«La corrente di Andreotti faceva politica con i boss» di Francesco La Licata

Di Carlo: decidevano i governi della Regione Di Carlo: decidevano i governi della Regione «La corrente di Andreotti faceva politica con i boss» «Greco mi annunciò la fine diMattarella» Ma la difesa mette in difficoltà il pentito PALERMO DAL NOSTRO INVIATO Per Francesco Di Carlo, ex boss di Altofonte «esiliato» in Inghilterra per 15 lunghi anni ed ora passato nella schiera dei pentiti di Cosa nostra, non ci sono dubbi: il presidente Andreotti è stato un punto di riferimento della mafia siciliana. La sua corrente, rappresentata a Palermo da Salvo Lima, era quella che teneva i contatti coi «signori della cupola». Anzi, insiste l'uomo venuto da Londra e già querelato dall'ex presidente del Consiglio, era proprio quel gruppo politico che, insieme con i dirigenti di Cosa Nostra e coi cugini Ignazio e Nino Salvo uomini d'onore ma anche maggiorenti della de e grandi elettori di Andreotti, facevano e disfacevano persino i governi dell'Assemblea regionale siciliana. Qualche volta le questioni hanno preso anche una piega, diciamo, cruenta. Come nel caso di Piersanti Mattarella, presidente della Regione inviso a Cosa nostra perché «attaccava Lima» e non amava Vito Ciancimino. Anzi ne parlava come di un malavitoso, lasciava trasparire tutta la sua diffidenza per un uomo ritenuto pericoloso mentre fra i «corleonesi se ne parlava come di un presidente della Repubblica». E' inquietante il racconto che ieri mattina Francesco «Ciccio» Di Carlo ha fatto per videoconferenza. Il pentito, ripreso di spalle, sfoggiava una classica giacca blu e un basco dello stesso colore. «C'era molta gente in Cosa nostra - ha spiegato - che si lamentava di Piersanti Mattarella. Aveva attaccato sia Lima che Salvo, e prima ancora Ciancimino. Poi voleva i comunisti al governo. In Cosa nostra è così: si comincia a chiacchierare e poi si finisce che si muore». A sentire Di Carlo, era la «Favarella», la tenuta dei fratelli Michele e Salvatore Greco, il «papa» e il «senatore», il luogo dove si dibattevano i problemi politici siciliani. Ed è stato anche il luogo dove sono state prese decisioni. Era il '79 quando, secondo Di Carlo, girò la voce che Mattarella «era finito». Al pentito lo disse Salvatore Greco che, alla successiva domanda se fosse «politicamente finito», rispose: «In tutti i sensi...». L'ex boss chiarisce: «Capii che poteva accadere quello che accadde dopo», cioè l'omicidio, avvenuto nel giorno dell'Epifania del 1980. E quando riparla con Salvatore Greco di Mario D'Acquisto (che aveva intravisto in auto con Nino Salvo), viene informato dal boss che «da qui a poco tempo D'Acquisto sarà presidente della Regione». Cosa che poi accadde. Si è dilungato, Di Carlo, nel racconto dei contatti tra mafia e politica locale, specialmente con gli andreottiani. Sempre su D'Acquisto, ha rivelato che l'ex vicepresidente della Camera «portava notizie ai Greco. Sebastiano Purpura, andreottiano, era - secondo Di Carlo - «amico di Mimmo Teresi». Proprio quest'ultimo avrebbe informato Di Carlo che «Purpura insieme con Rosario Nicoletti (fu segretario regionale de) si era lamentato dell'eccessiva arroganza e tracotanza di Vito Ciancimino». Ma il «panorama» era più ampio: «Giovanni Gioia - accusa il pentito - (che fu anche ministro) era vicino ai Greco» e l'on. Giovanni Matta (defunto) venne ad Altofonte con Motisi, della famiglia di Pagliarelli. Anche l'on. Angelo Bonfiglio, ex presidente della Regione siciliana, era vicino al boss Colletti», come anche l'altro ministro de Calogero Marmino. «Ma politici a noi vicini - ha concluso Di Carlo - ce n'erano tantissimi». Poi il pentito ha insistito sugli incontri tra i Salvo ed Andreotti, motivo per cui è stato querelato dal senatore a vita. Ha aggiunto che, oltre a quanto visto coi propri occhi, dei rapporti tra il politico e Cosa nostra si parlava come di un fatto scontato. Sentì parlare di Andreotti per la prima volta nel 1979. Alla «Favarella» c'era Natale Rimi, Di Carlo chiede il perché di quella visita e gli viene risposto che «si deve contattare Andreotti, tramite Lima, per aggiustare il processo ai Rimi». Alla fine, conferma il presunto incontro SalvoAndreotti «a San Lorenzo». L'aw. Coppi ha insistito per sapere se l'incontro avvenne proprio in S. Lorenzo (è il motivo della querela, dal momento che Andreotti nella data indicata dal pentito non aveva ancora gli uffici in S. Lorenzo in Lucina), Di Carlo ha confermato, ma dopo qualche tentennamento e un battibecco con la difesa. Francesco La Licata

Luoghi citati: Altofonte, Inghilterra, Lima, Londra, Palermo