FATE BUIO C'E MANGANELLI di Felice Piemontese

IL CONSIGLIO IL CONSIGLIO di Felice Piemontese Considerato il «padre fondatore» del nuovo noir francese, Jean-Patrick Manchette è in Francia un autore cult. Nato nel 1942 e morto l'anno scorso, era jazzista e soggettista cinematografico, sceneggiatore di fumetti, traduttore e giornalista. In Italia, Manchette non lo conosce (quasi) nessuno. Eppure, quattro anni fa, una piccola casa editrice bolognese oggi in cattive acque (Metrolibri/Granata Press) provò a «lanciare» Manchette pubblicando Posizione di tiro, il suo ultimo potar, apparso dieci anni prima nella Sèrie noire di Gallimard. Non so se Posizione di tiro sia ancora rintracciabile in libreria, ma consiglio di provare a cercarlo. Non è il libro migliore di Manchette (Nada, storia di un gruppo anarchico che rapisce l'ambasciatore americano in Francia, è molto più bello, ma non è tradotto), ma è un romanzo teso, appassionante, con un finale che rovescia tutti gli stereotipi del genere, cui pure lo scrittore attinge generosamente. Difficile capire perché uno scrittore come Manchette piaccia meno, che so, di Forsyth. CAMON: ECCO LA FINE DEL MONDO «La Terra è di tutti», un diario estremo PADOVA A forma più alta di romanticismo - non dubita - è il realismo». Fedelissimo alla sua estetica, Ferdinando Camon si aggira fra i quotidiani detriti, colleziona tempeste e impeti (più tempeste che impeti), inanella deliri, annuncia la fine del mondo. Ma evitando, anzi: ignorando, i furori messianici, le vampate millenariste. E' un testimone. E un testimone o è d'amianto o non è. La Terra è di tutti, il nuovo romanzo, sta lì a dimostrarlo, sipario dopo sipario, una lettera inviata a chi non si duole di non sapere. Nell'estremo tempo che ci resta, le Poste avranno un sussulto di efficienza? «Non ci è dato sperare. La generazione intorno ai trenta, trentacinque anni è persa - si arrende Camon -. Padri e figli non si meritano a vicenda. Uomini e donne che hanno edificato piccole o grandi fortune, comunque rispettabili, lavorando dieci, quattordici ore, vengono travolti. Una valanga è l'ecstasy, la divoratrice di cervelli che è. Non tollera brighe, né ci si prova a mettergliele. Sì, maledico questa gioventù». Camon è un sessantenne contemporaneo del ragazzo di campagna che - forse - vuotava i nidi, tirava con la fionda ai passeri, mozzava la coda alle lucertole. Amenità, rispetto agli orrori d'oggi: «L'accolgo - e non si diverte certo a stupire - nel cervello del mostro. Di qui, il mio attuale studio, una falange della banda Ludwig mosse verso Vicenza, obiettivo un frate: assassinatolo, lo abbandonò con un crocifisso nel cranio. Di qui i giustizieri schizzarono alla volta di una discoteca: la cosparsero di benzina, incenerendola. E sotto casa, a cento metri, in un cestino portarifiuti venne trovato il biglietto che rivendicava il sequestro Dozier». Non parla, Camon, scandisce le nove parti del discorso, le conficca, come fossero pah. Il bersaglio è «la ricchezza come disastro morale», un cilindro da cui Giovanni Della Valle, il cronista-protagonista, estrae grani e granelli di malvivere, specchi torvi di una irreversibile, allucinata condizione. Ci sono maghi che rubano ostie e baiadere volanti, missionari che importano infedeli (il centro di padre Dal Cin «La Terra è di tutti»: colf e assistenti buddiste per moribondi cattolici) e tassisti con due corpi, scambisti (i giri di coppie) e squartatori domestici (ovvero entro le mura amiche). La Terra inaugura il «ciclo dei primi», speculare al «ciclo degli ultimi» (da II quinto stato a Un altare per la madre): «I primi - spiega Camon - sono coloro che nuotano nell'oro. Una micidiale miscela ricchezza-ignoranza è il cancro veneto, del Nord-Est. Ebbi occasione di scriverlo su La Stampa. Mio figlio il produttore cinematografico, un secondo è giurista - mi telefonò da Los Angeles: "Hanno ripreso il tuo articolo sul New York Times. E non a caso. Un problema analogo aggredisce gli Stati Uniti». «Una voglia di vita che è un presentimento di morte» domina il «diario» di Camon, uno stordirsi, un divorarsi e un divorare che ha una pulsione necrofila, demoniaca. Avverte il tassista della Terra: «Nel giorno in cui nascerà il figlio del diavolo finisce l'epoca cristiana. Dottore, siamo prossimi». Ma l'odierna crudeltà è un «a sé»? 