Festa con una settimana d'anticipo Al concerto della vittoria

Festa con una settimana d'anticipo Al concerio della vittoria Festa con una settimana d'anticipo TRA BUSINESS E SCARAMANZIA WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Benvenuti al Concerto della vittoria presidenziale». Un momento... in che senso? Che giorno è questo? Siamo forse finiti in un film tipo «Accadde domani»? 0 è «Bitorno al futuro»? E' la sera di martedì 29 ottobre, manca esattamente una settimana al voto presidenziale, e noi siamo qui, sulla 18a Strada, proprio dietro la Casa Bianca e davanti all'ingresso della Constitution Hall, dove Bill Clinton sta per essere onorato in un concerto con Stevie Wonder e Brace Hornby organizzato dal «Club del Sassofono» e... sì, il tema della serata è scritto bello chiaro sopra l'ingresso e poi ancora richiamato dai due grandi schermi dentro la sala: «Concerto della vittoria presidenziale». Alla faccia della scaraman- zia. Nessuno a Washington si ricorda di un presidente che abbia festeggiato la vittoria con una settimana di anticipo sul voto e questo la dice lunga sullo stato d'animo del popolo clintoniano in questi giorni, oltre che sullo stato del duello presidenziale. Melissa, giovane e solerte funzionaria della Casa Bianca incaricata dell'organizzazione, tenta di sostenere che l'espressione «Concerto della vittoria presidenziale» potrebbe essere intepretata come un'invocazione, un auspicio. Ma la butta lì un po' così, quasi le scappa da ridere, mentre dentro la sala si fanno già le prove di «Hail to the Chief», onore al capo, tataa-tatatta-tatatta-tatatta, con l'annuncio: «Signore e signori, il Presidente degli Stati Uniti». L'attore Kevin Spacey («I soliti sospetti»), che presenta la serata, non ha i pudori di Melissa e getta subito la maschera. «Benvenuto all'attuale e futuro Presidente degli Stati Uniti», dice salutando Clinton, che, arrivato in ritardo di 20 minuti, si è nel frattempo seduto in prima fila. Spacey non parla neppure della vittoria del 5 novembre, che dà per scontata come tutti, ma fantastica sulle belle cose che Clinton potrà fare prossimi quattro anni. Eppure c'è qualcosa che non va. La sala, per esempio, che non è affatto piena. Avrà una capienza di 300 posti, ma, nonostante l'annunciata presenza di Clinton accanto a due luminosissime stelle del firmamento musicale, circa un terzo dei posti è vuoto, nonostante i giovani volontari della campagna nei abbiano avuto l'ingresso libero. Non molti washingtoniani se la sono sentita di spendere le centinaia di dollari del biglietto. Tutta propaganda, tutto scontato. Hanno avuto ragione. Il ritardo di Clinton costringe ad accelerare il programma e Brace Hornby deve tagliare via in fretta una peraltro magnifica esecuzione di «It's just the way it is». Wonder, allegramente marziale in una specie di zimarra militare viola con bottoni larghi da giubba rossa, è sempre gronde, ma ha il raffreddore e, anche per i tempi stretti, accenna soltanto tutti i suoi maggiori successi, facendo cantare al pubblico «I just called to say I love you». Di corsa Clinton sale sul palco e dice dieci parole, tre delle quali sono «futuro». Finito. Cos'ha suggerito questa strana e un po' sgangherata manifestazione presidenziale di «hubris», di superbia preelettorale? E' semplice: un dannato bisogno di raccogliere soldi, tanto dannato da spingere Clinton a sfidare le leggi del fato, o, se si preferisce, deila iella. [p. p.l Il cantante Stevie Wonder e, nella foto a sinistra, l'attore Kevin Spacey che ha presentato la serata

Luoghi citati: Melissa, Stati Uniti, Washington