Biografo implacabile con tante antipatie

IL CONSIGLIO IL CONSIGLIO di Paola Decina Lombardi MESSER Guiglielmo di Rossiglione dà da mangiare alla moglie sua il cuore di messer Guiglielmo Guardastagno ucciso da lui e amato da lei; il che ella sappiendo, poi si gitta da ima alta finestra in terra e muore, e col suo amante è seppellita». Così sintetizzava Boccaccio l'argomento della trentanovesima novella del Decameron riprendendo uno dei temi più cruenti e intriganti della tradizione erotica occidentale. Ma s'ispirava a una storia vera? E l'amante sacrificato era il trovatore Guillem de Cabestany o u Castellano di Coucy, poeta anche lui? In fl, cuore mangiato. Storia di un tema letterario dal Medioevo all'Ottocento (Guerini e Associati, pp. 164, lire 24.000), Mariella Di Maio ripercorre la leggenda con scrupolo filologico proponendo anche i quattro libretti d'opera che con il titolo Gabriella di Vergy furono musicati da Carafa, Mercatante, Donizetti e Saint-Saéns. Tra le interpretazioni più suggestive, la Di Maio dà ampio spazio alla rivisitazione di Stendhal. E viene proprio voglia di rileggere De l'Amour e Le rouge et le noir dove, secondo l'autrice, «quell'episodio di ordinaria cronaca nera proveniente da un mitico passato rivela proprio nel particolare più truculento una densa complessità tematica e simbolica: il poeta-amante sacrificato, il cannibalismo come atto estremo di appropriazione amorosa». ROMA MMIRATI una console impero, uno specchio nel quale «almeno un paio di volte» Napoleone considerò se stesso durante il soggiorno bolognese, ci accomodiamo su due poltroncine (impero). Chiusi a destra da un pianoforte Erard 1851 con splendida pelliccia di mogano, assediati da aquile della prima e «terza» Roma, proclami dannunziani, invocazioni al Duce, alabarde, siamo tuttavia protetti da un'aureola di partiture mozartiane e circondati dalla copia, identica, della libreria della casa romana di Mario Praz, amico e consigliere di molte acquisizioni. E' il 28 ottobre, Piero Buscaroli è di umore eccellente, dunque spietato. «Ci sono state tre immagini di Mozart, false. Quella di un Raffaello, morto giovane per la vendetta degli dei contro un genio e contrapposto a Beethoven-Michelangelo, è durata fino al 1910, quando Hermann Abert ha inventato il Mozart demonio. Dal 1980, grazie alla modesta commedia di Schaefer e all'oscena contumelia cinematografica di Forman, prevale il fanciullo lubrico, morboso, mascalzone». Ora, esce il suo libro, La morte di Mozart: quarant'anni di gestazione, sei di parto, scrivendo e riscrivendo a mano. Dottore in giurisprudenza e allievo di Giovanni de Vergottini, Buscaroli è stato collaboratore di Leo Longanesi al Borghese, consigliere comunale del msi, inviato in Vietnam e a Praga, direttore, lui romagnolo di Imola, del Roma del comandante Lauro, amico di Ezra Pound nei suoi anni disperati, docente di Conservatorio, pittore «non della domenica». E' critico musicale del Giornale dal 1979. «Ma il mio amico Indro Montanelli ama troppo gli Asburgo. Io li odio. Come ha potuto Giuseppe II, un sacro imperatore ossessionato dal piacere del tradimento, deridere il vincolo della fedeltà coniugale, chiedere a Mozart e Da Ponte di seguirlo in questi progetti, nel trionfo dell'impudicizia?». L'imperatore illuminista che consentì il trittico sublime (Nozze di Figaro, Don Giovanni, Così fan tutte) è il primo di una lunga serie di avversari. «Questo libro è un tentativo di rifondazione biografica. Ho potuto farlo io perché appartengo ad una cultura periferica, rispetto alla "cultura centrale" che in campo musicale è quella tedesca, capace di provincialismi assoluti. Non mi importa nulla di litigare con il Mozarteum di Salisburgo e gli accademici che mi guardano come il demonio. Il mio è uno studio filologico e logico: un'istruttoria. Ho gli strumenti per farlo. Parlano le fonti, quelle che nessuna biografia italiana ha mai considerato: dunque, nessun