Liga Veneta e lega Nord divise alla meta

6 Primo congresso a Vicenza dopo la Padania. E Bossi da Milano: è cominciato l'ultimo anno dell'Italia Ligq Veneta e lega Nord, divise alla meta La prima pensa al governo, la seconda alla lotta VICENZA DAL NOSTRO INVIATO «Il problema è che qui abbiamo un consenso che non è, con tutto il rispetto, quello della Lega nelle Marche...». Fabrizio Comencini, il segretario della Liga Veneta, ora che l'ha detto può guardare chi gli sta accanto, Roberto Maroni. E sempre con tutto il rispetto, visto che alle ultime elezioni era proprio Maroni il capolista nelle Marche, nemmeno il 2% dei voti. C'era una volta la Lega Lombarda, la potentissima. Ora c'è la Liga Veneta, la votatissima, primo partito con il 30 per cento , 36 a Vicenza, 42 a Treviso, sondaggi di Forza Italia che la danno in crescita costante. E se abbiamo il consenso, dice Comencini, perché non governare? E' il primo congresso leghista dopo la nascita di Padania, un mese e mezzo fa. Maroni, appunto, è qui come ministro della Padania. Sa bene, come lo sa Comencini, che quel che deciderà la Liga Veneta potrà condizionare tutta la Lega. E il nodo è sempre nella frase di Comencini. E' nata la Padania, ma la Liga qui è troppo forte per non pensare ad accordi di governo in Regione. Accordi con Forza Italia, che da tempo preme. 0 con An, che ha sondato i propri elettori veneti (28% indipendentisti) e manda qui il deputato Nicola Pasetto. Comencini la riassume così: «Noi, dopo la nascita della Padania, ci siamo trovati in difficoltà con comunisti, ex comunisti e Verdi che hanno cacciato i nostri assessori dalle giunte, chi è indipendentista fuori. Dunque non siamo noi ad escluderli, sono loro a dire che non ci vogliono. Ma qui la Liga ha un consenso enorme e tutti, dagli industriali ai commercianti e perfino la Chiesa, ci sollecitano ad assumere responsabilità di governo. Bene: vogliono sapere cosa ne pensiamo? Primo: riconoscano il diritto all'autodeterminazione dei popoli. Secondo: ne discutiamo a questo congresso e comunque non faremmo la ruota di scorta». Ormai è quasi sera e, a Milano, Bossi ha appena finito il suo comizio quotidiano, tema «E' iniziato l'ultimo anno per l'Italia». Chissà se pensava al Veneto quando ha detto «spesso chi si muove troppo nella Lega lo fa per questioni di potere, e poi si vede...». Oggi Bossi sarà qui: impensabile un suo sì. Al congresso è già arrivato Maroni. Ottenere il riconoscimento all'autodeterminazione in cambio dell'entrata al governo della Regione? «Attenti, amici. A parole, pur di non mollare le poltrone, so- no pronti a concederci di tutto. Riconoscano invece la legittimità della Padania». Al microfono salgono i 324 delegati dei 9 mila 290 iscritti e 1200 sindaci e assessori e consiglieri. Enrico Cavaliere, altro ministro padano, dice no: «Sarebbe come abbracciare il peggior nemico». Giampaolo Dozzo ricorda che a Roma, l'altro giorno, hanno votato tutti per l'autorizzazione a procedere contro Bossi. E Comencini si fa ancora più cauto. «E' ancora tutto nell'astratto», dice: «Io sono d'accordo con buona parte delle cose dette da Maroni. Ma allora cosa dobbiamo fare, non presentarci nemmeno alle prossime elezioni comunali? Capisco che è un problema che avrà una riso¬ nanza nazionale, ma il problema è che qui abbiamo un consenso che non è quello delle Marche». Sul palco di Venezia, il 15 settembre, Comencini c'era. Commosso e convinto ha giurato fedeltà a Padania. Due settimane fa, in polemica con l'ex responsabile veneto delle Camicie Verdi leghiste, si era dimesso per una giornata e mezza. Il suo è un ruolo scomodo, tenere assieme anime diverse e un consenso record. Ma ora la mediazione dovrà essere con Bossi. A Vicenza, Comencini parla di possibili alleanze di governo. A Milano, Bossi risponde che ormai non ce n'è più per nessuno, che «è in arrivo un blocco d'ordine» e gli amministratoli leghisti dovranno far sparire addirittura le targhe di «Via Roma» o «Piazza Italia». «L'affermazione del principio di autodeterminazione è l'elemento discriminante e irrinunciabile per qualsiasi rapporto con le altre forze politiche e con gli attori sociali», legge Comencini. Bossi, da Milano, però insiste su Padania: le uniche elezioni che lo interessino sono quelle per il Parlamento padano. Ma anche per Bossi l'incontro di oggi con il maldipancia del Nordest non sarà facile. Dice Silvano Polo, sindaco nel Veronese: «Siamo proprio sicuri che sulla rottura dello Stato tutti la pensano allo stesso modo?». Giovanili Cerniti Il leader della Lega Nord Umberto Bossi