«Il Tg2 non vale un matrimonio» di Alain Elkann

Il direttore del telegiornale di Raidue si lamenta: «Non riesco a spegnere il cellulare» Il direttore del telegiornale di Raidue si lamenta: «Non riesco a spegnere il cellulare» «Il Tg2 non vale un matrimonio» «Sono prima padre e marito, poi un giornalista» CLEMENTE J. MIMUN IMUM, a che ora si alza la mattina? ((Alle sette e un quarto al massimo». E il suo primo gesto? «Andare a vedere i bambini, poi accendere la radio e ascoltare il gr, prepararmi il caffè e poi barba e doccia». E a che ora arriva al telegiornale? «Alle nove e mezzo perché prima accompagno i miei figli, Simone di sei anni e Claudio di cinque, a scuola». E quando cominciano le telefonate? «Alle otto. Il telefonino è un'angoscia permanente. Rischia di far saltare i rapporti. Se provi a cenare con calma in famiglia, quello continua a trillare». Allora perché non lo spegne? «Un direttore di giornale e, meno che mai, di un telegiornale Rai non può spegnere il telefonino». Ma le telefonano i politici? «Raramente. Generalmente, se lo fanno, è per segnalare qualche iniziativa o qualche convegno, ma niente di più. Io ho fatto il giornalista al Tgl per otto anni e stavo alla redazione politica. Devo dire che non c'è nessun rapporto tra com'era allora e com'è adesso. Il governo chiama poco o nulla, l'Ulivo poco o nulla e il Polo poco o nulla». Ma lei è berlusconiano? «Non ho mai voluto dichiarare per chi voto, ma non ho mai smentito che voto per il Polo». Lei è stato visto più volte alla partita con Fini. ((Anche con Martelli e con D'Alema, però. Io sono laziale. Io seguivo per molti anni, come giornalista, il partito comunista. Andavo alle conferenze stampa di Berlinguer. Poi Berlinguer lo vedevo allo stadio e lì parlavamo serenamente perché sapeva che non avrei mai usato quelle confidenze per il lavoro. Lo stadio è un porto franco perché lì si va a vedere il calcio». Mi parli delle sue Rai. «Era una Rai molto diversa in cui il direttore del Tg era considerato un personaggio molto carismatico e c'era un rapporto di grandissimo rispetto. Al¬ lora era come West Point. Oggi i rapporti sono molto meno formali, ma non credo che questo sia un bene». Lei vuol dire che non incute rispetto? «Sì, incuto rispetto, anche se ho confidenza con tutti, dall'ultimo praticante fino ai vicedirettori, ma sono cambiati i tempi». Lei oggi è contento? «Lo sono sul piano personale perché vedo crescere bene i miei figli, ma sul piano professionale, realizziamo un Tg che è appena al cinquanta per cento delle sue potenzialità». Dalla carta stampata, molti vengono nei Tg. Lei vuole andare verso la carta stampata? «Siccome questo è sicuramente il mio ultimo mandato al Tg2, per almeno un anno, dopo, vor- rei fare dell'approfondimento giornalistica con un programma tutto filmato. Poi potrei pensare alla carta stampata». Insomma, Mimun, lei si descrive soprattutto come un padre. E come marito? «Sono un disastro. Mia moglie, per prendermi in giro, mi trova talmente occupato e concentrato certe volte in casa che mi chiama da casa sul mio telefonino. Così pensa di potermi finalmente parlare!». Teme di più per la precarietà delle direzioni Rai o del suo matrimonio? «Certamente per il mio matrimonio». Alain Elkann II direttore del Tg2, Clemente J. Mimun

Persone citate: Berlinguer, D'alema, Mimun, West Point