I profeti della Cosa antagonista

I profeti della Cosa antagonista I profeti della Cosa antagonista Rifondazione vive nel mito del conflitto L'ENIGMA RIFONDAZIONE ROMA ON sono niente affatto nostalgici del comunismo questi rifondatori che stanno tenendo appese a un filo sia la Finanziaria sia le privatizzazioni del governo Prodi. Vecchi, onorati marpioni della politica e del sottogoverno come Armando Cossutta e Nerio Nesi si godono oggi una seconda primavera grazie alla fiducia tributata loro da un movimento in cui s'adopera un vocabolario insieme mistico e giovanilista. Cosa vuol dire essere di sinistra, Bertinotti? «Vuol dire avere una prospettiva di liberazione». Che partito state costruendo, Rina Gagliardi? «La Cosa antagonista». L'appassionata intellettuale manifestine!, devota nell'ordine alla Fiorentina a Mina e alla Callas, sta per dare vita a una rivista culturale che s'intitolerà «Rifondazione» senza neppure più aggiungerci la parola comunista. E il segretario post-televisivo di questo moderno partito della mediazione sociale, in crescita diffusa déntro il disagio metropolitano ben oltre i confini del sindacalismo industriale? Potrà al massimo citarvi la profezia marxiana («il limite dello sviluppo capitalistico è il capitale stesso»), ma non si richiamerà mai all'ortodossia leninista-togliattiana. Dietro le quinte della trattativa con Palazzo Chigi, del comizio di piazza o dell'arringa da Costanzo show, Fausto Bertinotti è anche capace di parlare come uno spregiudicato professionista dell'Immagine: «Io lo so che certe battaglie sull'Irpef o sulle pensioni d'anzianità non fregano niente a una fascia larga dei nostri elettori, giovani che hanno tutt'altro per la testa. Ma rappresentano un linguaggio fortemente allusivo, contengono un messaggio di radicalità, socialità, rifiuto del rampantismo per cui alla fine ci mettono in sintonia con questi settori arrabbiati della società». Pare davvero un distaccato esperto di marketing quando arriva a mettere l'Irpef e le pensioni sullo stesso piano della moda di Cuba e del Che Guevara: «Vale lo stesso meccanismo, un messaggio che allude e incatena, definendo il partito come costruttore di movimento». Così forse, grazie al Bertinotti semiologo, capiremo finalmente le imperscrutabili ragioni del boom editoriale di Che Guevara e del mito cubano, fuori tempo massimo rispetto al calendario della storia: messaggi subliminali di opposizione sociale. Solo An ha preso percentualmente più voti giovanili dei rifondatori: secondo l'Abacus, il venti per cento di chi vota falce e martello ha tra i 18 e i 24 anni. Il pds si ferma al 10,7 per cento. Quanto all'idea che Re sia un partito della classe operaia superstite e irriducibile, basti dire che è assai più un partito operaio la Lega (21,3) che non quello di Bertinotti (14,9), votato piuttosto dal lavoro impiegatizio. E i pensionati, posti al centro dello scontro autunnale con D'Alema? Capovolgendo il luogo comune, gli anziani comunisti sono una percentuale minore (13,3) degli elettori di Re, meno degli studenti, per intenderci. Affidarsi ai sondaggi è sempre rischioso, ma in questo caso confermano una realtà facilmente riscontrabile: la Rifondazione di oggi ha ben poco a che fare col residuo nostalgico di cui Occhetto riteneva necessario liberarsi al momento della svolta post-comunista. Per spiegarsi il paradosso di un movimento che appoggia il governo e nel contempo cresce sul-, l'onda ■vdel malcontento sociale non c'è forse piazza migliore della Capitale. La sede fumosa di via Farini, un quinto piano di fianco alla stazione Termini sovrastante il popolo sbandato dei tossici, dei travestiti e dei barboni; così come la segretaria provinciale Patrizia Sentinelli, insegnante ex pdup col fascio dei compiti da corrèggere sottobraccio; e ancora i militanti sarcastici dal look trasandato; tutto insomma sembra definire il ritrovarsi del solito vecchio gruppo di opposizione. Ma a smentire quest'impressione non viene solo il dato elettorale: 203 mila voti a Roma il 21 aprile scorso, percentuale del 10,7 per cento, 83 mila voti in più delle regionali '95. Questo è un partito contemporaneamente al governo della Provincia e della Regione (con un assessorato-chiave come l'Urbanistica) schierato però contro la giunta comunale di centro-sinistra. Claudio Giorgi: «Rutelli? Un'immagine falsa della sinistra». Cristina Formica: «Si diceva antiproibizionista e ha fatto fare le perquisizioni antidroga alla stazione Termini». Paolo Pietrangelo «Si diceva antifascista e ha cercato di intitolare una via a Bottai». Roberto Latella: «Rappresenta comunque i poteri forti di questa città, i palazzinari». Marco Carroccia: «In- somma, diciamolo, Rutelli è la destra economica». La segretaria Sentinelli assente, ma poi con prudenza