Trentin compagni attenti lo Stato sociale va riscritto

Trentin: compagni attenti lo Stato sociale va riscritto Trentin: compagni attenti lo Stato sociale va riscritto MAASTRICHT E SACRIFICI M ROMA A sì, è giusto mobilitarsi 1 contro questa Finanziaria, contro i punti oscuri che ancora presenta, contro i limiti di comunicazione palesati dal governo sul Fisco, per esempio, e soprattutto contro questa politica dimessa del giorno per giorno, questa navigazione a vista, questa incapacità di elaborare un progetto-Italia per Maastricht. Però, in tutta questa vicenda, dei, sacrifici. per,,TUnione monetaria,.' né! dibattito sulla, riforma dello Staio sociale,., quanti e#m C0H^|fe#y?£Ì^é nostra, da parte del sindacato,? della sinistra...». Tra le volute dense del fumo della sua Dunhill, tra le pile di libri che ingombrano la sua scrivania e qualche centinaio di pipe che adornano il suo ufficio al quarto piano del mitico palazzone Cgil in Corso Italia, Bruno Trentin distilla le parole con un po' di sofferenza. Perché si vede, e si capisce quanto costi, a lui che è stato leader, e che oggi è la coscienza critica del più grande sindacato italiano, questo processo di «maieutica» sulle dissennatezze del passato, di cui oggi tutti paghiamo un qualche prezzo. Ma Trentin lo considera comunque necessario perché altrimenti - dice - «continueremo a perdere occasioni per un grande cambiamento». Anche per questo, propone al governo di iniziare a discutere subito di riforma delle pensioni. Trentin, a sentirla parlare verrebbe davvero di concludere con un «compagni, abbiamo sbagliato tutto...». «Non esageriamo. Certo è che una riflessione critica per noi si impone, oggi. Ma non tanto per distruggere il nostro passato, quanto per indurci a non commettere altri, errori nel futuro». Il rischio, da come i sindacati continuano ad impostare il dibattito sul «Welfare State», ci sta tutto... «Purtroppo abbiamo giocato di rimessa, in questi anni difficili: sarebbe stata necessaria una visione d'insieme dei grandi problemi di una società moderna, un disegno di ampio respiro che ridefinisse lo Stato sociale sia dal punto di vista del suo finanziamento, sia da quello della sua funzione equitativa. Noi, invece, fin dai tempi del governo Berlusconi ci siamo lasciati trascinare, e continuiamo a farlo anche adesso, sulla discussione dei singoli spezzoni del "Welfare": da una parte si fa la battaglia sulle pensioni d'anzianità, dall'altra parte quella contro i ticket sanitari, poi quella per il pubblico impiego, e così via, di anno in anno, con una strategia di progressivo arroccamento...». I vertici sindacali potrebbero rispondere che questa strategia dà risultati: avevano chiesto che la Finanziaria non toccasse sanità e pensioni, e lo hanno ottenuto... «Ma è proprio questo l'errore, dobbiamo giocare d'anticipo su questi temi, farci carico di proporre noi, e al più presto, un "tavolo" negoziale per ridiscutere con il governo l'intero modello di sicurezza sociale che serve al Paese. Siamo noi per primi che dobbiamo renderci conto che una grande riforma è necessaria, perché il Welfare State è in crisi...». Vada un po' a spiegarlo ai suoi colleghi... «Ma è evidente, prima di tutto c'è una crisi di finanziamento del sistema, che poggia su basi che non tengono più. E poi c'è una crisi del fondamento assicurativo del Welfare State. Non è più vero che tutti i cittadini sono uguali di fronte ai rischi di malattia, di vecchiaia o di disoccupazione, non è più vero che il sistema previdenziale a contribuzione copre tutte le esigenze: tutela chi è già tutelato, mentre all'estremo opposto c'è una massa di giovani che arriveranno tardi al lavoro, saranno precari, non avranno un'occupazione stabile: il regime attuale rischia di condannarli a pensioni da fame. Per questo il sindacato, se si ostina nella difesa passiva dello "status quo", perpetua le disuguaglianze, invece di combatterle». Da questo punto di vista dalla riforma Dini in poi sono state perse tante occasioni... «Non c'è dubbio. Le faccio un esempio, le pensioni d'anzianità: noi non possiamo tenere insieme, accomunati da uno stesso regime di tutela, lavoratori impegnati in attività fisiche totalmente diverse, senza tener conto di fattori come l'usura, la qualificazione professionale, e quindi le diverse aspettative di vita. Insomma, è assurdo difendere in modo mdifferenziato chi ha lavorato in fonderia per 35 anni e chi ha fatto il professore, e se n'è andato in pensione dopo 20 anni. Questo è uno, ma potrei farle tanti esempi...». Li faccia, sono istruttivi... «Un altro aspetto scandaloso che la riforma