E Fazio punta all'inflazione-zero di Massimo Giannini

Via Nazionale non «molla» la presa in ballo contratti e rientro nello Sme E Fazio punta all'inflazione-zero In Banca d'Italia non è tempo di «regali» : : : ..... .... . . ■■■■■■■■■■ LE SCELTE DEL GOVERNATORE SROMA E c'è una critica che si possa muovere ad Antonio Fazio, non è certo quella che il padre del liberismo americano Milton Friedman opponeva, tanti anni fa, all'amico Chesney Martin: «Voi banchieri centrali prendete sempre le decisioni sbagliate, e se per caso ne prendete una giusta, la prendete nel momento sbagliato. E se la prendete nel momento giusto, la prendete per il motivo sbagliato». E' accaduto, è vero, ed accade spesso ai banchieri centrali di tutto il mondo. Ma il governatore della Banca d'Italia, fino ad ora, pare sfuggito a questo destino. Il perché, se volesse farlo pubblicamente, potrebbe spiegarlo lui stesso, squadernando i grafici che in questi giorni ingombrano la sua scrivania. Quei grafici dimostrano in effetti che lui non ha sbagliato una mossa. L'inflazione batte davvero in ritirata. Ed è per questo, e solo per questo, che Fazio ha deciso di dare un segnale distensivo sui tassi, mercoledì scorso. Non c'entrano i presunti «regali» al governo Prodi che annaspa sulla Finanziaria, né l'innegabile amicizia con il superministro del Tesoro ed ex collega Ciampi. Se infatti, ancora una volta, il governatore volesse farlo pubblicamente, potrebbe ricordare ad esempio alle destre che denunciano la «pastetta)/ neo-consociativa tra Palazzo Koch e Palazzo Chigi, che lo stesso segnale distensivo Bankitalia lo lanciò anche dopo l'insediamento del governo Berlusconi, perché le condizioni di prezzi e mercato lo consentirono. Ma il governatore non è un politico e non fa mai polemiche. Lui guarda i grafici, appunto. Gli stessi che, mercoledì scorso, l'hanno convinto ad agire sul tasso di sconto: perché il dato sull'inflazione di ottobre è ottimo, e in media d'anno - l'unica che conta per un banchiere centrale - conferma la tendenza verso quel 3% che lui stesso aveva indicato come «target» per la riduzione del costo del denaro. Pareva in parte compromessa, con il dato sui prezzi di settembre, che per Fazio era stato davvero un campanello d'allarme: l'inflazione è stata ottima a giugno, luglio e ad agosto, mentre a settembre era arrivata la doccia fredda. Allora - è stato il dubbio del governatore - se un malato che ha avuto febbre per 20 anni dimostra di star meglio per tre mesi, ma poi incappa in una ricaduta, si può ragionevolmente temere che non stia affatto guarendo. Il dubbio, per fortuna, è durato poco: l'inflazione di ottobre è stata la conferma che il malato, stavolta, migliora sul serio. Ed è stata la conferma che, nonostante i guai sulla manovra e le convulsioni politiche, i corsi dei titoli a lungo termine hanno continuato a crescere, e i tassi di mercato a calare. Fazio, così, ha potuto trarne la sua conclusione: le aspettative di inflazione, questa volta, si stanno piegando davvero. E non ridurre i tassi, a questo punto, sarebbe stato un controsenso: se non lo avesse fatto il governatore avrebbe tradito se stesso, contraddetto i suoi messaggi di questi mesi. Ecco perchè probabilmente sorride delle voci sulle presunte «pressioni» del governo. Chiarito questo, oggi il Paese si interroga: dove vuole condurci l'«uomo di Alvito», questo mite banchiere centrale che in questi anni è apparso più determinato del falco Tietmeyer? La risposta è relativamente semplice, e spiega tutte le sue mosse, compresa l'ultima: Fazio, prima ancora che a Maastricht, vuole abituare l'Italia a vivere senza inflazione. Lui l'ha conosciuta, l'Italia senza inflazione, quando era una promessa del servizio studi, e lavorava al primo modello econometrico, ai tempi dei Baffi, dei Carli, degli Ossola. Ma le giovani generazioni sono cresciute con la cultura del carovita, proprio quella che lui, oggi, vuole sradicare. Perché si ricorda cos'ha rischiato questo Paese, si ricorda i due shock petroliferi degli Anni 70, quando subimmo la tirannia degli sceicchi, l'emorragia della bilancia valutaria, e il costo del lavoro cresceva persino del 35% in un anno, nonostante due severe strette monetarie. Ripensando a quelle sciagure, oggi Fazio può considerarsi soddisfatto: l'inflazione-zero non è ancora mia cultura, ma il Paese comincia a recepire i suoi messaggi, a capire il suo «rigore» monetario. Che non può ancora