Il Golfo dei rifiuti avvelenati

Dieci arresti, un affare miliardario: gli scarti arrivavano da tutta Italia Dieci arresti, un affare miliardario: gli scarti arrivavano da tutta Italia Il Golfo dei rifiuti avvelenati La Spezia crocevia del traffico ASTI. Sono rinchiusi nel carcere di Quarto nove dei dieci componenti di una banda accusata di «disastro ambientale». Uno è ancora latitante. I loro «colpi» non erano a mano armata, ma fruttavano decine di miliardi e si ripetevano da oltre dieci anni. Per agire avevano creato un intreccio di società e non mancavano di coltivare appoggi politici importanti. «Clienti» in tutt'Italia: industrie, consorzi, usi. A tutti garantivano lo smaltimento dei rifiuti tossico-nocivi: scarti di lavorazioni chimiche, morchie, oli, residui ospedalieri, anche sostanze radioattive. Sulla carta tutto era regolare, bolle, fatture, autorizzazioni, certificati. I rifiuti risultavano trattati, resi inerti, decomposti. In realtà finivano nel grande invaso della discarica di Pitelli, un vallone che guarda il Golfo dei poeti, sopra La Spezia. Qui, dal 1977 è stata aperta una discarica. All'inizio doveva ospitare solo inerti, macerie di case, ma nel 1989, dopo un sequestro, la giunta regionale ligure autorizzò lo stoccaggio di 320 mila metri cubi di rifiuti speciali e a fine 1992, nonostante le proteste degli abitanti della zona, arrivò una nuova concessione rilasciata alla «Sistemi Ambientali srl». Consigliere di amministrazione della società è Orazio Duvia, 64 anni, casa a Portovenere, boss indiscusso di quella che gli inquirenti definiscono una pericolosa «ecomafia». Duvia, che è anche amministratore della «Contenitori & Trasporti spa» e socio di fatto dell'Ipodec srl, è finito nel carcere astigiano con altri otto complici perché la procura della città piemontese, indagando su un giro di fatture fasulle, da parte di un commerciante di metalli, Aldo Fasano di Portacomaro, ha scoperto un traffico di rifiuti urbani che dalla Spezia passava per Asti e finiva alla «Servizi Torino spa» di Beinasco (i due titolari Mario e Flavio De Francesco sono tra gli indagati). «Usavano il sistema del giro bolla, per far risultare trattamenti inesistenti dei rifiuti» hanno spiegato ieri il procuratore Sebastiano Sorbello e il sostituto Luciano Tarditi, che coordinano le indagini condotte dagli uomini dello speciale nucleo della Guardia Forestale di Brescia e della polizia giudiziaria di Asti. Un lavoro meticoloso: 150 uomini impegnati per mesi. Sono state registrate 11 mila intercettazioni telefoniche. Nelle conversazioni di Duvia e complici (i soci Franco Bertolla e Giancarlo Motta, i dipendenti Ettore e Roberto Cozzani, Luca Galli, Mario Callegari, Pietro Bonatti, Daniele Paoletti, oltre all'ingegnere genovese Eros Polotti, ancora latitante) emerge un altro spaccato dell'Italia mazzettara che proprio dalla Spezia ha portato in carcere Necci e Pacini Battaglia. E non sono da escludere collegamenti. Si mormora il nome di quel Tronci, già interrogato da Di Pietro a Milano per Mani Pulite. Ed Eros Poletti, ora latitante, già arrestato nel 1993 per una vicenda sarda, spuntò anche nello scandalo delle lenzuola d'oro ferroviarie. Lo stile delle telefonate è un po' più ruspante ma lo scopo e lo stesso: concessioni che «si aggiustano», controlli «cartacei», gare d'appalto che «c'ho un amico a Roma, vado al ministero e vediamo che si può fare...». E c'è un riferimento anche a scarichi di «roba in mare». «E' inquietante accertare come i controlli fossero assolutamente inesistenti. In quella discarica avrebbero potuto portare anche ima bomba atomica, nessuno diceva niente» sbotta Luciano Tarditi, che ha tra le mani una inchiesta magmatica destinata a coinvolgere più procure. Il magistrato astigiano ha avuto lunghi colloqui con il collega savonese Alberto Landofi, che si occupa dell'inchiesta diossina dell'Acna di Cengio. Ieri, ha escluso riscontri diretti sul ritrovamento dei famigerati fusti dell'Icmesa di Seveso, «spariti» dopo un'odissea in mezz'Europa. «Ma là sotto può esserci di tutto» ha aggiunto Tarditi. Il magistrato ha confermato che alle prime voci sulla diossina il ministro dell'Ambiente Ronchi mandò a Pitelli i carabinieri del Noe: «C'era però il rischio che allarmassero quelli che avevamo sotto controllo. Gli ho telefonato e abbiamo coordinato l'ispezione». Una parte della discarica spezzi¬ na è ora sequestrata, così come un capannone a Santo Stefano di Macra. Si sonda il terreno per scoprire che cosa c'è sotto. Sugli schermi dei georadar sono apparse masse scure: proprio nei punti dove ex dipendenti della discarica hanno detto di aver sepolto fusti e casse imballate. E si torna a mormorare della morte repentina di un operaio addetto allo smaltimento, pochi giorni dopo un incendio che si sviluppò tra i rifiuti. Veleni e misteri di una «sporca» storia italiana. La Legambiente ieri sera ha chiesto di accelerare i tempi per costitituire una commissione parlamentare d'inchiesta sul «pianeta rifiuti». Sergio Miravalle LA MAPPA NERA DELL'AMBIENTE Nella foto scattata dal Comitato difesa ambiente, ecco la mappa di alcune discariche e impianti presenti sulle colline della Spezia. 1. Stoccaggio di rifiuti tossici e nocivi della Ipodec. 2. Ex discarica abusiva da bonificare di Campetto. 3. Forno incenerimento rifiuti tossici e nocivi e area stoccaggio della Sistemi ambientali. 4. Discarica rifiuti speciali della Sistemi ambientali. 5. Ex discarica tiro a volo di Pitelli. 6. Due bacini di lagunaggio ceneri della centrale Enel. 7. Biopressa rifiuti urbani di Boscalino. 8. Polveriera di Vallegrande della Marina militare. Inoltre, nella stessa zona sono presenti la discarica di Monte Montada, quella della Marina militare (da bonificare), la discarica per rifiuti speciali di Saturnia e l'impianto di Val Bosca per lo smaltimento dei rifiuti urbani, in via di costruzione. I magistrati di Asti «Controlli inesistenti» E in quel luogo potrebbero esserci nascosti bidoni di diossina HMÉii A sinistra, Orazio Duvia In alto a destra, la discarica di Pitelli, che «guarda» il Golfo dei Poeti