Un futuro di uomini, non di «omini»; un fotografo da battaglia

[Infuturo di uomini, non di «omini»; un fotografo da battaglia LETTERE AL GIORNALE [Infuturo di uomini, non di «omini»; un fotografo da battaglia Un diminutivo disumanizzante Mi capita con una certa sgradevole frequenza di sentir definire una persona addetta ad un qualche lavoro artigianale o manuale con il termine di «omino»: l'omino delle pulizie, l'omino che ti monta le catene, l'omino che ti aggiusta il serbatoio. Ritengo questa espressione scorretta sia da un punto di vista lessicale e sia soprattutto dal punto di vista della comunicazione sociale in quanto mi pare che l'uso di questo diminutivo sia volto a definire come una «diminutio» di umanità l'eseguire lavori considerati a torto secondari o di poco conto. Colgo con fastidio l'inconscia e snobistica visione celata dall'uso di questo disumanizzante diminutivo che porterebbe a distinguere tra uomini a pieno titolo dediti a grandi e nobili attività ed omini dediti a servizievoli lavori manuali e quindi con ridotto titolo di umanità; quasi gnomi od elfi considerati utili ma di poco conto dalla bonomia patronizzante dei committenti le loro prestazioni professionali. Collodi ci parla dell'omino di burro che guidava il carrozzone verso il «Paese dei balocchi», ma nella sua metafora fiabesca il riferimento era volto solo alla statura e alle fattezze dell'ambiguo cocchiere. Non aLresì altri letterati e non come buon ultimo Giorgio Bocca ne II viaggiatore spaesato riferendosi appunto al meccanico che avrebbe dovuto riparare il serbatoio di un motore nautico. Spero in un futuro popolato di uomini e senza più «omini». Stefano Amasio Fossano (Cuneo) Scovate e punite gli evasori fiscali E' da anni che l'attento lettore legge sui giornali che in Italia il numero degli evasori fiscali è in costante aumento; niente paura per gli uomini che sono al governo: quando occorrono altri miliardi le solite manovrine aggiuntive ed a pagare sono sempre i soliti che sborsano all'insegna anche se vecchia; dell'usi obbedir tacendo e tacendo morir. Il governo però per incoraggiare i paganti fa sapere che si indaga tanto per far sì che gli evasori siano puniti adeguatamente, ciò comunque se non erro avviene da quando ci fu un ministro che promise che gli evasori saranno tutti scovati e puniti. Ma perché una volta tanto non si cambia procedura come avviene in certi Paesi del Nord Europa ove senza tante spese si esaminano anche le segnalazioni anonime (qua in Italia tutto ciò non è valido), evitando così enormi spese allo Stato e maggiori introiti senza che si seguiti a dissanguare il solito utente con le solite manovrine? Signori che siete al governo se non modificate per far sì che tutti paghino le tasse diventerete sempre più impopolari di come mai lo siete stati. Elisio Manca Cagliari Robert Capa il «pescecane»? Ogni volta che mi capita di leggere articoli sul famoso fotografo Robert Capa mi intriga il pensiero se l'estensore si sia mai domandato quale sia il significato del nome di battaglia che Endre Friedman si è scelto. Sembrerebbe di no, a giudicare anche dall'interessante articolo apparso ieri su La Stampa a firma di O.d.B. Ebbene, ve lo dico io: Capa (pronuncia Zapo) in ungherese vuol dire pescecane. Curioso, nevvero? Susanna Egri, Torino Vuol dire che Robert Capa era un pescecane? Non mi risulta. Oreste del Buono Piemme, i giudici e suor Germana La Edizioni Piemme finora ha volutamente evitato qualsiasi tipo di polemica perché non rientra nel proprio stile di Casa Editrice di ispirazione cristiana rendere pubblica una controversia che coinvolge un'autrice della quale rispetta la vicenda personale e vocazionale. In seguito all'articolo de La Stampa, 26 ottobre, «Suor Germana. Guerra fra editori», Piemme è costretta ad intervenire in difesa del proprio buon nome e