L'attore racconta l'ictus che lo ha colpito un anno fa e la lunga lotta contro la malattia per tornare in teatro

L'attore racconta l'ictus che lo ha colpito un anno fa e la lunga lotta contro la malattia per tornare in teatro L'attore racconta l'ictus che lo ha colpito un anno fa e la lunga lotta contro la malattia per tornare in teatro TORINO. «Non potevo proprio andare in garage». Dario Fo è seduto a braccia larghe su un divano angolare, ha il volto rilassato, il corpo sembra più snello, più scattante. E scherza. Scherza sul malanno che lo colpì a metà luglio del '95, su quell'ictus che lo mise fuori combattimento e di cui nessuno poteva prevedere le conseguenze. Si trovava a San Marino. Usciva da un anno difficile: «Avevo lavorato pesante, ero arrabbiato». Pagò un prezzo salato: un batticuore furioso con le conseguenze che sappiamo. «Ma sono stato fortunato - dice -. Il mio guaio è avvenuto sul confine verticale del cervello, in mezzo ai due lobi, con una piccola lesione su un lato e una sorta di offuscamento sull'altro»;....v Ricorda che all'inizio'non'si rendeva quasi conto di ciò che gli era accaduto. La preoccupazione è venuta più tardi: la vista gli era calata del novanta per cento; continuava il fastidio del batticuore, «che è sopportàbile, ma mi impone di stare attento»; la memoria era diventata un arcipelago di vuoti. Fo non riusciva più a ricordare il nome delle cose comune, invece gli veniva spontaneo il loro nome tecnico, o quello scientifico. Invece di merluzzo diceva «pesce veloce del Baltico»; invece di fabbro, «forgiator di metalli». E la gente lo guardava strano. Poi la situazione è migliorata. La memoria si è irrobustita, il linguaggio è tornato fluido, la vista è stata in parte recuperata. Adesso vede «metà sezione rispetto al totale di prima». Ma è corso ai ripari: «Mi son trovato occhiali appositi con cui riesco a leggere ingrandendo i caratteri. In casa ho uno strumento che mi permette la lettura rapida: è una lente speciale che si usa nelle biblioteche per riuscire a individuare i libri conservati in alto». Insomma, con tutte le cautele, è tornato quasi come prima, con l'obbligo di camminare. «Mi ha detto il mio medico che il mio recupero è proporzionale ai chilometri che faccio». Lui cammina al mattino, appena alzato, dopo la prima colazione, dopo la seconda ecc. «Ma mi piace, son tornato ragazzo. Sa che correvo i 400 metri per la Gallaratese? Avevo una fìdanzatina: si sorprendeva per la velocità con cui arrivavo da lei». Confessa che il merito della sua guarigione va alla moglie, Franca Rame, e al medico: «Un dottore che da giovanissimo ha avuto un problema identico al mio. Lui ha rimontato con la volontà, diventando più bravo di prima». E sua moglie? «Ha capito che potevo sentirmi vivo lavorando». In effetti Fo avrebbe voluto rimettersi subito in attività, «ma il batticuore m'imponeva di star fermo e mi prendeva lo scoramento». I medici lo frenavano, «si preoccupavano che non riprendessi subito a fare i salti mortali». Ma appena possibile, e quasi per sfida, riprese il montaggio televisivo di alcune lezioni tenute a Firenze con giovani attori di tutta Europa. Fu la prova del nove. Dopo quell'esperienza si mise a lavorare come un matto. Passò l'estate a cercare i materiali per «La Bibbia dei villani»; fece 200 grandi disegni; si mise in contatto con il Poligrafico dello Stato che stava preparando un'edizione monumentale della Bibbia; si mise a studiare. «Ho scoperto un'illustrazione bellissima: la storia dell'angelo che divide Eva da Adamo; un bassorilievo in cui un cane aggredisce l'angelo e l'angelo gli dà ima sberla che gli fa girar la testa. Nella Bibbia non c'è. Quello è il cagnolino che segue la sorte della donna. Ho restaurato l'immagine d'un Mistero apocrifo, nel quale la Madonna ha appena avuto il figlio e una serva le infila la mano sotto le vesti, per verificare se è vergine, e la mano si ustiona. E' una pittura lombarda, conservata a Castelseprio, dalle parti di Gallarate. L'hanno anche fotografato, ma era ^decifrabile. Io l'ho ricostruito sulla base di altre pitture paleocristiane ed ora è leggibilissimo». ' E non è tutto. A maggio è stato in Danimarca, dove ha tenuto un corso agli studenti delle scuole di teatro; ha allestito due proprie mostre ad Amsterdam e nella cattedrale di Bergamo alta: 300 quadri in gran parte di 8 metri per 7; oltre ai pupazzi in grandezza naturale che indossavano i costumi originali degli spettacoli di Fo. Ha persino doppiato un cartone animato: il personaggio di un mer¬ cante carogna che ruba i giocattoli ai bambini e i giocattoli si ribellano. Un bel ruolino di marcia, con momenti di esaltazione e altri di scoramento: come quando andò a recitare «La Bibbia» al festival di Benevento e, dopo qualche seria traversia, si trovò dinanzi a un pubblico di 5000 persone in una .sede inadatta. «Ebbi un mezzo coccolone, ma ho recitato lo stesso, non lo spettacolo che avrei dovuto, ma cose che conoscevo meglio. Volevo mollare tutto. Ma Franca mi aiutò. Mi disse: dopodomani andiamo in Sicilia, e tu non molli. E io trovai il coraggio di recitare per la prima voltaupezzo dello "Stercorario", in siciliano». Ora Fo, prima di ogni recita, fa esercizi yoga, cerca di tener lontano il batticuore dell'agitazione. Pensa al futuro e ruba a Ruzante la frase che vorrebbe si dicesse un giorno di lui: «Che peccato, era così vivo da vivo». Osvaldo Guerrieri «Devo tutto a Franca e a un medico che ebbe il mio stesso problema» «Avevo perso la vista al 90 per cento, avevo molti vuoti di memoria, e l'ansia mi creava insidie pericolose» Dario Fo agli inizi della carriera e Franca Rame, moglie e compagna di teatro a cui deve il suo recupero dopo la malattia

Persone citate: Dario Fo, Fo, Franca Rame, Osvaldo Guerrieri

Luoghi citati: Amsterdam, Benevento, Bergamo, Castelseprio, Danimarca, Europa, Firenze, Gallarate, San Marino, Sicilia