L'interminabile crepuscolo del Leopardo di Kinshasa

IL DESPOTA MOBUTU L'interminabile crepuscolo del Leopardo di Kinshasa IL DESPOTA MOBUTU LO Zaire di fine millennio? Rischia di assomigliare alla Somalia (o alla Liberia); ma con 54 milioni di abitanti, duecentocinquanta etnie, un sottosuolo ricco come una cassaforte, e trent'anni di miserie, violenze e ruberie che lo deturpano come una cicatrice. Nelle Cancellerie, da anni, il dopo Mobutu provoca brividi di terrore. E infatti lui, «il leopardo», da trent'anni naviga a vista, recitando quando sente brontolare l'uragano, una semplice formuletta ricattatoria: «O me o il caos». Belgio, Stati Uniti e Francia, che con Mobutu hanno fatto (sporchi) affari d'oro, continuano a rispondere allo stesso modo: meglio tenersi questo astuto brigantesco manipolatore delle etnie, abilissimo nell'addomesticare il caos. L'alternativa sarebbe l'ennesima, esplicita tragedia africana a cui lanciare la costosa zattera del colonialismo assistenziale. Mobutu osserva la nuova tempesta dalla confortevole plancia del numero 120 dell'Hotel «Beau Rivage» a Losanna, controllato a vista dai creditori che non si rassegnano a dare per perduti i tredici miliardi che il despota africano continua a non restituire. Lo hanno appena operato per un tumore alla prostata, è sottoposto a chemioterapia. Per la prima volta l'ipotesi che la storia dello Zaire possa imboccare una strada diversa dagli interessi privati di questo artista della sopravvivenza politica è concreta. Sarebbe un progresso; se lo scenariu non fosse terrificante. Perché lo Zaire è la conferma che il caos può rappresentare, quando viene pianificato, una efficace forma di governo. Il Paese, che nel '91 aveva iniziato una improbabile transizione verso la democrazia, in realtà non esiste. Sotto la fragile coperta di una Costituzione che ha proclamato la struttura fe¬ derale, le varie province, dominate da etnie impegnate in sanguinose operazioni di reciproca pulizia etnica, sono di fatto indipendenti. Da cinque anni Mobutu non governa più e vive nelle sue ville di Gbolite e di Kawele. Ma i vari primi ministri, capi della presunta «opposizione» promossi in questi anni al potere, sono ossequiosi baroni del partito unico che non controllano nulla, perché l'amministrazione si è disintegrata. I partiti politici sono 450 ma non rappresentano nessuno. Funzionari e dipendenti pubblici, senza stipendio, si fanno pagare direttamente dai cittadini per rilasciare certificati, documenti e francobolli. Identificare l'esercito regolare è piuttosto complicato perché i soldati si mettono in borghese per dedicarsi a lucrosi saccheggi, mentre i banditi indossano divise. L'economia è un ricordo: la moneta, lo zaire nel '67, si cambiava a due dollari, adesso per avere un biglietto verde ne occorrono diciassettemila. L'unica voce in crescita sono i casi di Aids e le epidemie. Anche perché i malati devono portare in ospedale siringhe, lenzuola, medicine e bisturi per il chirurgo. Alcuni che non hanno regolato il conto sono stati tenuti in ostaggio per alcuni mesi. Il futuro dello Zaire forse è tutto in una preposizione: da «Mobutu o il caos» a «Mobutu e il caos». [d. q.] Un Paese nel caos Le etnie ormai indipendenti si massacrano Profughi hutu in fuga nel Kivu e Mobutu Sese Seko da 30 anni dittatore dello Zaire