« Abbiamo catturato gli invasori ruandesi»

« A Continua l'apocalisse dei profughi: gli uomini della Croce rossa fuggono da Bukavu « Abbiamo catturato gli invasori ruandesi» «Prigionieri» alla tv zairese CYANGUGU ,1 L 4 settembre i soldati sono ■ venuti a casa mia con un mandato d'arresto emesso dal servizio d'informazioni militare. Oltre al mio nome, c'erano quelli del presidente e di altri due dirigenti della mia Comunità. Mi hanno preso e sbattuto in cella. Siamo stati pestati, torturati. Ci chiedevano dove fossero i nostri amici. Il 5 settembre, hanno rastrellato tutti i banyamulenge di Uvira. Nella mia cella eravamo in 40, uomini e ragazzi sopra i dieci anni, in uno spazio di 9 metri per 2. Non si poteva dormire. Siamo rimasti dieci giorni senza lavarci e senza uscire, e quasi senza bere». Le case degli arrestati sono state saccheggiate. Donne e bambini trascinati alla gendarmeria e rinchiusi in container. «Mentre ci picchiavano, ci ripetevano: siete indesiderabili. Noi rispondevamo: ma siamo zairesi. Un mattino, il commissario di zona ha diretto una riunione a dieci minuti dalla prigione. Parlava al megafono, diceva che si dovevano ammazzare tutti i tutsi». Dietro pressione del Comitato internazionale della Croce Rossa (Cicr), i cui funzionari visitano i detenuti, le donne e i bambini vengono trasferiti alla sede dell'Alto commissariato dell'Onu per i rifugiati. Qui, però, vengono minacciati da individui che dicono di essere miliziani hutu, rifugiati dal Ruanda. Li si bersaglia di pietre. Allora l'Alto commissariato decide di portare le donne e i bambini tutsi fuori dalla città. Vengono condotti al campo di Sange, sotto la protezione di militari zairesi inquadrati dall'Alto commissariato. Quanto agli uomini, restano in galera. «Più tardi, ci hanno fatto salire sui camion di un'Organizzazione non-governativa, "Care". Era strano. Tutto era tranquillo. Si vedevano in strada bambini che andavano a scuola. Quanto agli adulti, ci guardavano con aria inquieta, ma avevano paura». Rumenge Madaga fa parte del primo dei tre convogli di banyamulenge che riescono, in settembre, a passare la frontiera. Ha avuto la fortuna, se cosi si può dire, di essere riconosciuto dai servizi d'informazione zairesi. Suo padre era un responsabile regionale, ucciso negli Anni Sessanta dai ribelli di Pierre Mulete tanto per la sua fedeltà a Kinshasa quanto perche i ribelli attaccavano gli allevatori banyamulenge. Nel 1964 Rumenge, allora quindicenne, è stato arruolato dai governativi per combattere i mulelisti. La sua posizione nella Comunità banyamulenge gli conferisce poi una certa visibilità. Tutti gli altri che hanno cercato di fuggire da Uvira sono scomparsi senza lasciare tracce. I camion arrivano al posto di frontiera zairese di Kamanyola. «Li hanno ucciso uno di noi, un ven- tenne che chiedeva da bere. Noi siamo stati derubati, ci hanno preso tutti i bagagli, e anche le scarpe. Poi i soldati zairesi ci hanno chiusi in una casa, di cui hanno bloccato ogni uscita con delle assi. Ci hanno promesso la morte. Eravamo rimasti in 38. Il presidente delia mia Comunità aveva subito tali torture che non riusciva più a muoversi. Lo hanno lasciato fuori». Le donne e i bambini passano la frontiera. I soldati zairesi incaricati della loro protezione non si preoccupano della sorte degli uomini. «Per fortuna, è arrivata una gran pioggia. Fra le guardie di confine c'era un ragazzo che conoscevamo. Si è avvicinato di nascosto mentre i soldati derubavano un gruppo di persone arrivate dopo di noi. Ha scassinato la porta. Siamo scappati e abbiamo attraversato la frontiera di corsa. Non si sono accorti di niente, erano troppo occupati a disputarsi i bagagli. Quelli arrivati dopo di noi sono stati uccisi. Gli altri convogli non hanno trovato che sangue. Hanno anche visto il cadavere di Rukenurwa Ndatbaye, il nostro presidente». Rumenge Madaga arriva al campo di Bugarama il 14 settembre. Ritrova sua moglie e i figli. Si accalora contro la comunità internazionale che non ha ascoltato gli appelli dei tutsi. Il conflitto con i rifugiati ruandesi dopo il 1994, la risoluzione adottata dal Parlamento zairese nell'aprile 1995 che ha trasformato i banyamulenge in cittadini di serie B, i discorsi di odio del presidente del Parlamento Anzuluni Bembe preconizzavano, secondo Rumenge, il disastro: «Tutto questo non aveva che un obiettivo. Escluderci. Dalla terra, dal processo elettorale. Non potevamo costruire altre case, mentre i ruandesi arrivati nel '94 ne costruivano sotto i nostri occhi. E intanto, ci uccidevano». Marie-Laure Colson Copyright «Liberation» e per l'Italia «La Stampa» KINSHASA. La televisione dello Zaire ha mostrato dieci «prigionieri di guerra» ruandesi catturati nel corso di combattimenti nello Zaire orientale. I dieci sarebbero i membri di un commando che si apprestava a compiere un attentato all'aeroporto di Bukavu, nella zona al centro di scontri tra le forze annate zairesi e irregolari tutsi. Lo Zaire ha accusato più volte i vicini Ruanda e Burundi - entra min' con regimi dominati dai tutsi - di fomentare gli scontri e di avere inviato anche soldati in territorio zairese. Il presidente ruandese Pasteur Bizimungu ha negato di prestare supporto militare ai ribelli tutsi deilo Zaire, noti come banyamulenge. Ha invece ammesso che fornisce loro un sostegno morale poiché a suo parere essi rischiano di venire sterminati. La situazione dei trecentomila profughi in fuga diventa sempre più drammatica: a Bukavu, capoluogo della provincia del Kivu, nello Zaire orientale, regna la totale anarchia e gli ultimi sei rappresentanti della Croce Rossa sono stati costretti a fuggire. Il leader dei tutsi Paul Kagamc

Persone citate: Laure Colson, Pasteur Bizimungu, Paul Kagamc

Luoghi citati: Burundi, Italia, Kinshasa, Ruanda, Zaire