L'ossessione americana di due outsider di Alberto Papuzzi

Anche Clemente coinvolto nella sfida Al Castello di Rivoli le sorprendenti opere nate dalla collaborazione fra Warhol e Basquiat L'ossessione americana di due outsider Anche Clemente coinvolto nella sfida M— TORINO A che cos'è l'America? Il logo rotondo della General Electric scaraboc Ichiato e colorato con grandi banane, disegni infantili, maschere africane, volti di mostricciattoli, scritte slang, come in Keep Frozen (Conservare surgelato), Bananas o Polizia. O la esse maiuscola simbolo del dollaro, che diventa anche l'emblema di Superman e l'abbreviazione gergale di Sanie old shit, la solita vecchia merda. O una gigantesca motocicletta bianca e rossa su campo azzurro (cm. 452 x 295), con stilizzati ominidi, forse extraterrestri, forse esotici (Motorbike). O la serigrafia di una sfilata di bagnanti cui si sovrappongono giallastri pastelli di nudi maschili con macabri sorrisi e sessi esposti (Cilindrane). La mostra «Collaborations», al Castello di Rivoli, fino al 19 gennaio, che presenta un gruppo delle opere realizzata a quattro mani, una decina d'anni fa, da Andy Warhol e JeanMichel Basquiat (da noi finora mai viste), non è soltanto il documento di una eccentrica storia, che in qualche modo chiudeva un'epoca, non è soltanto un match fra personalità che simboleggiano opposte interpretazioni dell'arte pop, ma è lo specchio della contaminazione di linguaggi e di background, è la riproduzione dell'equivoco, nei messaggi e nei consumi, che chiamiamo America: l'impaginazione codi di Warhol e la verbosità hot di Basquiat spalancano tunnel che penetrano nel cuore della cultura statunitense. I riferimenti all'attualità sono frequenti, in particolare ai contrasti sociali e politici dell'era reaganiana, come sottolinea il curatore del catalogo Tilman Osterwold. Gli anelli ohmpici e i profili di Reagan, tracciati da Warhol a più riprese e in più colori, in Olympics (Olimpiadi), sono contrastati da Basquiat «con volti diabolici e grotteschi» e la beffarda iscrizione del deficit dei giochi nella testa del presidente. Ma non solfo tanto i riferimenti specifici che colpiscono il visitatore, quanto l'ossessione sia di Warhol sia di Basquiat di assorbire e risputare fuori valori, enigmi, logiche di una cultura capitalista dominata dai media. In questo senso la mostra è anche una finestra sull'America. La collaborazione si allargò, per un breve periodo, a un terzo artista: Francesco Clemente, esponente della Transavanguardia, trasferitosi allora da Napoli a New York. Il suo contributo tende a creare un terzo stile, in cui integrare la serialità di Warhol e la nevrosi di Basquiat in una maniera europea più raffinata ma meno aggressiva (come in Puro o in Pole Star). In realtà la scintilla della mostra è la sfida tra i due outsider dell'America multietnica: il figlio di immigrati slavi, cattolici e piccolo borghesi, cresciuto nel ghetto operaio di Pittsburgh, e il figlio di un contabile haitiano e una portoricana, fattosi strada giovanissimo nel precario mondo dell'underground artistico newyorkese. Warhol aveva allora 56 anni, Sarebbe morto solo tre anni dopo. Basquiat di anni ne aveva 24. Sarebbe morto, di overdose, un anno dopo Andy. In una delle loro tele. Florida, non esposta a Rivoli, l'apporto di Warhol si era limitato alla riproduzione della pubblicità di un viaggio in Florida al costo di 79 dollari. Oltre a una violenta macchia gialla, con neri musi di pinguini e neri cappelli a cilindro - ricorrente allusione ai jazzmen e alla muscia afroamericana -, l'irrequieto Basquiat ci aveva messo, in alto, in rosso, questa scritta: «Hey! Suckers»: Ehi! Creduloni. Riproduzioni seriali di marchi aziendali e pubblicità contaminate da una verbosità nevrotica <<'3<iramoun,:>>' del 1984, una delle opere a quattro mani di Warhol e Basquiat Alberto Papuzzi