attenuarsi, tuttavia. Perché l'Italia vive ancora troppo prossima al confine con le sue vecchie, cattive abitudini. Di fronte a sé, il Paese ha almeno tre appuntamenti decisivi, sui quali la banca centrale esercita la sua attenta sorveglianza. Il primo, sempre sul fronte della lotta all'inflazione, riguarda il contratto dei metalmeccanici. Lo scontro in atto tra sindacati e Confindustria preoccupa Bankitalia, come si legge tra le righe del comunicato sul ribasso del «Tus»: quindi la politica monetaria non potrà allentarsi ancora, se non si troverà un punto d'incontro tra una richiesta sindacale giusta nel principio, ma troppo gravosa per i costi del lavoro (vuoi perché formulata in una fase congiunturale diversa, vuoi perché basata su un'inflazione programmata ormai non più realistica) e una posizione confindustriale troppo oltranzista, per non destare il sospetto che sia finalizzata a ridiscutere gli accordi di luglio del '93. Che invece, per Via Nazionale, sono un pilastro sul quale costruire, non un totem da abbattere. Il secondo appuntamento riguarda il risanamento della finanza pubblica e i suoi effetti sulla crescita economica. Il giudizio della banca centrale sulla Finanziaria è chiaro, è già emerso alla Camera: è un passo importante sul piano quantitativo, ma è povera di interventi strutturali, pur presentando un generoso impegno sui risparmi di spesa, che tuttavia andrà verificato con grande attenzione in corso d'anno. Perché quello che Fazio vorrebbe evitare, probabilmente, è il ripetersi della brutta esperienza che già fece col governo Dini: Lambertow fece una manovra un po' fiacca, il governatore lo denunciò, segnalando - e urtando l'irascibile Dini - l'esigenza di una manovrina aggiuntiva che poi, manco a dirlo, Prodi ha dovuto fare davvero. Ora, monitorare la spesa servirà proprio a questo: evitare di dover far ricorso ad ulteriori interventi, almeno nel '97. Anche perché la correzione in atto è pesante: un 3% di mmore reddito per le famiglie è un tributo molto alto. Sotto questo profilo, non è un mistero che Fazio, nella composizione della manovra, avrebbe preferito meno tasse e più tagli strutturali su pensioni e sanità, meno depressivi per l'economia reale. La recessione e la disoccupazione angosciano da sempre il governatore, anche perché rappresentano il più rilevante disincentivo, agli occhi delle opinioni pubbliche europee, a procedere verso la moneta unica. La vittoria della Destra revanscista in Austria è un sintomo preciso: l'Euro è perseguibile se viene percepito come fattore di crescita e di benessere. Il terzo, complesso appuntamento riguarda l'ingresso della lira nello Sme. Il governo, e Ciampi in particolare, lo hanno previsto per la seconda metà di novembre, dopo il transito della Finanziaria nel primo ramo del Parlamento. Il governatore, viceversa, è più cau¬ to. Intanto perché si ricorda delle lezioni di Carli sul serpente monetario, e ha poca fiducia nel sistema dei cambi fissi. E poi c'è il problema: a Ghe livello.rientrare?,La lira sta andando molto bene, e questo alla Banca d'Italia non dispiace: ha. lavorato .per..questo, convincendo anche le autorità monetarie americane a sostenere il dollaro, beneficiandone quindi nel «cross-rate» con il marco. Ma un reingresso ben al di sotto di quota mille sul marco - che i partner europei vogliono imporci, in barba alle pie illusioni dei nostri industriali - un quadro politico vacillante e una Finanziaria solo a metà del guado, potrebbero costringere la banca centrale a interventi di sostegno, o peggio a nuovi rialzi dei tassi. Meglio sarebbe, allora, tornare nello Sme almeno dopo il varo definitivo della Finanziaria. E dunque, sul piano strategico, queste incognite indurranno la politica monetaria della Banca d'Italia a mantenere la prudenza. In attesa che si diradi la nebbia su Maastricht, e soprattutto che si consolidino le virtù nazionali. E cioè che anche la politica di bilancio e la politica dei redditi facciano la propria parte. Se questo accadrà, l'Italia volterà pagina. Per questo l'uomo di Alvito - se ridurrà i tassi - lo farà perché il Paese ha dimostrato di meritarselo. E non per fare «regali» a qualcuno. Massimo Giannini Via Nazionale non «molla» la presa in ballo contratti e rientro nello Sme E Fazio puntaIn Banca d'Italia nVia Nazionale non «molla» lain ballo contratti e rientro ne Il governatore della Banca d'Italia Antonio Fazio

Luoghi citati: Alvito, Austria, Italia, Ossola