Christopher: io ho fiducia Il cerchio ormai è rotto

Christopher: io ho fiducia Il cerchio ormai è rotto Christopher: io ho fiducia Il cerchio ormai è rotto IL SEGRETARIO DI STATO LWASHINGTON A politica mediorientale è stata fonte di frustrazione nel corso dei decenni tanto per le amministrazioni democratiche quanto per quelle repubblicane. A lei personalmente quanta frustrazione è costata e perché ha attribuito al problema una tale priorità? «Negli ultimi quattro anni, abbiamo visto in Medio Oriente più progressi che in ogni altro corrispondente periodo passato. L'accordo tra Israele e i palestinesi è stato un grande passo. La pace tra Israele e Giordania, un evento storico. Ma a parte questo, lo sviluppo dei rapporti fra Israele e gli arabi in genere, l'apertura di nuove relazioni, hanno avuto notevoli effetti. E perché questo è importante per gli Stati Uniti? Perché noi americani abbiamo interessi strategici nella regione». Non riconosce di essersi sentito frustrato, qualche volta? «Certo, i negoziati sono stati diffi- cili: le parti erano in lotta da lunga data, con guerre periodiche dopo il '48. Ma nel complesso, credo che siano i risultati ottenuti a meritare di essere ricordati». Che paragone farebbe tra il suo stile negoziale e quello del responsabile del Dipartimento di Stato per il Medio Oriente, Dennis Ross? «Entrambi facciamo molte domande e cerchiamo di aiutare le parti a superare i problemi, trovando una base comune». Non fate uno la parte del poliziotto buono e l'altro di quello cattivo? «No, siamo buoni tutti e due». C'è stato quel famoso incidente in aprile, quando lei, esasperato dal presidente siriano Hafez el-Assad, chiuse con violenza la sua valigetta. Fu tattica negoziale o pura emotività? «Quel che posso dire è che ottenemmo granai risultati in quella settimana. Abbiamo migliorato la comprensione fra le parti riguardo al problema della sicurezza del Nord di Israele, e promosso un accordo di monitoraggio che ha funzionato molto bene». I suoi rapporti personali con gli altri leader sono stati una grossa risorsa. Nell'ultimo vertice, lei è riuscito a rabbonire Arafat quando la sua frustrazione stava per esplodere. Come ci è riuscito? «Quella mattina volevo convocare un meeting con i principali consiglieri delle due parti. Chiamai Arafat, che rni disse: "Non sono sicuro che combineremo qualcosa di buono". Io ribattei "vede, signor Presidente, dobbiamo fare in modo che il processo di pace continui e ho fiducia che se lei manderà qui Abu Mazan (un collaboratore del leader dell'Olp, ndr) il colloquio sarà positivo". Mi rispose "va be¬ ne, allora lo mando". Era un momento in cui Arafat desiderava essere rassicurato sulla possibilità di ottenere risultati positivi, e credo che il rapporto che ero riuscito a instaurare fra noi, la fiducia che nutre in Dennis e in me, siano stati fondamentali nel convincerlo a darmi una risposta positiva». Si dice che Arafat chiami Ross «Dennis». «E' vero. E con un tono di affetto». E invece come chiama lei? «Qualche volta, "signor Segretario". E spesso, addirittura, "Vostra Eccellenza!"». E' passato da poco l'anniversario del delitto Rabin. Che riflessioni le ha ispirato? «Ho provato un tremendo senso di perdita. Non andavo mai in Israele senza passare a cena a casa sua. Era questo, spesso, il modo in cui facevamo progressi nelle trattative. Passerà tempo prima che un'altra persona con quell'insieme di qualità sappia infondere negli israeliani quel senso di fiducia che Rabin sapeva dare». Come risponde a chi la accusa di aver prestato troppa attenzione al punto di vista di Damasco? «Penso che sia stato tempo ben speso. Dobbiamo essere pronti ad assumerci i rischi e a fare i sacrifici necessari alla pace. Gli israeliani hanno desiderato a lungo negoziati con la Siria. Noi li stiamo conducendo per loro». Come descriverebbe la sua eredità politica in Medio Oriente? «In sintesi, il risultato è che Israele ha rotto il cerchio che lo cingeva quando entrai in carica, sui lati palestinese e giordano. Consideri quante cose sono cambiate. E' un processo ancora ih corso e quello che spero è che prosegua anche se dovessi lasciare l'incarico». Melinda Liu Tara Sonenshine Copyright «Newsweek» e per l'Italia «La Stampa» «Quando sono entrato in carica Israele era completamente isolato E il processo continua» 1 I [ ^ ; Il segretario di Stato americano Warren Christopher resta ottimista

Persone citate: Arafat, Dennis Ross, Melinda Liu, Rabin, Warren Christopher