0 discende dalla ferocia contadina di ieri? «E' un interrogativo «La ricchezza come disastro morale unita all'ignoranza è il cancro che divora il Nord-Est. Com'è possibile non maledire questa gioventù?» A destra: Ferdinando Camon Sotto: Sartre, a cui lo scrittore veneto dedicò il romanzo «La vita eterna» LAGMAdppL. vaderi che non cessa di inseguirmi. Sin dall'esordio. Mandai II quinto stato a Garzanti. Livio, il padrone, lo girò a Pasolmi, che mi chiamò una mattina, alle cinque: "Le farò io - ci demmo sempre del lei, con freddezza e ostilità - la prefazione". La fece, bellissima e sbagliata. Insisteva sulla crudeltà della società rurale. E così Fortini. E Sartre, a cui avevo inviato il libro, uscito da Gallimard, il mio editore francese. Al filosofo della Nausea ho dedicato La vita eterna. Quando morì, il Nouvel Observateur mi sollecitò un ricordo. Esitai. Andai, io non ateo, sulla tomba di lui, ateo. Immaginai un colloquio: "Io sono qui", "Io non sono da nessuna parte". Lo misi nero su bianco, con poco altro». Sartre, Fortini, Pasolini non compresero. I contadini erano violenti innanzitutto con se stessi: climi sui campi, mai visti sole e luna, indossavano un privato, dolorosissimo cilicio. «I primi - interviene Camon - sfogano la repressione degli ultimi. La sottomissione, lo stakanovismo, la plurisecolare ginnastica servile - il veneto è servile, non gentile - hanno infettato il sangue. I nostri vecchi si sono tirati a riva da soli. Lo Stato è come se non fosse mai esistito». Stagioni cupe, infami, per nulla mitiche: «E' insensato rimpiangere, alla maniera di Pasolini, l'età delle lucciole. Custodisco la memoria nitida della mia infanzia: un cascinale senza pavimenti, la terra al posto delle mattonelle, i muri eretti - per un metro, un metro e mezzo - con mattoni cotti al sole, ossia fango: le oche, le anatre, gh animali da cortile beccavano e beccavano, creando delle crepe attraverso le quali passavano freddo, afa, polvere...». Ferdinando Camon ha pagato - severissimo il prezzo la rappresentazione di quell'ingrato passato. «I miei familiari e i miei compaesani fraintesero: ci hai messo alla berlina, ci hai indicato al pubblico ludibrio, ci hai umiliato. Sono reazioni che Pasolini, negli Scritti corsari, accoglie ed esalta. Ancora non capì. La condanna toccatami in sorte? Mio padre tentò di diseredarmi. Non consentendoglielo la legge, ripiegò su una donazione ad excludendum. Ci eravamo già scontrati terminato il liceo. Esigeva che mi iscrivessi a Medicina, io scelsi Lettere (ho anche insegnato). Fra noi si levò un muro. A tavola capitava che mi ponesse delle domande, gh rispondevo - e non subito - con dei bigliettini. Poi venne il momento della riconciliazione. In bicicletta non esitava a macinare quattro, cinque chilometri - le edicole sono rade - per andare ad acquistare La Stampa. E' scomparso di recente. Ricoverato in ospedale, andavo regolarmente a trovarlo. Mi successe di arrivare fuori orario, lo sorpresi accanto al giornale aperto là dove compariva un mio pezzo. Si era convertito alla letteratura, ne riconosceva finalmente l'utilità, la dignità». Camon è atteso da un treno diretto a Parigi, dove presenterà Mai visti sole e luna. «Perché ho attecchito in Francia? Ecco un motivo: l'elevata soglia di attenzione, di rispetto, di sensibilità nei