Il filone dei giudici si stacca dalla Spezia di Vincenzo Tessandori

Il filone dei giudici si staceli dalla Spezia Il filone dei giudici si staceli dalla Spezia L'INCHIESTA PASSA A PERUGIA LA SPEZIA DAL NOSTRO INVIATO L'inchiesta si è spaccata. Previsto, d'accordo, ma veder prendere il largo a una cospicua fetta di lavoro non ha reso felice il pm Silvio Franz, che assente Alberto Cardino, l'altro dioscuro, ha fatto gli onori di casa a Fausto Cardella, pm e reggente la procura di Perugia. «Sì, se n'è andato il filone che riguarda i magistrati», ammette Franz, che subito precisa: «Tutti i magistrati. Per ora vanno a Perugia. L'inchiesta la faranno loro. Certo, se emergeranno altri fatti... Beh!, intanto il lavoro non manca». Il resto rimane qui: «Non si può dividere un'inchiesta su un'associazione per delinquere». Gli fa eco il gip Maria Cristina Failla: «I pm non hanno alcuna intenzione di smembrare l'inchiesta». Il dottor Cardella alle 8,30 ha varcato la soglia del brutto palazzo rosa. Tre ore più tardi appariva soddisfatto, due faldoni sottobraccio e una ventiquattr'ore ri¬ gida in mano. «Abbiamo parlato di questioni comuni al nostro ufficio, ma non amo dilungarmi sulle inchieste in corso». Ma vi siete presi i documenti? «Se li avete visti...». Li abbiamo visti. E così, sono emigrate le carte intestate ai magistrati romani Renato Squillante, ex capo dei gip; Elio Cappelli, capo della pretura; Augusta Iannini, gip; Ettore Torri, procuratore aggiunto; Giorgio Castellucci, pm. E poi, quelle di Orazio Savia, procuratore di Cassino; di Roberto Napolitano, fino al momento dell'arresto procuratore a Grosseto, e Pietro Federico, procuratore circondariale presso la pretura, lui pure di Grosseto. Tutti sospettati di infedeltà alla toga, insomma, di corruzione. Venerdì era stato il gran giorno di Lorenzo Necci. L'ex amministratore delegato delle Ferrovie si era preparato con cura all'incontro con i magistrati. Secondo il difensore Paolo Masseglia, preoccupato soprattutto di far capire quale tipo d'uomo sia: in altre parole, sì, d'accordo, i 20 milio.i mensili, «ma si doveva spiegarli, quei denari, e per farlo Necci ha raccontato il suo passato, la sua vita, perché solo così è possibile capire l'esistenza di quest'uomo: l'uomo del progetto, mio di grandissima dignità. Ma un uomo solo». Non un avido all'eterna ricerca di lire? «No. Del resto la sua situazione patrimoniale è disastrosa». Ma i soldi da Chicchi Pacini Battaglia li prendeva? «Questo lo ha ammesso sin dal primo momento». Sulle ragioni di quel «prestito» il legale non ha dato spiegazioni, quasi che l'ex re dei treni fosse in qualche' modo prigioniero, ostaggio o chissà che cosa dei metodi e dei disegni dello «gnomo» di Ginevra. Avvocato, Necci era ricattato? «Questo non lo posso affermare». L'interrogatorio, durato quattro ore e mezzo, e registrato su nastro, non ha soddisfatto tutte le curiosità del pacato dottor Cardino (per cui ne seguirà un altro). Il capitolo Contship e gli altri toccati non hanno fatto mutare parere agli inquirenti, del resto qualcuno ha detto che mia cartina di tornasole della situazione di un indagato sono i provvedimenti di custodia cautelare: in altre parole, se non esci di galera è difficile che la tua situazione sia alleggerita. E almeno per il momento Necci rimane nella sua cella a Villa Andreine Ha cominciato a parlare di sé, per il momento, ma i pm non rinunciano all'idea che possa farlo anche di altri e degli affari e malaffari combinati a spese della comunità. «Sulle spalle della gente non mi sono arricchito», - ha tuttavia protestato l'«avvocato». Mentre il pm Franz cedeva le carte del filone magistratura, quelli del Gico fiorentino, il Gruppo investigativo per la criminalità organizzata, a Roma sul mezzogiorno chiudevano la prima tornata di interrogatori dei carabinieri, compreso quello del capitano Vincenzo Trapani, che avevano arrestato a Parigi il finanziere Ferdinando Mach di Palmstein. E' ancora opaca la vicen¬ da del dossier intestato ad Antonio Di Pietro, trovato al finanziere, ma privo di alcune pagine. Copia, essa pure incompleta, sarebbe conservata nel fascicolo intestato all'attrice Domiziana Giordano, quella che ospitò nella sua casa parigina Mach di Palmstein, il transfuga. Gli interrogatori, sembra, saranno ripetuti in un futuro non remoto. E fra i misteri da chiarire, i milioni che «Chicchi» avrebbe versato a Mauro Floriani coniugato Mussolini, già brillante ufficiale della Guardia di Finanza, collaboratore di fiducia dell'Antonio Di Pietro pubblico ministero, poi passato alla società «Metropolis» delle Ferrovie dello Stato; e a Francesco D'Agostino, capitano dei carabinieri. L'ufficiale avrebbe dovuto versare lui i soldi a «Chicchi» per l'acquisto di una casa nel cuore di Roma: una cosina da 2 miliardi, o giù di lì, ma ceduta a prezzo di realizzo da una società ricollegabile al finanziere. Vincenzo Tessandori