La Fininvest si appella ai Lord di Fabio Galvano

suFroNDi" La Fininvest si appella ai Lord E Londra sospende l'invio delle carte suFroNDi" LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE La «guerra» non è finita, anche se la battaglia di Londra è stata vinta dai magistrati di «Mani pulite». L'Alta Corte di Londra ha respinto ieri la richiesta di appello con cui gli avvocati di Berlusconi e della Fininvest avevano sperato di portare il loro caso davanti alla più alta istanza britannica che è la Camera dei Lord. Ma i documenti non sono partiti ieri sera per l'Italia. Ci andranno, al più presto, la settimana prossima. I giudici Simon Brown e Andrew Cage hanno respinto l'istanza di «congelamento» dei preziosi documenti che potrebbero inchiodare il leader di Forza Italia, secondo i giudici milanesi che a primavera avevano avviato la rogatoria internazionale. Ma nel pomeriggio gli avvocati della Fininvest hanno tentato un altro ricorso alla Camera dei Lord per via diretta. La loro richiesta di appello sarà esaminata nei prossimi giorni, forse martedì o mercoledì, in vista di un eventuale dibattito tra alcuni mesi. Di fronte al nuovo sviluppo il ministero degli Interni ha deciso, su istanza degli stessi avvocati, di soprassedere alla spedizione delle trenta casse di documenti: quelli riguardanti le società offshore della Fininvest, e quindi i presunti fondi neri che sarebbero stati costituiti all'estero per il pagamento di tangenti. Lo stesso ministro, Michael Howard, si è impegnato per iscritto a non consentire la partenza del «tesoro» prima di una decisione dei Lord o il 1° novembre, se entro quella data i Lord non avranno deciso. I due giudici erano gli stessi che mercoledì avevano pronunciato la sentenza di primo grado favorevole al Serious Fraud Office (Sfo, che si occupa delle indagini sui più importanti casi di truffa). Claire Montgomery ed Edward Fitzgeraìd, avvocati rispettivamente della Fininvest e di Berlusconi, hanno sostenuto nell'udienza di ieri da una parte che l'Sfo non ha autorità ad intervenire in questo caso, dall'altra che - trattandosi di reato politico - la giustizia britannica non poteva pronunciarsi senza il parere della Camera dei Lord. Ma dopo pochi minuti in camera di consiglio i due giudici sono rientrati nella moderna aula 63 delle Law Courts - un'aula in stile Perry Mason, così diversa dalle guglie gotiche dell'antico edificio all'imbocco di Fleet Street e stranamente asettica come involucro per le toghe nere e i parrucchini bianchi degli avvocati e dei giudici - per annunciare di avere respinto l'istanza. Così le 15 casse di documenti se- questrate ad aprile dall'Sfo negli uffici di David Mills, l'avvocato londinese che per conto di Berlusconi aveva creato la maggior parte delle società offshore sotto inchiesta, più le casse inviate «spontaneamente» nei mesi successivi da numerose banche compresa la Banca Commerciale Italiana, troveranno la via dell'Italia. Non si sa con esattezza che cosa contengano, anche se durante le udienze londinesi si è parlato esplicitamente di falsi in bilancio - attraverso società in vari «paradisi fiscali» per almeno 100 miliardi di lire; e di una tangente di 10 miliardi all'ex leader socialista Bettino Craxi. La trafila burocratica prevede che l'Home Office, il ministero britannico degli Interni, invìi il voluminoso incartamento a Roma, al ministero della Giustizia, da dove a stretto giro esso sarà trasmesso ai magistrati di Milano. Quello che i giudici avevano concesso in mattinata a Berlusconi e alla Fininvest è una pausa di 15 giorni prima dell'eventuale consegna alle autorità italiane di una seconda ondata di documenti: quelli che l'avvocato Mills avrebbe offerto «spontaneamente» - per ora è smentito che ciò sia dovuto al timore di ripercussioni a suo carico e che saranno consegnati forse lu- nedì all'Sfo. Il tempo, si riteneva, per l'eventuale ricorso degli avvocati di Berlusconi ai Lord. Ma il ricorso c'è già stato, drammaticamente, ieri sera. Difficile dire, tuttavia, se la sorte di questa seconda ondata di documenti sarà legata a quella delle trenta casse che attendono di partire per l'Italia, dove non ci sarà alcun limite posto dai giudici alla loro utilizzazione. «Questo non è un moderno caso tipo Garibaldi», ha detto il giudice Brown agli avvocati per rintuzzare la tesi che quello attribuito a Berlusconi fosse un reato politico. E all'Sfo non sfuggivano ieri i benefici che il caso potrebbe avere anche su questioni interne britanniche. «Questo - dice il vicedirettore Chris Dickson - è un importante quadro di come funzionano le società offshore. E sebbene il nostro compito fosse limitato a ottenere i documenti per i giudici di Milano, credo che abbiamo anche lanciato un messaggio alla City: state alla larga dagli affari sporchi, perché ormai ci sono i mezzi per chiarire tutti i casi men che limpidi». Fabio Galvano Il «biscione» della Fininvest

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