Maranghi in aperta polemica con governo e Consob Mediobanca all'attacco di Valeria SacchiLeopoldo Pirelli

Maranghi in aperta polemica con governo e Consob Maranghi in aperta polemica con governo e Consob Mediobanca all'attacco «Non ci vogliono perprivatizzare» MILANO. Mediobanca non è mai stata chiamata a partecipare ai collocamenti per le privatizzazioni già realizzate in Italia, del valore di 25.000 miliardi. Lo ricorda con un certo puntiglio l'amministratore delegato di via Filodrammatici Vincenzo Maranghi. E aggiunge: «E' vero che noi siamo global coordinator per Enel e Stet, ma forse ci hanno dato l'incarico per queste operazioni nella speranza che non si facessero mai». Poi ecco la frecciata: «Così dicendo mi tolgo un sassolino dalla scarpa. Anche se io non ho scarpe da yacht e non ho partecipato alla crociera sul panfilo Britannia» (quell'incontro del 1992 che, secondo le cronache del tempo, fu occasione di accordi sulle privatizzazioni, n.d.r.). L'attacco di Maranghi al governo e al Tesoro arriva all'assemblea di Mediobanca, che approva il bilancio al 30 giugno 1996 e riconferma tutti i consiglieri uscenti ad eccezione di Leopoldo Pirelli, il quale ha chiesto di andarsene, e viene quindi sostituito da Marco Tronchetti Pro vera. E' un Maranghi severo che non risparmia nessuno, men che meno la Consob, rea di aver obbligato l'istituto all'Opa Ferfin, un'Opa «non condivisa dalle maggiori menti giuridiche». E che di nuovo attacca il decreto legge 323 del giugno scorso che penalizza i certificati di deposito, vanto e orgoglio dell'istituto. L'amministratore delegato deve confrontarsi quest'anno con un'assemblea un po' diversa, nel senso che la maggior parte degli interventi non viene dai soliti «professionisti» ma da azionisti che vantano pacchetti anche consistenti, gente che ha investito nell'istituto parecchie centinaia di miliardi. E che lamenta il calo dell'utile a 120 miliardi, il dividendo invariato a 200 lire e, soprattutto, la perdita di valore del titolo : 8212 lire contro le 19.000 del 1994, un ipotetico coinvolgimento dell'istituto nel caso Gemina, smentito subito dal presidente Francesco Cingano: «Nessuno di Mediobanca, tantomeno il dottor Maranghi, è coinvolto in questa cosa». Maranghi deve rispondere a chi invita Mediobanca a cambiare strada, a «prender atto che quello che si poteva fare ieri oggi non si può più fare», a «ricentrare l'attività dell'istituto sulla gestione ordinaria» dalla quale sono venute, nell'ultimo anno, le migliori soddisfazioni. A chi critica il costo dell'operazione Ferfin-Compart (oltre 800 miliardi), il sostegno a Gemina (70 miliardi di minusvalenza) e Olivetti. «Senza Mediobanca le condizioni del sistema industriale italiano sarebbero diverse, e in esso ci sarebbe una ben maggiore presenza pubblica. Abbiamo quindi qualche ragione di merito» puntualizza con orgoglio Maranghi. E sottolinea la schizofrenia di un mercato che vedeva a fine 1993 il titolo Ferfin a 2000 lire «quando ancora la società era solo all'inizio del suo processo di ristrutturazione» e oggi, quel processo ultimato, quota Compari sotto il nominale. Quanto all'aumento di capitale Mediobanca, di cui sono scaduti in questi giorni i termini, «pur in presenza di un meccanismo più flessibile» esso non ha potuto essere attuato a causa del difficile momento di Borsa «anche se le motivazioni di quella delibera restano valide». E per il titolo Mediobanca, sulla base dei 6500 miliardi di patrimonio e plusvalenze, Maranghi indica, oggi, un valore di 13.645 lire. Per Olivetti, infine, precisa che l'operazione sul capitale fu votata dagli azionisti praticamente all'unanimità. «L'aumento di capitale faceva parte di un piano complesso - spiega - ma i risultati della gestione ordinaria si sono rivelati poi diversi. Tuttavia è nostra regola non sostituirci mai nella gestione agli amministratori». Nei primi tre mesi dell'esercizio in corso il margine di interesse dell'istituto vede una flessione di 87 miliardi rispetto ai primi tre mesi del bilancio '95-96, a causa del calo dei tassi attivi e della debolezza del listino che è anche costata al portafoglio titoli una riduzione della plusvalenza netta a 1563 miliardi contro i 2165 di fine giugno. Valeria Sacchi Profìtti in calo nel bilancio '95-'96 Invariato il dividendo a 200 lire Primo trimestre con meno margini Nella foto grande Leopoldo Pirelli A sinistra, Marco Tronchetti Provera

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