Lavier al Castello di Rivoli tra dada pop minimalismo

CONTORTE TELE METALLICHE CONTORTE TELE METALLICHE Lavier al Castello di Rivoli tra dada, pop, minimalismo Infatti nel bel mezzo della sala successiva campeggia un tipico lavoro neodadaista, una spider Alfa Romeo, una «Giulietta» rosso fuoco, tutta ammaccata, con i vetri rotti, le portiere e il tetto sfondato da un disastroso incidente. Un «pezzo» sconcertante per chi non s'interessa d'arte contemporanea; un po' déjà vu invece per chi già conosce i lavori dello statunitense John Chamberlain, che fa sculture con lamiere di vecchie auto, o del francese Cesar, il Nuovo Realista che mette in mostra carcasse d'automobile schiacciate dalla pressa del demolitore, o di Andy Warhol, il padre della Pop art che riproduce più volte in colorate serigrafie la fotografia di un incidente auto- Qui sopra «Giulietta» opera del '93 di Bertrand Lavier Sotto «Dormire a ì enezia» di Max Pellegrini mobilistico. Da questi artisti, però, Lavier si distingue per una più forte drammaticità. La sua non è una fredda, distaccata messa in scena del consumismo contemporaneo, non è il riuso ideologico di merci un tempo costose scartate da una società opulenta, capitalistica, e poi riciclate, fatte rinascere come pezzi da museo. L'Alfa Romeo era «un'opera che mi aspettava in una delle tante discariche di rifiuti del mondo. Era Giulietta, cioè l'emozione pura», afferma con passione Lavier. Anche la portiera di una Ferrari 328 GTB può diventare la «tela» su cui stendere denso, spatolato con irruenza, un vivido colore acrilico, rosso Ferrari. Con la stessa foga ricopre di colore una cassettiera di metallo, un frigorifero, un pianoforte a coda, lasciando in evidenza le tracce della pennellata. E' un modo di ribadire l'intervento dell'artista in questi Ready Made postmoderni, ovvero la metamorfosi di oggetti comuni in opere d'arte, ben sapendo che fin dal 1917 un certo Marcel Duchamp aveva messo un pisciatoio su un piedistallo, intitolandolo «Fontana». Da allora molto tempo è passato, e Lavier ne è consapevole, ma tenta comunque una rivisitazione a volte post-pop, altre volte minimalista (ma sempre in chiave concettuale) del Dadaismo, il movimento artistico che è madre, o matrigna, di quasi tutte le neo-avanguardie contemporanee. [g. e] Bertrand Lavier Museo d'arte contemporanea del Castello di Rivoli Orari: da martedì a venerdì 10-17; sabato e domenica 10-19; 1 e e 3e giovedì del mese 10-22. Fino al 12 gennaio GALLERIA CARLENA: I SOGNI DI MAX PELLEGRINI Non conosco un pittore che sia altrettanto entusiasta dell'arte di dipingere quanto lo è Max Pellegrini, torinese cinquantenne e ormai maestro noto in tutta Italia e fuori d'Italia (tra i suoi mercanti c'è l'intraprendente Daverio di Milano, che ha sede anche a New York). Credo non esponesse più a Torino dalla personale alle «Immagini» di qualche anno fa: ora lo andremo a festeggiare nella bella galleria Carlina, dove hanno cercato di mettere il maggior numero di quelle grandi tele che Pellegrini ha sempre amato. Ce ne sono state otto, più molti studi piccoli che ne riprendono i particolari. v Max Pellegrini, che da tanti anni è mio amico, e che stimo uomo buono, colto e gentile, ha questa inesauribile passione per il dipingere e da decenni non ha lesinato fatiche per Monna Pittura. Ispirato ai maestri del passato, specialmente ai grandi veneziani, da Carpaccio a Bellini, da Giorgione a Tiziano, ha affrontato su grandissime tele il compito di descrivere il mondo: la sua pittura è un romanzo autobiografico. Una autobiografia tutta interiore e fantastica: la sua vita e la sua famiglia, cui è legato da profondo affetto, ritornano sotto forma di sogni in composizioni complesse, dal disegno nitido (quasi fumettistico) e dai colori smaglianti (vedi illustrazione). Per quanto, a un primo esame, questi dipinti possano sembrare sereni e trionfali, ad una analisi più dettagliata rivelano particolari sconceitanti, situazioni incongrue, accostamenti impensati. Si potrebbe allora definire Pellegrini un surrealista, o meglio «un realista del sogno». Non sono mai sogni tranquilli: nell'aria tersa e rarefatta, come a una bassissima temperatura, le figure spesso giacciono inerti e abbandonate, lontane dalla vita, in attesa di un sottile suono di flauto che le risvegli. Come scrissi già parecchi anni fa, sembra di stare in una cripta. I personaggi sono «non morti»? Qualcuno più addentro di me nell'analisi freudiana potrebbe dilungarsi nel commentare. Io mi limito a dire che Pellegrini è uno degli ultimi pittori che, come il Guttuso dei grandi quadri, abbiano voglia di affrontare il mondo nel suo complesso e ritrarlo nella sua bellezza-bruttezza e ambiguità. Le sue mostre sono sempre un grande spettacolo e un grande enigma e meritano una visita. Beppi Zancan Max Pellegrini Galleria Carlina, piazza Carlina 17 Orario 10,30-12,30 e 16-19,30; chiuso lunedì e festivi. Dal 25 ottobre (inaugurazione ore 18,30) al 23 nov.

Luoghi citati: Italia, Milano, New York, Rivoli, Torino