico (appena 3 milioni) e perciò non ha speso una lira per la campagna elettorale. Peggio di lui stanno solo gli intellettuali. Se a sinistra villeggiano a Capalbio, a destra Lucio Colletti dichiara con un velo di mestizia di possedere solo una Fiat Tipo. Usata. Massimo Gramellini ROMA. Il più ricco del Palazzo è Giovanni Agnelli, con i suoi 12 miliardi abbondanti, e la cosa di per sé non è sorprendente. La novità, stando alle cifre dichiarate nel 740 per il 1995, è nell'identità del secondo in «classifica»: l'ex ministro delle Finanze Giulio Tremonti. Commercialista e docente universitario, Tremonti ha dichiarato 4 miliardi e 733 milioni: quasi il doppio di quanto ha denunciato al fisco il suo leader politico Silvio Berlusconi, relegato in terza posizione con 2 miliardi e 765 milioni. Il presidente del Consiglio Romano Prodi ha di¬ chiarato un reddito imponibile di 251 milioni 364 mila lire. Il più ricco del governo, con 646 milioni, è Lamberto Dini. Il più povero, con appena 57 milioni, è il ministro dei Trasporti Claudio Burlando. Oltre a Dini, anche Maccanico, Treu, Pinto, Fantozzi e Veltroni guadagnano più del premier. Berlusconi è anche il più ricco dei leader di partito. In fondo alla classifica, c'è il segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti con un imponibile di 168 milioni 228 mila lire. Massimo D'Alema ha dichiarato 208 milioni, tre in più del leader leghista Umberto Bossi. [r. i.] Il segretario di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti

Luoghi citati: Capalbio, Roma