Un futuro sudamericano per gli esclusi dall'Euro

Un futuro sudamericano per gli esclusi dall'Euro Un futuro sudamericano per gli esclusi dall'Euro IL contenuto del trattato di Maastricht, destinato a condizionare la nostra esistenza, ricevette quindi un'attenzione relativamente scarsa. Minore, per esempio, di quella riservata dai mezzi di informazione al piano delle frequenze televisive che vide la luce un paio di settimane più tardi. E nell'ottobre successivo, in un'Italia sconvolta da un terremoto politico, da una bufera giudiziaria, la cui moneta aveva perso da poco un quarto del suo valore, il Parlamento lo ratificò senza una discussione veramente approfondita mentre in altri Paesi fu occasione per una sorta di esame di coscienza nazionale e di referendum popolari. Il modo di procedere alla d'Artagnan per affrontare le questioni europee è ora, in Italia, definitivamente superato; la retorica sta cedendo il posto all'ordinata, sovente noiosissima, applicazione di regole molto razionali, molto ben costruite, come le fortificazioni di Maastricht. E almeno una forza politica, la Rifondazione comunista, mette apertamente in dubbio il trattato; molti altri, però, mugugnano e il risentimento contro gli inasprimenti fiscali è sul punto di trasformarsi in risentimento contro l'Europa. E sono numerosi i lettori di questo giornale che scrivono domandando in termini semplici: «Che cosa perderemmo, quali svantaggi avremmo se restassimo fuori?». Il recente vertice europeo di Dublino permette oggi di abbozzare una risposta a questa domanda perché nella capitale irlandese è stato di fatto superato il «punto di non ritorno» dell'Euro: a meno di fatti assolutamente imprevedibili, la nuova moneta europea si farà, forse con qualche (non molto probabile) piccolo slittamento dei tempi o addolcimento delle condizioni. Scompariranno così, all'inizio del nuovo millennio, il marco, il franco, il fiorino e gran parte delle monete che hanno fatto la storia economica e monetaria europea. I contorni della risposta all'interrogativo degli italiani si fanno così decisamente più netti; ed è possibile individuare tre conseguenze, tutte negative. Per comprenderle bene, occorre premettere che la nuova moneta europea nascerà, per sua natura, fortissima. E pertanto verrà probabilmente usata da molti Paesi esterni all'Unione come moneta di riserva. Gli europei, dal canto loro, cercheranno indubbiamente di convincere i Paesi produttori di materie prime, e in particolare quelli petroliferi, ad accettare Euro e non dollari in pagamento dei loro prodotti. Ebbene, di fronte all'Euro, una lira superstite farebbe la stessa figura di una moneta sudamericana rispetto al dollaro: verrebbe usata per le transazioni minute, l'Euro sarebbe ugualmente la vera moneta dell'Italia. I contratti con stranieri dovrebbero necessariamente essere stilati in Euro; i capitali italiani cercherebbero un investimento in Euro e ciò aumenterebbe le difficoltà di Milano come piazza finanziaria; dietro la facciata della lira, i bilanci delle società do¬ vrebbero essere riscritti in Euro per avere credibilità internazionale. Pur privi di alcuna voce in capitolo, saremmo condizionati dalla politica monetaria europea. In una simile situazione, la prima conseguenza negativa per l'Italia di un eventuale non ingresso più che misurabile in termini quantitativi sarebbe apprezzabile da un punto di vista qualitativo. In sintesi, si tradurrebbe in un più difficile accesso, o addirittura nell'esclusione dell'Italia da una serie di attività finanziarie avanzate e qualificanti. Persino gli inglesi, che dispongono di una struttura finanziaria ben più forte e che a Maastricht decisero di star fuori dall'Unione Monetaria, stanno ora pensando di entrarvi perché altrimenti il futuro della piazza finanziaria di Londra potrebbe risultare compromesso. La seconda conseguenza ne- gativa riguarderebbe tutte le transazioni italiane con l'estero. Un trasferimento di denaro da Stoccolma a Siviglia, da Marsiglia a Lubecca sarà una nonnaie operazione interna, come ora avviene tra Milano e Abbiategrasso. Per pagare da Abbiategrasso a Lione, per incassare a Abbiategrasso da Monaco di Baviera o da qualsiasi punto della vastissima area monetaria dell'Euro, l'impresa italiana, a differenza del concorrente estero, dovrebbe affrontare il costo di una transazione estera con un rischio di cambio. Al normale rischio di cambio si aggiungerebbe poi un rischio-Paese e sarebbe questa la terza conseguenza negativa. Una parte dell'opinione pubblica italiana non considera i trattati firmati con la dovuta serietà e purtroppo la storia italiana di questo secolo ha dato all'Italia la reputazione di un Paese inaffidabile. Se mai dovessimo rinnegare un trattato firmato e ratificato dal Parlamento, questa reputazione di inaffidairilità si rafforzerebbe. Oltre a rendere generalmente più difficile la politica estera, si tradurrebbe, in maniera sottile, in maggiori difficoltà per gli operatori italiani a ottenere ordini, a concludere affari rispetto ai loro concorrenti esteri. E' facile pensare, allora, che la lira tenderebbe a indebolirsi rispetto all'Euro, ma i nostri partners hanno già chiaramente detto che non ci permetterebbero di trarre un vantaggio commerciale da tale indebolimento. Sono prontissimi a decretare un'«imposta compensativa» tale da annullare il vantaggio degli esportatori. Una simile imposta di fatto sancirebbe la nostra estraneità, per non dire la nostra espulsione, dall'area comunitaria. Con ridotte possibilità di esportare le nostre merci, non sapremmo proprio dove andare. Siamo quindi, in un certo senso, obbligati a star dentro alla fortezza-Maastricht ma sta a noi decidere se da cittadini o da sudditi. Ecco perché la Finanziaria, per quanto bruttissima, deve essere approvata, ecco perché le misure di finanza eccezionale annunciate in maniera generica come l'imposta per l'Europa devono essere accettate, anche se di gran malavoglia. Persino l'ipotesi di una recessione indotta dall'ingresso in Europa è di gran lunga preferibile a quella di restarne fuori. E un ingresso ritardato, oltre a provocare, sia pure in maniera temporanea, i medesimi effetti negativi, rischia semplicemente di tradursi in un incentivo a rinviare una cura finanziaria comunque sgradevole e dolorosa. Un governo come l'attuale, sballottato da onde di tempesta più grandi di lui, non riesce, purtroppo, a comunicare questa prospettiva di tempi lunghi, come ha invece fatto la maggior parte dei governi europei. E' essenziale però che gli italiani si rendano conto che questa amarissima pillola non può non essere trangugiata. Mario Deaglio Le nostre piazze finanziarie rischierebbero l'emarginazione I partner comunitari non accetterebbero i vantaggi derivanti da una lira debole In ogni operazione con l'estero si userà solo la moneta europea VERSO L'EURO IN TRE MOSSE (Che cosa cambierà per il sistema bancario) 1998 1999 2000 2001 2002 FASE B FASE • Adattamento di tesorerie servizi titoli e sale cambi • Avvio produzione di nuove monete e banconote # Fissazione dei cambi mercati interbancori e politica monetaria in Euro Conversione dei titoli di Stato 1° gennaio 2002 • Ritiro delle monete nazionali • Introduzione di Euro • L'intera organizzazione deve utilizzare Euro che assume valore legale fili D'Artagnan, eroe di Dumas A sinistra il Cancelliere Helmut Kohl e accanto Jacques Santer

Persone citate: Dumas, Helmut Kohl, Jacques Santer, Mario Deaglio, Minore