Dini non ha affontato è quello dei prepensionamenti: allo¬ ra, da un lato si tende ad allungare sui 40 la pensione d'anzianità, dall'altro lato si tengono aperte "finestre" per i prepensionamenti più mmscriminati, che hanno prodotto disuguaglianze enormi, oltre che affossato i bilanci dell'Inps. Un altro esempio: nei mesi scorsi era stato varato un disegno di legge, che mirava ad aumentare al 40% il sussidio per i lavoratori "discontinui": nel silenzio generale quel 40% è stato dimezzato, il 20% è andato a finanziare i prepensionamenti all'Ohvetti. Il mio rammarico è che di fronte a queste cose il sindacato ha tenuto un atteggiamento passivo». No, Trentin, è stato molto più che passivo: il dibattito sulla manovra è stato condotto dai sindacati al grido «le pensioni non si toccano». «Sì, in qualche misura anche la Finanziaria poteva essere un primo passo, verso una cultura nuova del Welfare. Mi rammarica molto, per citare un altro esempio, il fatto che nella manovra si sia rinunciato a quel contributo generale di solidarietà su tutti i redditi, che in altri Paesi come la Francia, per esem¬ pio, è ormai consolidato da 8 anni, ed è stato un elemento importante nel ridisegno dello Stato sociale. Penso che anche in quell'occasione il sindacato abbia perso la battuta: quanto meno, si poteva approfondire la proposta del governo, magari per migliorarla...». Sta di fatto, invece, che di questi problemi, di queste pulsioni riformistiche in questi mesi l'unico a sinistra che ne abbia avvertito la suggestione è stato D'Alema... «Sì, bisogna riconoscere che D'Alema ha colto un bisogno di moder¬ nizzazione, ha preso coscienza di quanto sia insensato, oltre clic poco di sinistra, difendere per partito preso certi privilegi acquisiti negando invece l'ingresso nel Welfare State ai giovani che non ci sono mai entrati. Ma quello che manca, anche nel pds, è un progetto globale, un'idea forte intorno alla quale rimodellare la società...». Anche il governo dell'Ulivo, che pure in campagna elettorale aveva battuto molto su questa ambizione, fa fatica a produrre idee originari. «Non c'è dubbio, ed io che le solle- cito da tempo non posso che rammaricarmene...». E' pur vero che a Prodi e Ciampi è esplosa nelle mani l'emergenza Maastricht... «Certo, e bisogna dargli atto che aver accettato la sfida della moneta unica è stato un latto molto positivo, perché un'eventuale esclusione dall'Euro, por l'Italia, avrebbe effetti catastrofici, renderebbe ingovernabile la situazione politica ed economica. Però...». Qual è il dubbio, Trentin? «Ecco, non vorrei che per il governo l'impegno di Maastricht, che è un merito, si trasformasse in un alibi, per fare solo tagli e tasse, e per non pensare invece alle grandi riforme. Anche per questo io dico che è il sindacato che deve muoversi, e giocare d'anticipo, sul tema del Welfare State». Ma in concreto lei come vedrebbe l'ipotesi di anticipare la verifica sulle pensioni rispetto alla scadenza del '98, come propone Ciampi? «Io dico una cosa: per me la verifica non può cominciare nel gennaio del '98. Bisogna arrivare a quella scadenza con delle proposte, con un'idea di riforma già chiara. Per questo penso che il '97 può essere un anno decisivo, nel quale ci giochiamo una grande opportunità». Lei propone l'apertura di un negoziato subito, quindi? «Sì, io direi al governo: mettiamoci seduti prima possibile intorno a un tavolo, e discutiamo di una riforma generale dello Stato sociale. Di tutto, non dei singoli pezzi. Così al '98 ci si arriva pronti, con la certezza che, questa volta, non si perda un altro anno a litigare». Il rischio è che si perda un'altra occasione... «Un sindacato e una sinistra moderni non possono, non debbono permetterlo. Anche perché i giovani, i senza lavoro, i pensionati di domani non ce lo perdonerebbero». Massimo Giannini «Non si difende tutto Tutelando i garantiti daremo ai giovani pensioni da miseria» compagni attenti sociale va riscritto l af% ^11 flMMBIM^ erifica nel '98 accordo con la proposta del miCiampi, di anticipare al 1997 la ale, prevista per il '98. «Noi siaiforma che abbiamo contribuito altre scadenze creerebbero solo che non servono a nessuno». spettabUissima - oMe^yaSergio . 11 fatto che si parlrc^'rìàiscùtecere molta gente a<f accelerare vanno espresse con più cautela norì è instabilità» * ilor patrimoniale suiciap tassa sulla partL'IREP DOVREBBE GARA jlfl Bruno Trentin A sinistra Lamberto Dini La riforma previdenziale torna sotto tiro Il leader jlfl della Cisl Sergio D'Antoni Il leader della Cgil Sergio Cofferati

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