confronti della psicoanalisi, una torcia, una luce - ho frequentato il gabinetto di Cesare Musatti - che mi ha permesso di scendere ulteriormente nel sottosuolo umano». Di gradino in gradino, giù all'inferno. «Qui - pensa ad alta voce Giovanni Della Valle-Ferdinando Camon - le centinaia di colline sono tutte vulcani spenti. Mi immagino che nascano in questo momento, come se il mondo fosse in creazione: la pianura piatta si mette a bollire, la terra crepa qua e là, attorno ai crepi si accumulano vomito di melma, fango termico, macigni ardenti come ghisa negli altìforni. Nel mondo in creazione si aggira un alien, ciò che tocca si trasforma, diventa venefico, come lui». Basteranno i forzieri stracolmi di schei per salvarsi, per salvarci, per fabbricare il giusto esorcismo? Bruno Quaranta FATE BUIO CE' MANGANELLI «La notte», racconti ritrovati LA NOTTE Giorgio Manganelli Adelphi pp. 248 L. 32.000 LA NOTTE Giorgio Manganelli Adelphi pp. 248 L. 32.000 ELLA casa romana dove Giorgio Manganelli era vissuto, solo, negli ultimi anni, le due persone a lui più vicine, entrate per una ricognizione dopo la morte (28 maggio 1990) si sono imbattute in una scarpiera. Le due persone erano Ebe Flamini, ultima sua compagna - anch'ella oggi scomparsa - e Salvatore Silvano Nigro, lo studioso siciliano diventato il suo più fedele interprete. La casa era in via Chinotto 8, interno 88 («un indirizzo impossibile, soltanto lui poteva averlo», commenta oggi Nigro). Lì Manganelli scriveva, fra tanti Pinocchi di legno, alcuni grandissimi, disseminati per le stanze, e i resti di una Lambretta con la quale tanti anni prima era fuggito da Milano, dopo la fine del rapporto con Alda Merini. li lri b pUna parte della casa, da presentare agli altri, sembrava ordinata; ma poi si apriva, ricorda Nigro, «l'inferno dello studio, che sembrava un labirinto». Dove la scarpiera dava l'ultimo tocco, «Lo scrittore può sopravvivere in qualunque atmosfera, purché infetta», aveva scritto Manganelli in «La letteratura come menzogna», un manifesto letterario che per lui sembrava anche un programma di vita. E la scarpiera, in mezzo ai libri, doveva essere il luogo più infetto di tutti. Ebe Flamini e Nigro la aprirono, ne vennero fuori, spargendosi sul pavimento, fasci di manoscritti e di dattiloscritti. Era la estrema beffa del personaggio, il più intellettualistico fra gli scrittori italiani, che aveva affidato le sue pagine più segrete al luogo destinato alle scarpe. Da allora Nigro sta lavorando su quelle pagine, il patrimonio scoperto gli darà da fare per anni. Già Ebe Flamini aveva portato alla luce, nel 1991, il breve romanzo «La palude definitiva». Ma il nuovo volume a cura di Nigro, La notte, che esce ora da Adelphi con i fascicoli sottratti a quel buio, è anche più sorprendente. A partire dal titolo, sfuggito dall'interno di una cartella confusa fra i testi. La notte è non soltanto lo spirito del libro, ma il senso stesso della eredità che Manganelli aveva voluto racchiudere, per ironia, in quel subsannante contenitore. La notte, ci viene suggerito per allusioni sempre più trasparenti nella lettura, è il luogo insieme dell'essere e del non essere, cifra metafisica di una araldica dell'impossibile, centro di una teologia capovolta. La notte è il tema a cui si ispirano i due racconti centrali del volume, se la parola racconti può ancora essere applicata a questi funambolismi del pensiero, alchimie di immagini, su un ottovolante dove la illogica del linguaggio tocca le punte più alte di logicità. Tutto ciò che è irrazionale è reale, sem- Giorgio Man Giorgio Manganelli nelli bra essere la lezione dello scrittore, mentre scende sempre più spericolatamente negri abissi del barocco. La prosa è modellata sui grandi maestri gesuiti del Seicento, quasi in gara con il «Cannocchiale aristotelico» del Tesauro, di