Se il governo non trova la bussola politica di Alfredo Recanatesi
Se il governo non trova la bussola politica F OLTRE LA LIRA =1 Se il governo non trova la bussola politica alla fine, anche questo governo, stretto in una manovra di rilevante consistenza, ha finito per cercare la quadratura dei conti nei risparmi della spesa per gli interessi sul debito. E' questo il senso dell'accordo raggiunto con gli esponenti della maggioranza venerdì notte per addolcire la manovra fiscale - Irep e tassa per l'Europa - con «risparmi su oneri di natura finanziaria». Escluso che con questa dizione, non priva di ambiguità e, forse, anche di qualche ipocrisia, si possano intendere risparmi per riduzione (ad esempio con privatizzazioni) o per ristrutturazione del debito (ad esempio con una conversione delle emissioni a tasso fisso elevato), il suo significato non può essere che quello di mettere in conto i risparmi determinati dalla riduzione degli interessi. Niente di male, si dirà, dal momento che la riduzione dei tassi c'è, è consistente, ed incide rapidamente poiché una rilevante quota del debito pubblico è in titoli dalla vita corta o a tasso variabile. E invece quella dizione lascia intendere una operazione assai opinabile, comunque equivoca, tanto che il ministro del Tesoro ha avvertito l'opportunità di correggere l'interpretazione che ne è stata subito data confermando che la manovra complessiva non sconta risparmi futuri che dovessero essere determinati da riduzioni dei tassi di interesse. Sembra una questione di dettaglio, ma ha invece una rilevante sostanza politica. Fin da quando cominciò il lavoro su questa legge finanziaria, Ciampi fece un punto di correttezza e di trasparenza della esclusione da ogni conto previsionale dei risparmi sugli interessi. Come ex governatore che tanto s'impegnò per definire ed affermare una reale autonomia della Banca d'Italia, sa bene che scontare nella politica di bilancio decisioni che attengono la politica monetaria significa inevitabilmente mescolare questa con quella. Significa, quindi, coinvolgere il ruolo della Banca d'Italia in una funzione politica, che implica scelte politiche, e che come tale è condizionata all'acquisizione del consenso. Per la Banca d'Italia, la cui autonomia riposa proprio sulla franchigia da ogni problema di consenso, si tratterebbe di un sostanziale snaturamento della funzione che, nella dialettica dei poteri sui quali si articola l'ordinamento statale, può essere efficiente e credibile solo in quanto rivolta esclusivamente all'adempimento del suo compito istituzionale, quello della salvaguardia della stabilità della moneta. Insomma, non può gestire il tasso di sconto se il governo stabilisce una relazione diretta ed esplicita tra il livello di quel tasso e l'applicazione o no di una imposta, o la riduzione o no di una spesa. Si capisce, quindi, come Ciampi abbia voluto liberare sollecitamente il campo da una siffatta ipotesi o interpretazione dell'acI cordo di venerdì notte. Ma se I l'interpretazione corretta non è questa, quella corretta qual è? Potrebbe essere quella secondo la quale si considerano i risparmi che derivano dalla riduzione che i tassi hanno già avuto. Non è cosa da poco, l'abbiamo detto. Ma, se di questo si tratta, allora dovrebbero essere corrette le previsioni di disavanzo e l'importo dell'aggiustamento che di conseguenza deve essere realizzato; e non sembra proprio che l'accordo si basi su una ipotesi del genere. Insomma, ancora un episodio poco chiaro riconducibile alla mancanza nel governo di un disegno politico che costituisca non solo la bussola della sua azione, ma anche un forte paradigma per l'aggregazione del consenso. Senza una connotazione politica forte ed esplicita, tutto diventa contestabile, e può anche diventare ovvio che il governo possa essere dipinto come «ostaggio di Bertinotti» e trovarsi ad un tempo sull'orlo di una rottura con i sindacati. Oppure, che tanto per equilibrare l'imposizione di una tassa con qualche risparmio, si finisca per ricorrere a generici «oneri finanziari» senza neppure accogersi di urtare contro un principio del quale il ministro del Tesoro, distinguendosi dai suoi predecessori, ha fatto una bandiera. Mancando una bussola politica, obiettivi strumentali come il risanamento finanziario o l'entrata nell'Unione europea vengono presentati come obiettivi finali che la gente non sente, ed avversa quando nel loro nome viene chiamata a pagare. E così, a proposito di tassi, capita anche che neppure ci si accorga come, mentre si litiga su misure di qualche migliaio di miliardi, per la prima volta da quindici anni a questa parte la rendita finanziaria si stia finalmente intaccando, incominciando a ridurre l'effetto regressivo sulla distribuzione del reddito col quale ha frenato e frena la crescita della nostra economia. E' un reddito di decine di migliaia di miliardi l'anno che sta cambiando destinazione, ma sembra una questione irrilevante per i sindacati, fermi su rivendicazioni che rischiano di fermare questo processo, per Bertinotti, che continua con la storia della patrimoniale, e per lo stesso governo che, sciupando l'opportunità di dare a questa pur consistente trasformazione un respiro politico che ne distingua l'azione da quella di ogni altro governo, non riesce a scavalcare la conflittualità, le contestazioni ed anche le contraddizioni nelle quali si sta impantanando. Alfredo Recanatesi esi |
Persone citate: Bertinotti, Ciampi
Luoghi citati: Europa
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