«Come scoprii quel radiosegnale cosmico»

«Come scoprii quel radiosegnale cosmico» «Come scoprii quel radiosegnale cosmico» A. Penzias, premio Nobel: scopri la radiazione fossile del Big Bang Sotto: l'evoluzione dell'universo dalle origini ad oggi DA alcuni anni si svolge a Milano il convegno «Dieci Nobel per il futuro»: tre giorni durante i quali si confrontano dieci tra i vincitori del premio più prestigioso. Quest'anno la manifestazione è divisa in più appuntamenti, il secondo dei quali ha visto fra i protagonisti Arno Penzias: occasione preziosa per raccogliere una testimonianza in prima persona sulla scoperta della radiazione fossile del Big Bang a 3 gradi Kelvin. Nato a Monaco di Baviera nel 1933, laureato in fisica alla Columbia University, nel 1961 Penzias entra ai Bell Laboratories (di proprietà dell'American Telephone and Telegraph, la AT&T), per fare ricerca nel campo delle telecomunicazioni radio con esperimenti pionieristici sui satelliti Echo e Telstar. Appena assunto gli viene affidato l'incarico di rilevare le onde radio provenienti dalla Via Lattea. A sua disposizione è un'antenna a cono per comunicazioni satellitari. Penzias progetta la strumentazione necessaria per trasformare l'antenna in un radiotelescopio eccezionalmente sensibile. Il lavoro è lungo e diffìcile e nel 1963 arriva a dargli una mano un altro laureato in fisica: Robert Wilson. I due prendono in considerazione una lunghezza d'onda molto corta per questo tipo di esperimenti: 7 centimetri. Il 20 maggio 1964, durante le prove generali di taratura, le lancette degli strumenti rilevano un segnale inatteso. Nei mesi successivi i due fisici analizzano, per poi scartarle, tutte le possibili fonti di disturbo, dalle emittenti di New York alle bombe atomiche fatte esplodere dal Pentagono nell'atmosfera: quel segnale non poteva essere spiegato con nessuna sorgente di onde radio conosciuta. Doveva provenire dall'esterno della Via Lattea. Penzias e Wilson non conoscono i lavori teorici di quegli anni. Solo Wilson si era specializzato in radioastronomia e aveva seguito alcuni corsi di cosmologia con Fred Hoyle (uno dei teorici, con Hermann Bondi e Thomas Gold, del modello cosmologico dell'universo stazionario). Un amico fa avere a Penzias un preprint di un articolo di Peebles per l'«Astrophysical Journal» (mai pubblicato): è così che viene a conoscenza della possibilità di controllare sperimentalmente il Big Bang. In un secondo tempo i due ricercatori si mettono in contatto con alcuni studiosi riuniti a Princeton per un congresso sulle tracce «fossili» dell'origine dell'universo, raccontando loro di quei 3 kelvin che l'antenna rivela ancor prima di essere puntata verso una qualsiasi fonte di onde radiostellari. Il resto è storia: quel segnale inatteso è «l'ultimo bagliore rimasto della nascita incandescente dell'universo». Penzias, diversamente da Wilson (che pochi anni dopo lascia i Bell Laboratories per fare il radioastronomo alla Smithsonian di Harvard) non è mai diventato un cosmologo, ma ha continuato a lavorare in questo ambito. Per primo, con un suo gruppo, è riuscito a «vedere» lo spettro di rotazione delle molecole più semplici. Ha identificato alcune nuove sostanze chimi-, che, ed è poi passato allo studio degli isotopi (in particolare il deuterio) e del loro miscelarsi. In questo modo ha posto le basi per la comprensione dell'origine degli elementi nel sistema solare e nella galassia. Negli Anni 70, fino ai primi Anni 80, Penzias ha continuato i suoi studi sulle molecole interstellari. «Quando si fa una scoperta come la mia all'inizio della carriera - ci dice - vi si rimane legati per sempre, e si continua a fare lo stesso tipo di esperimenti. Io non volevo fare la stessa cosa per tutta la vita». Dopo il premio Nobel, nel 1978, Penzias fa una rapida carriera e diventa responsabile del settore ricerca della Divisione scienze della comunicazione, laser, fibre