LA MALATTIA «Grigi i colori della mia vita»

LA MALATTIA LA MALATTIA «Grigi i colori della mia vita» BRUGHERIO I LL'amico di tutta una vita, \ il mercuriale Comisso, Torri mai vinto De Pisis, dalle A*J ostili stanze asettiche della clinica di Villa Fiorita, invia questo tremulo cencio sventolante di melanconico messaggio, che pare strappato a una sua tela: «Caro Divino Giovanni, scusa il mio silenzio, ma sono stato tanto male, con queste sacrées cures e thérapies infernalesW. Ora sto meglio e dipingo come un angelo». Gli ultimi anni malati, tra insostenibilie emicranie e temibili elettrochoc, sono l'oggetto di una toccante mostra aperta sino al 24 novembre alla Biblioteca Civica di Brugherio. «Grigio, il colore stesso della mia vita». Ed è straziante, sulla testoriana «via per Imbersago» alle porte ormai disastrate della periferia di Milano, tornare in pellegrinaggio a ritrovare i luoghi che furono di De Pisis, tra il «malfermo tavolino della Latteria Beretta» oggi trasformata in un post-modern Caffè Mozart e la serra-atelier di Villa Fiorita, maquillata ora in austero Municipio. E vedere impolverata di cemento e cascami di fabbrichedormitorio, la campagna monzese dove lui s'avventurava irritato e fremente, con infermiera alle spalle e le stoviglie del pittore, a sfuggire la quotidiana mannaia dell'emicrania. Quasi un Van Gogh padano, la febbrile esuberanza espressiva fiaccata dall'insulina e dalla tragica consapevolezza d'essersi «speso» ormai definitivamente. Ma se il cortile di prigione di Van Gogh era attraversato da gorghi, da vortici d'energia, basta guardare quello della clinica dipinta da Pisis (ora si firma desolantemente così, senza nemmeno più l'appigbo del «de» nobiliare), basta annusare quei disarticolati spondei nerastri sul cielo che sono le tegole, quelle campiture vuote di compensato che alludono alle nuvole, per capire che l'elettricità del suo «furore disperato» di bellezza, si è come attutita per sempre: folgorata. Tra «lievi frustate di pennello», come ricorda felicemente Naldini. Ora, nella sua lucidissima malattia, stacca le cose, rompe la sintassi: nella sua esasperata fame di forme, una desolata pianella da malato trova posto in una natura morta, tra l'uva e le noci, piroscafo incagliato di desolazione, su quell'altare infelice del tavolo da malato. «De Pisis 1/2 morto», scrive su una tela, «sto malissimo», firma. Nemmeno più i colori. E licenzia quel folgorante capolavoro del calamaio, brinato di bianco, monocromo di disperazione, quasi un arabesco zen. De Pisis, Bernini del vuoto, [m. vali.] Marisa Vescovo

Luoghi citati: Brugherio, Imbersago, Milano