Confronto pubblico sulle riforme: tra il leader pds e il Cavaliere è quasi un «flirt» «Riforme più importanti del governo» di Fabio Martini

Confronto pubblico sulle riforme: tra il leader pds e il Cavaliere è quasi un «flirt» Confronto pubblico sulle riforme: tra il leader pds e il Cavaliere è quasi un «flirt» «Riforme più importanti del governo» D'Alema: insieme per forza ROMA. Con la voce ispirata' Silvio parla così di Massimo: «Ho sempre trovato rispondenza tra ciò che lui dice e ciò che pensa. Gli riconosco piena buona fede!». E Massimo parla così di Silvio: «Molto interessante l'intervista di Berlusconi sulle prospettive di Forza Italia...». Sono le quattro del pomeriggio del 30 ottobre 1996 e nello stenditoio del San Michele, lì dove per secoli si sono asciugati i panni degli orfanelli romani, è definitivamente venuto allo scoperto l'idillio tra Massimo D'Alema e Silvio Berlusconi. Ormai non c'è più nulla di clandestino nel loro «amore»: in occasione della presentazione dell'ultimo libro di Bruno Vespa i due si sono pubblicamente scambiati frasi affettuose, ma D'Alema ha fatto qualcosa di più, ha colto l'occasione per una sortita destinata a lasciare il segno. Dice il segretario del pds: «Perseguiremo la strada delle riforme al di là di ogni ostacolo...». Vespa lo interrompe: «Ma gli interessi della riforma prevalgono sugli interessi immediati di governo?». E D'Alema: «Sì, non c'è dubbio: se il centro-sinistra resta prigioniero di un ricatto conservatore, fallisce e saranno altri a gestire il cambiamento». E prosegue: «Dopo le elezioni, forse qualcuno non lo aveva capito, dicemmo che il centro-sinistra non è l'approdo della transizione italiana». D'Alema non lo dice chiaramente, ma per la prima volta, dopo il 21 aprile, lo fa ca- pire: per il futuro ogni soluzione è possibile. Anche quelle innominabili. Come un governo diverso da quello Prodi. Anche se D'Alema ripete che «se cade questo governo, ci sono le elezioni». Soltanto i prossimi mesi diranno se il «patto del San Michele» tra D'Alema e Berlusconi è destinato a passare alla storia, ma la cronaca racconta che il primo approccio si è consumato in un clima da evento mondano. E il parterre «misto» degli ospiti lo dimostra: ci sono Gigi Marzullo ed Enrico Micheli, Pamela Villoresi e Oliviero Beha, Biagio Agnes e Giuba Fossa, Luciano De Crescenzo e Antonio Maccanico, Sandro Curzi e Piero Vigorelli e infine di nuovo insieme (si fa per dire, perché sono divisi da tre file di poltroncine) Vittorio Dotti e Cesare Previti. La prima «istantanea» sul di¬ battito sembra stabilire le gerarchie: Berlusconi stende la mano sinistra verso D'Alema e il segretario del pds gliela stringe, ma procede oltre. Si può partire col teatrino dei convenevoli sul libro di Vespa «La svolta». Dice Berlusconi: «Un libro da applaudire». Dice D'Alema: «C'è un'infinità di cose che non sapevo, a cominciare da quel bellissimo affresco iniziale». Chiedono a Vespa se abbia qualcosa da rimproverare ai due e lui risponde così: «Difficile rimproverare qualcosa a D'Alema», «Non mi sento di fare rimproveri a Berlusconi». Calato il sipario delle gentilezze, parte D'Alema: «Dai nostri competitori abbiamo imparato l'uso dei sondaggi e della tecnica televisiva», oramai «abbiamo un metodo più efficace» e dunque è sbagliato riproporre la «leggenda della nostra poderosa macchina organizzativa». Berlusconi lo interrompe: «Di cui ho una sana invidia...». E D'Alema ecumenico: «Le forze avversarie si arricchiscono vicendevolmente». L'affettuoso minuetto continua con Berlusconi: «D'Alema dice cose che si avvicinano ai nostri programmi», ma purtroppo «è prigioniero di una morsa» e dal suo punto di vista i «cattivi» di turno sarebbero Prodi e Bertinotti. L'amichevole botta e risposta prosegue senza speciab emozioni fino a quando D'Alema parla di Tangentopob. E dice testualmente: «Parlare di amnistia e condoni prima ancora di fare le leggi per prevenire la corruzione è stata una cosa improvvida». Già, ma dopo quelle leggi, se ne potrebbe parlare? D'Alema non lo dice, ma qualcosa che somigli ad una soluzione politica deve interessarlo perché defini¬ sce «ragionevole» l'ipotesi di chiudere «più rapidamente» la vicenda di Tangentopob. Come? «Attraverso misure di politica giudiziaria», dice D'Alema, mentre Berlusconi, seduto a un metro da lui, annuisce. E' finita. D'Alema lascia a passo veloce la sala dello Stenditoio («Devo andare a votare la fiducia al governo») e Bruno Vespa, con uno scatto da centometrista, lo insegue lungo le scale, lo accompagna fino all'auto blu e gb chiede: «Ci sono problemi per il governo?». E D'Alema: «No, nessun problema particolare, ma io ho votato fiducie a governi meno gradevob...». Vespa fa in tempo a risabre le scale ed incrociare Berlusconi che gb chiede: «Non c'era inciucio, vero? Ho detto le cose che pensavo con chiarezza...». Fabio Martini Il presidente del Consiglio Romano Prodi

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