testo italiano su Mozart è da salvare. E in genere i musicologi non sanno scrivere. Forse delle intuizioni di Luigi Ronga». I rapporti con i colleghi non sembrano squisiti... «Quando è uscito il libro di Basso su Bach, ho deciso che bisognava salvare Bach da Basso». II suo Bach non è ancora stato tradotto in Germania... «Gli editori Schott e Breitkopf mi hanno detto che il loro pubblico è noch nicht fertig: non ancora pronto! A non considerare Bach solo come devoto compositore di chiesa!». Buscaroli è affezionato all'idea del «classicismo rivoluzionario»; a chiedergli di raccontarla, si alza e sulla tastiere dell'Erard accenna un tempo marziale dall'Eroica di Beethoven. «Questo tempo militare è lo Spirito della storia che, all'inizio dell'Ottocento, con un moto fatale entra per la prima volta nella musica». Poi? «Poi è venuto il tempo del mito virtuista che ha dominato l'Ottocento. Ne parla Wilfredo Pareto, è il mito che ha mandato in galera Oscar Wilde. Oggi più che mai, ricostruendo la storia, è necessario inserire dei divaricatori, che permettono di capire». Di stabilire certezze? «No, oggi deve vincere la biografia del dubbio. L'epoca delle biografie rotonde, delle bèlle arti, è finita». Perché Mozart? «Perché è inopportuno, molesto, nevrotico, insopportabile: Haydn e Schubert avevano coscienza delle loro gambe corte, della loro scarsa istruzione, anche Wagner sapeva di essere basso, un centimetro in meno di Fanfani. Mozart no, in lui è assoluto il distacco tra persona e artista, e inoltre non fu mai considerato una "spoglia eroica", come accadde a Beethoven: lui aveva il nymbus, l'aura. A Mozart non la riconoscevano». Si occupa ancora di politica? Qui sopra, Piero Buscaroli A destra, Mozart A sinistra la moglie Costanze «Impossibile confondersi con il pattume di oggi». Le manca Praz? «Diceva di me: gli voglio bene come a un canterano». Si va verso l'uscita, Umberto di Savoia sorride da una foto sbiadita, un angolo della sala nasconde un organo secentesco, un lampadario (impero) attende una buona' molatura. «Quarant'anni possono bastare per raccontare che Mozart era inadatto alla vita», constata il professore. Sandro Cappelletto Biografo implacabile con tante antipatie IL titolo del saggio di Buscaroli è limitante, e il racconto della morte di Mozart è solo l'ultimo anello di un progetto interpretativo che ha altre pretese. Già persuaso di soluzioni diverse (dapprima il veleno propinato dalla moglie Costanze e dall'amico Sùssmayr, poi la congiura massonica), Buscaroli ora opta per un'ipotesi già largamente diffusa: «Una febbre miliare acuta» collegata ad una compromessa patologia renale. La fretta della sepoltura in fossa comune si giustifica invece con il desiderio degli amici massoni di evitare lo scandalo provocato, a pochi isolati di distanza dalla casa dei Mozart, dal folle gesto del «confratello» Hofdemel, che si taglia la gola e tenta di uccidere Magdalena, la moglie incinta, convinto che il bambino sia di Wolfgang. Ma non è questo il cuore del li¬ bro, che racconta, quasi giorno per giorno e con efficace tecnica narrativa a montaggio incrociato, tra flash-back e anticipazioni, i tre ultimi anni di vita di Mozart. Una capillare lettura incrociata delle fonti più attendibili, la caparbia dimostrazione delle censure operate da Abert sulla biografia di Otto Jahn (1856), il ritrovamento di una prefazione al Requiem firmata nel 1826 da Anton André consentono all'autore due conclusioni di cui d'ora in avanti bisognerà tener conto: Mozart lavora alla Clemenza di Tito più a lungo dei leggendari diciotto giorni della tradizione e non termina il Requiem richiestogli dal conte Walsegg perché non si tratta di una normale commissione, ma di una spoliazione della propria personalità. Il genio si arresta quando capisce che dovrà figurare soltanto come ghost-writer.

Luoghi citati: Germania, Imola, Praga, Roma, Rossiglione, Salisburgo, Savoia, Vietnam