Paraggio si difende ho spedito il dossier

Il giudice romano non ricorda il nome dell'ufficiale al quale affidò Fincartamento Il giudice romano non ricorda il nome dell'ufficiale al quale affidò Fincartamento Foraggio si difende: ho spedito il dossier «Milano mi aveva chiesto il fascicolo su Patini» ROMA. Il giudice Pareggio smentisce Di Pietro: l'inchiesta su Pacini Battaglia e lo scandalo della cooperazione - sostiene l'ex pm romano, oggi procuratore di Voghera - lui la inviò a Milano, «come da accordi intercorsi» tra le due Procure; il contrario di quello che ha scritto, pochi giorni fa, Di Pietro al suo ex capo Gerardo D'Ambrosio. Ora i magistrati di Roma e La Spezia dovranno accertare chi dei due ha detto il vero. «Il mistero delle carte scomparse», insomma, si fa ancora più fitto, insieme all'altro caso legato all'inchiesta spezzina su «Chicchi» Pacini Battaglia: il dossier di Mach di Palmstein sequestrato a Parigi al momento dell'arresto del finanziere, nell'ottobre del 1994. Ieri mattina Vittorio Paraggio s'è presentato nei suoi vecchi uffici quando ancora era buio, intorno alle 7, per evitare giornalisti e telecamere. Per circa tre ore è rimasto nella stanza del procuratore «reggente» di Roma Giuseppe Volpati, al quale ha consegnato una memoria con la sua versione dei fatti. Nomi, nella relazione del magistrato, non ce ne sono, a parte il suo: Paraggio parla sempre di «Procura di Roma» e «Procura di Milano», ma i soggetti sono lui e Di Pietro. Oltre al famoso fax del 4 giugno '93 col quale l'ex pm milanese chiedeva di «evitare sovrapposizioni» nelle indagini su Pacini Battaglia, c'è anche un esposto dell'avvocato Lucibello indirizzato al pool Mani Pulite, nel quale il legale segnalava che il suo assistito Pacini Battaglia era coinvolto nelle indagini romane mentre sarebbe stato opportuno che a procedere fosse una sola Procura. Dunque partì da Lucibello l'idea di unificare i procedimenti contro Pacini Battaglia, meglio se tutto a Milano. Nella ricostruzione di Paraggio si passa poi all'8 luglio del '93, quando lui - così sostiene - inviò via fax a Di Pietro il verbale di un interrogatorio che aveva fatto al banchiere italosvizzero. Negli archivi romani quell'interrogatorio è saltato fuori, insieme al frontespizio del fax inviato da Roma a Milano «per competenza». Manca però il «rapporto» che attesta l'avvenuta ricezione del fax da parte del destinatario. Quelle stesse due parole, «per competenza», compaiono anche nel registro generale della Procura romana, alla data del 22 luglio, nell'annotazione in cui si legge che la posizione di Pacini Battaglia è stata trasmessa a Milano. Se questa ricostruzione è vera, perché Di Pietro dice il contrario, e cioè che lui non chiese mai, e quindi non ricevette, il fascicolo su Pacini Battaglia? Paraggio aggiunge anche che c'era una motivazione plausibile per spostare l'indagine da una città all'altra: il pool di Mani Pulite, infatti, aveva fatto sequestrare l'archivio della cooperazione al ministero degli Esteri, e quindi anche lì c'era un'inchiesta sulla corruzione legata agli aiuti al Terzo Mondo. Oltre all'interrogatorio di Pacini, lui inviò a Milano - non più via fax, ma tramite la polizia giudiziaria - l'intero incartamento riguardante il banchiere. Ma documenti su questa trasmissione non ce ne sono, e il magistrato sostiene di non ricordare a quale ufficiale fu ordinato di portare le carte a Di Pietro. Tutto questo guazzabuglio di date, documenti in viaggio e ricostruzioni, è diventato importante alla luce dell'inchiesta spezzina che vuole individuare le «coperture giudiziarie» della lobby di Pacini Battaglia. Perché il risultato di quanto avvenne fra giugno e luglio del '93 è che il procedimento sul ruolo del banchiere italosvizzero nella cooperazione internazionale di fatto si bloccò. E' «evaporato» come dice il sostituto procuratore di Roma Angelo Palladino, che ora, a tre anni di distanza, è stato costretto a riprendere da zero quell'indagine. Nel nuovo fascicolo aperto da Palladino è stato inserito anche il memoriale di Mach di Palmstein, il finanziere imputato in uno dei tanti processi per la cooperazione. In quelle carte - sequestrate due anni fa nell'appartamento parigino dell'attrice Domiziana Giordano, dove Mach si nascon¬ deva - si fa riferimento ad allegati in cui si parlerebbe di Di Pietro e di Lucibello. Ma c'è un particolare: gli allegati non ci sono. Mancavano anche negli originali (e quindi non li aveva nemmeno Mach) oppure furono sottratti prima della catalogazione fatta dalla polizia francese e della trasmissione da Parigi a Roma? Di quel dossier, Antonio Di Pietro ricorda di aver chiesto notizie da oltre un anno. Fra le richieste istruttorie fatte al pm di Brescia Fabio Salamone nell'ottobre '95 c'era anche quella di accertare il contenuto di quel memoriale, e cercare informazioni sulle inchieste nei confronti di Mach di Palmstein. Come dire che se c'era qualcuno intenzionato a far sparire quelle carte, questi non era l'attuale ministro dei Lavori Pubblici. Giovanni Bianconi Ferdinando Mach di Palmstein Qui sotto: il pm Vittorio Paraggio