della propria correttezza. In più di dodici anni di rapporto editoriale, la signorina Martina Consolaro, più nota come Suor Germana, ha ricavato più di 2 miliardi di lire destinati non «per beneficenza», ma per le attività del Consultorio Punto Familia, che la Piemme ha sostenuto. La signorina Martina Consolaro ha risolto improvvisamente e unilateralmente il contratto per «L'AgendaCasa di Suor Germana», valido fino al 2006, nel febbraio 1996 quando doveva consegnare il suo contributo. La Piemme ha richiesto al tribunale una perizia tecnica preventiva sull'accertamento dei diritti dovuti per chiarire ogni dubbio sul suo corretto agire e si è rivolta conseguentemente al giudice delegato per ottenere la verifica della sua correttezza. L'avvocato della signorina Martina Consolaro, Luigi Pivetta, viceversa, anticipa la sua personale interpretazione come se fosse un giudizio definitivo, in maniera fortemente lesiva del buon nome della Piemme. La Piemme, infatti, ritiene che: a) alla data della rescissione unilaterale del contratto fosse in credito verso la signorina Martina Consolaro e il suo Consultorio di una somma superiore a lire 100 milioni per anticipi già versati; b) alla data del 30 giugno 1996, era ancora creditrice di una somma di circa lire 30 milioni; c) altre somme sarebbero eventualmente dovute non prima del 31 dicembre 1996. Citando testualmente la conclusione della perizia per l'accertamento dei diritti si legge che: «Per quanto attiene ai conteggi predisposti dall'Editore, nel corso degli anni, per le liquidazioni dei diritti e le quantità ivi esposte si è rilevato che tali dati sono sempre corrispondenti ai dati amministrativi contabili interni». L'Editore «anticipava costantemente il pagamento dei diritti maturandi» anche se non previsto contrattualmente. Per quanto riguarda la. diffusione della edizione de L'AgendaCasa di Suor Germana 1997 la Piemme attende, per correttezza, le imminenti decisioni dei giudici. Andrea Sarto Ufficio Stampa Piemme DuPont, Harvard e r«oncomouse» In riferimento all'articolo «Lo zoo che esce dalla provetta» su TuttoScienze del 16 ottobre, precisiamo che la DuPont non detiene il brevetto dell'«oncomouse», ma i diritti di licenza, ovvero di sfruttamento commerciale. L'«oncomouse», inoltre, è stato ottenuto non nei laboratori della DuPont ma in quelli dell'Harvard University, grazie a un programma di ricerca finanziato con una donazione della DuPont. Claudio Greco, Milano DuPont Italia Ali e l'Autorità per le comunicazioni Nella rubrica di Valeria Sacchi su La Stampa di ieri, la posizione di An sull'Autorità per le comunicazioni e quindi sulla privatizzazione della Stet viene accomunata, come «è ovvio» a quella di Rifondazione Comunista. Si tratta di un luogo comune che non trova alcuna conferma negli atti politici e parlamentari. Come si può facilmente accertare, An è infatti favorevole sia alla liberalizzazione del settore sia alla istituzione dell'Autorità avendo presentato, già prima dei pdl del governo in materia, una propria proposta di legge dal titolo inequivocabile «Norme per la promozione della concorrenza e dello sviluppo del mercato nel settore delle telecomunicazioni e disciplina dell'Autorità di garanzia per le comunicazioni» (atto Camera 1818, atto Senato 1130). Peraltro, nel dibattito in senato, il gruppo di An non ha manifestato alcun atteggiamento negativo, ha anzi proposto una serie di emendamenti migliorativi al testo del governo, tutti volti a rendere l'Autorità più snella ed efficiente, in piena sintonia con quanto espresso nei giorni scorsi dal presidente dell'Anti-trust Giuliano Amato, dal Garante per l'editoria Casavola e dal presidente della Commissione bicamerale di vigilanza Rai, on. Francesco Storace. on. Adolfo Urso Portavoce di Alleanza nazionale

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