ottiche, radio, computer, Internet. Ma l'AT&T viene smembrata, e negli Anni 80 Penzias, diventato vicepresidente, fa di tutto per proteggere il livello qualitativo della ricerca a fronte di un drastico taglio degli investimenti. La cosa diventa impossibile alla fine del decennio, e i Bell Laboratories rinascono come Lucent Technologies. Penzias svolge varie funzioni direttive nell'AT&T Bell Labs Research, un'organizzazione che, sotto la sua guida, ha saputo trasformarsi e adattarsi ai bisogni del mercato globale, conservando al contempo la sua reputazione di eccellenza scientifica. Con gli anni Penzias ha raccolto un'impressionante collezione di lauree honoris causa e di premi per i suoi contributi alla scienza, alla gestione della ricerca e dello sviluppo della società. E' moltre uno dei vice presidenti del Committee of Concerned Scientists, un organismo internazionale che opera in vari Paesi a favore della libertà politica degli scienziati. Lo scorso anno decide che si è occupato abbastanza di «politica della ricerca» e si mette in gioco un'altra volta. Lascia un'organizzazione con un budget di centinaia di milioni di dollari e con migliaia di scienziati di personale e torna a lavorare da solo, alla Silicon Valley, vicino a San Francisco. Lì collabora con varie industrie delì'hardware e del software. Tornando all'astronomia, sua grande passione, Penzias sfiora alcuni temi d'attualità «la cosiddetta "materia mancante" in realtà non è "mancante", ma "assente"». Il termine «mancante» presuppone che gli scienziati non abbiano ancora scoperto qualcosa che sicuramente esiste. Ma le cose non stanno così: le misurazioni fatte indicano che l'universo è aperto, ma sono ancora molti a preferire un universo chiuso - e a questo proposito la determinazione della costante di Hubble non risulterebbe decisiva. I fisici insistono però col dire che è chiuso: «E' davvero uno scontro fra due culture diverse: INFLAZIONE D VERSO DERNO 10"à2 SECONDI i fisici partono con un modello, mentre gli astronomi possono solo fare delle osservazioni. Non fanno (e non possono fare), al contrario dei primi, esperimenti come gli altri scienziati. E in questo si differenziano da loro. Ma c'è anche un altro aspetto importante: gli astronomi non si curano dei risultati delle loro osservazioni». Certo, il Big Bang ha incontrato delle difficoltà. E il modello rivale, quello dello stato stazionario, che proprio la scoperta di Penzias e di Wilson sem¬ brava aver definitivamente messo da parte, negli ultimi anni è tornato di attualità. Ma il problema, secondo Penzias, è valutare l'entità del rallentamento. «Non dovremmo scartare la possibilità che le galassie non abbiano rallentato, anche se questo comporterebbe un universo piatto, senza curvatura». Anche suU'in/tazione Penzias ha qualche dubbio: «Si tratta di un concetto ingegnoso, ma aggira il problema». Un'ipotesi ausiliaria, insomma, con gravi diffi¬ coltà: «Per non parlare dei problemi legati alle conseguenti turbolenze per la creazione delle galassie». Il problema è sempre lo stesso: la forza dei pregiudizi nella mente degli scienziati: «Alcuni hanno una vera e propria fede in certe cose, credono che per forza la teoria generale della relatività debba valere, e che tutto debba essere compatibile con essa. E tutto questo solo perché Einstein è stato forse il più grande scienziato del secolo. Ma che cosa significa? Anche I DI ANNI Einstein potrebbe essersi sbagliato - e del resto spesso gli scienziati commettono errori». Dovremmo insomma guardare alla relatività per quello che è: un'ipotesi, bellissima, ma soltanto un'ipotesi. «Tutto quello che posso dire è che c'è una fondamentale unità della natura, e il nostro senso estetico ha l'incredibile capacità di guidarci a ottimi risultati. Ma per questi discorsi i filosofi sono meglio equipaggiati dei fisici». Stefano Gattei

Luoghi citati: Milano, Monaco Di Baviera, New York, San Francisco