Palermo: l'ex capo dei gip romani in aula Contro Andreotli l'accusa gioca la carta Squillante
Palermo: l'ex capo dei gip romani in aula Palermo: l'ex capo dei gip romani in aula Contro Andreotli l'accusa gioca la carta Squillante Rievocata una cena di 20 anni fa tra i Salvo e amici del senatore PALERMO DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Nel processo ad Andreotti per associazione mafiosa in tribunale a Palermo ieri ancora una volta sono stati di scena pranzi e ricevimenti esclusivi nel «giro» della politica e dell'industria «che conta». E oggi è atteso il pentito Francesco Di Carlo che dovrebbe attaccare Andreotti. Di mondanità è stato chiamato a parlare ieri mattina un teste importante citato dall'accusa, l'ex capo dei gip di Roma Renato Squillante alla sua prima uscita pubblica dopo la revoca degh arresti domiciliari per l'inchiesta sulla corruzione al Palazzo di Giustizia di Roma. Una deposizione voluta da Gian Carlo Caselli, il grande accusatore del senatore a vita, soprattutto con l'intento di dimostrare l'esistenza di contatti assidui fra spezzoni dell'ambiente mondano romano vicinissimo ad Andreotti e alla sua corte e alcuni ricchi siciliani, a cominciare dai cugini Nino e Ignazio Salvo, i superpotenti gabellieri etichettati poi come mafiosi. E Squillante che c'entra? All'ex magistrato, dopo il quale è stato interrogato anche Gioacchino Albanese, già grand commis socialista di Eni e Montedison, i pm hanno chiesto di riferire su alcuni inviti da lui ricevuti nell'alta società filo-andreottiana, o presunta tale, di Sicilia. In particolare Squillante, che per tre quarti d'ora sul pretorio ha preferito non farsi riprendere da fotografi e teleoperatori, ha raccontato di una cena al ristorante Charleston, uno dei due più eleganti della città, durante le festività di Pasqua del 1977 con la moglie e uno dei figli allora dodicenne. Ma Squillante ha precisato che vi andò su invito eh* un altro big dei- Renato Squillan In aula ieri la politica, Giacomo Mancini. E incontrò per caso in una delle belle sale dell'Hotel Villa Igea Claudio Vitalone e Franco Angelini, mentre con il ricchissimo costruttore edile Gaetano Caltagirone fu ospite di Mancini al Charleston. Arrivati al dolce, però, l'ex segretario del psi ed ex ministro (pure nei guai in Calabria ora per presunti legami con la 'ndrangheta) ebbe un malore e dovette essere accompagnato in ospedale. «Tutti ci precipitammo nel timore che si trattasse di un infarto», ha detto Squillante aggiungendo che c'erano pure la moglie di Mancini, il giornalista e senatore Lino Jannuzzi e «forse» Vitalone. E come mai, lui, magistrato, accettava inviti con gente come Gaetano Caltagirone implicato nello scandalo dell'Italcasse? Questa domanda l'ha posta a Squillante il pm Gioacchino Natoli. Il teste ha detto che in quel periodo era in aspettativa, aveva accettato di andare alla Consob su proposta di Guido Carli. «C'era bisogno di un tecnico del diritto», ha aggiunto Squillante. Un incarico che l'ex capo dei gip romani tenne dal 1975 al 1981. Di Nino e Ignazio Salvo, secondo Squillante, in quelle occasioni non vi fu l'ombra. E più tardi Albanese non ha saputo dire se a un ricevimento per l'inaugurazione della villa dell'imprenditore Francesco Maniglia c'era anche Nino Salvo. Dopo l'audizione oggi di Di Carlo, in videoconferenza, il presidente del tribunale Francesco Ingargiola ha fissato a Roma per lunedì, martedì e mercoledì della prosL'ima settimana nell'aula bunker di Rebibbia l'interrogatorio come teste di Francesco Marino Mannoia, altro pentito. Antonio Ravidà Renato Squillante In aula ieri
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