cui Manganelli era stato supremo ammiratore (e proprio Nigro ne sta cubando ora l'edizione, per suo ultimo suggerimento). La scrittura si avvolge in antifrasi, si solleva in iperboli, si scompone in metafora, si interseca in chiasmi, aprendo varchi sempre più ampi all'irrompere di un mistero innaturalmente naturale, come vuole il più scandaloso dei suoi ossimori. La retorica, esercitata sul gioco dei concetti, è spinta fino a far smarrire il filo d'Arianna del senso, chi legge prova insieme la vertigine dello stordimento e il piacere del capogiro. Resiste, alla base di tutto, una fiducia perinde ac cadaver nella parola, come unica forma possibile di conoscenza, fonte di ontologia e forse anche di morale, che difende il buio del significato sotto la luce in apparenza elusiva del significante. L'interlocutore, in molti racconti, come «Il gioco», è un irraggiungibile Dio, trascinato in inferis perché la notte in cui viviamo non consente di guardare in excelsis. «Non v'era altro modo per comunicarvi il significato se non come enigma, e il giorno se non come notte», è il messaggio che l'uomo notturno decifra da una impronunciata allegoria celeste, attraverso «l'afasia del Fiat lux». Giorgio Calcagno La nuova Napoli. L'Italia dei sindaci. Ia democrazia comunale come fulcro di una riforma dello Stato. PP %, L. 16.000 %, L. 16.000 ANTONIO BASSOLINO La Repubblica delle città Un grande scrittore spagnolo della nuova generazione. Un successo clamoroso in Spagna, un best-seller assoluto in Germania. pp.288, L. 34.000 Narrativa e pou.. Alberto M. Band Storia della borghesia italiana L'tà libl gL'età liberale Gli interessi economici, le scelte politiche, le idealità dei ceti borghesi, in un affresco storico di grande respiro. Rilegato, pp. 416, L 50.000 Teresa Cai vano Viaggio nel pittoresco Il giardino inglese tra arte e natura La riconquista cid «paesaggio» nell'Inghilterra tra Sette e Ottocento. Rilegato con 72pp. di di, pp. 300, L 80.000 Werner Hofmann / fondamenti dell'arte moderna I PRESUPPOSTI IL NOVECENTO Un magistrale quadro d'insieme dell'arte contemporanea. Le motivazioni che hanno trasformato l'espressione artistica. Traduzione di Caterina Cardamone Due voi con 70 IL, pp. 264 e 216, L 70.000 Johan Goudsblom Fuoco e civiltà dalla preistoria a oggi La conquista del fuoco. I suoi significati magici, religiosi, politici Traduzione di Annalisa Merlino Rilegato, con 24pp. di iH.pp. 232, L 60.000 Nadia Fusini Nomi Dieci scritture femminili Karen Blixen e Emily Dickinson, Gertrude Stein, Virginia Woolf, Elizabeth Bishop... Nuova ediz. aggiornata, pp. 254, L 35.000 S. N. Eisenstadt Civiltà ebraica L'esperienza storica degli Ebrei Un popolo, una religione? Molto di più. Prefazione di David Meghnagi Traduzione di M. Astrologo e E Bises Nuova edizione, pp. 360, L 40.000 Tim Unwin Storia del vino Geografie, culture e miti 11 vino, o dello «spirito». Peccato, delizia, ricchezza. Ebrezza, piacere, oblio... Traduzione di Maria Baiocchi Nuova edizione, pp. 422, L 50.000 Hannah Arendt Ritorno in Germania Un viaggio intelligente e commosso nella Germania uscita dalla tragedia del nazismo. Intoduzione di Angelo Bolaffi Traduzione di Pierpaolo Ciccarelli pp. 64, L 15.000 Agostino Lombardo L'eroe tragico moderno F Al Oll gFaust, Amleto, Otello Non più il fato come nemico, ma l'impossibilita di decifraie il mondo. pp. 96, L 16.000 Ludwig Wittgenstein Filosofia «I filosofi sono come bambini, che scarabocchiano dei segni e poi chiedono agli adulti: che cos'è?». A cura di Diego Marconi Traduzione di Marilena Andronico RUegato.pp. 128, L 25.000 Francesco Petrarca Canzoniere Viaggio alle origini della poesia europea moderna, guidati da un commento semplice e impeccabile. Edizione commentata a cura di Ugo Dotti Due volumi rilegati,pp. 1120, L 120.000 LIBRI DONZELLI ottobre 199 6