controbilancia: «I compagni toccano problemi reali, anche se viceversa abbiamo apprezzato l'immediatezza con cui il sindaco si è posto alla testa della protesta contro la sentenza Priebke». Ma è fuori dalla federazione che comprenderemo l'espansione di questo partito populista, capace di esprimere - per dirla con Bertinotti - «l'urlo delle sezioni». L'urlo di Cinecittà e del Quadraro, per esempio, è tutto nei riccioli neri alla Ninetto Davoli dell'imbianchino Marco Carroccia, segretario del più grande circolo cittadino, che così ritrae la sua borgata: «Cinecittà muore e ride. Ride perché ogni giorno spunta una filiale di banca e un'agenzia Tecnocasa, il tutto per accompagnare la gì ande vendita delle case degli enti. Ma chi credono che ce li abbia, i soldi? Chi s'indebiterà col mutuo per non essere cacciato fuori, contribuirà a mandare in malora i bottegai perché non avrà più una lira da spendere, proprio come i pensionati. E allora basta con 'sta fissa delle provenienze, tutti a chiederci se Rifondazione è il partito degli ex pei, o degli ex demoproletari, o del centro sociale Corto circuito. Una volta il quartiere era diviso tra chi era comunista e chi no. Ma adesso che anche i settantenni devono andare a servizio, tra un po' in Re ci arriveranno pure i carabinieri accanto agli autonomi di Corto circuito, perché gli portano via la casa». Come l'imbianchino Carroccia, anche Roberto Latella vi trascina con foga dentro la borgata. Lui si vanta di aver fatto tutti i lavori, da muratore a pony express, da baby sitter fino al precariato nella formazione professionale, con il denominatore comune di non avere mai visto un contributo assistenziale: «Lo so che a combat¬ tere il lavoro nero, l'unico che trovano i ragazzi in giro, si rischia di fargli perdere pure quello. Ma noi gli offriamo la consulenza legale e poi soprattutto di I tenersi uniti, l'organizzazione. ! C'è in giro per Roma una quantità di lavoro subordinato mascherato con le consulenze e le cooperative, in certe partite Iva autonome c'è un autosfruttamento che fa paura. E molti a sinistra non lo capiscono». Potremmo proseguire a lungo. La rabbia e il disagio che si raccolgono intorno a Rifondazione romana assumono le più varie sembianze. Comitati di ogni singola figura parastatale, sindacati e sindacatini extraconfederali in proliferazione continua. Interessi e obbiettivi che sarebbero del tutto inconciliabili se a cementarli non provvedesse quel vocabolario suggestivo fatto di parole come antagonismo, irriducibilità, liberazione, socialità, lotta, conflitto, radicalità. La miscela che ne deriva è di indubbia efficacia operativa. Il cantautore-regista Paolo Pietrangeli si è candidato a Pietralata e ha perso per soli 658 voti? Ora resta in borgata con l'associazione «658» che dà vita al laboratorio antiusura, che fornisce all'usurato aiuto psicologico ed economico. Ma non tragga in inganno il volto celebre di Pietrangeli: questo e un partito del tutto privo di intellettuali d'area, figure carismatiche, personalità forti. Quando arrivano, sono schegge individuali come il banchiere Nerio Nesi; o addirittura da ultimo - quel Gabriele La Porta divenuto direttore di Raidue in quota leghista al tempo della gestione Moratti, e ora immediatamente riciclatosi nel neonato circolo Rai di Re, quello che vuole combattere il lavoro precario diffuso nella radiotelevisione pubblica. Dentro questa Roma disgregata e affannata, può capitare che un bel giorno alla sede di via Farini si presenti Barbara Valmorin a nome e per conto di trenta attori teatrali e proponga ai rifondatori di firmare la loro «Missione impossibile». Cioè blitz letterari nei bar, nelle vinerie, tra i librai della città al solo scopo di leggere una poesia o un racconto, dare luogo a una performance sincopata. Che sia questa la cultura antagonista in salsa romana? Comunque sia, anche in questo caso è garantito il raccordo con l'establishment, così necessario alla mediazione tra il disagio metropolitano e le istituzioni di governo. Troveremo infatti tra i volontari di «Missione impossibile» niente meno che Leo Gullotta. Con il che Rifcndazione si collega non più solo al Maurizio Costanzo show (lì bastava Bertinotti), ma direttamente al Bagaglino, il cuore del potere. Gad Cerner (FINE - La precedente puntata e uscita il 22 ottobre) ai sinistra vuol diri avere una prospettiva di liberazione» «Rappresentiamo l'opposizione sociale con un messaggio di anti-rampantismo» Solo An in percentuale ha più voti giovani con la «bandiera-Stalin» ancora issata su un bastoncino più sui loro bilanci futuri. Attual¬ ne, senza che nescarli. Naturalmenre concepito solo Dopo una manifestazione in piazza del Popolo con la «bandiera-Stalin» ancora issata su un bastoncino Fausto Bertinotti

Luoghi citati: Cuba, Roma