« Peronismo alla molisana »

« « Peronismo alla molisana » Nel Palazzo l'ex pm suscita sarcasmi e paure Asuo modo l'indubbia crudezza della formula rende giustizia a un personaggio che certo non s'è mai proposto come un tradizionale o sofisticato uomo politico, anzi. Perché quando giura nelle mani di Scalfaro, Di Pietro sbatte i tacchi come un militare, e già questo piccolo dettaglio, questa soldatesca risonanza avrebbero dovuto o potuto illuminare quel che un tempo, magari con qualche perduto automatismo, si chiamava «stile istituzionale». Così, alla prima uscita Di Pietro invoca i «suoi» carabinieri. In ogni caso ancora nulla rispetto alla scenetta di questa estate quando, entrato in aula con un evidentissimo paio di jeans, posa gli occhiali da sole sul banco, si infila la mano in tasca, alza il dito accusatore e: «Allora, posso parlare? Se mi avete chiamato, benedett'Iddio, credo sia bene che mi lasciate parlare». E magari neanche aveva torto, nel merito, e poi s'è pure flebilmente scusato dell' abbigliamento: ma quel tono, quel «decido io!»... Agli occhi di un intero ceto politico cominciava senz'altro a delinearsi l'ombra di una specie di «peronismo alla molisana», felice definizione di Marcello Veneziani, che pure si peritava di denunciare i rischi di un qualche possibile «inselvatichimento». Da allora, si può dire, il trantran dipietresco ha proceduto con mirabile regolarità secondo i canoni del decisionismo, della semplificazione, della comunicazione diretta, della conclamata diffidenza verso oligarchie di dubbia moralità. Così, per merito di questo ministro così anomalo, così differente da loro, senatori e deputati hanno via via assistito all'esplosione della grana del Giubileo, a quella della variante di valico, a quella dei fondi della cooperazione, a quella sulla trasparenza dei pubblici dipendenti, a quella sulle certificazioni anti-mafia, chiudendosi per ora il cerchio con un ritorno di fiamma della grana giubilare. Ora, pur senza entrare nel merito di tali controversie, e anche tralasciando il braccio di ferro sul numero di automobili dotate di palette ferma-traffico e l'accesa discussione, pare, sui poteri giudiziari da assegnare ai comandanti delle navi militari, vale semmai la pena di notare che in tutti questi spinosissimi casi - e in quelli che volentieri aprirà in un prossimo futuro - il ministro Antonio Di Pietro seguita 1 a essere «solo contro tutti», come si conviene a un vero leader della moderna anti-politica. Forse anche per questo non parla quasi mai con i giornalisti, e però talvolta gli scappa di parlare di sé in terza persona, come Cesare o Napoleone. In compenso Di Pietro scrive su Oggi una rubrica settimanale che con una scelta tanto elementare quanto sintomatica è intitolata «Dalla parte dei cittadini». E qui a volte, se lo fanno arrabbiare, può ricordare a De Mita di quella volta che Citaristi gli confessò eccetera; o a Bossi di quella volta che Patelli ammise eccetera. Anche per questo ha sempre con sé le cartuccelle. L'amore per i documenti d'archivio, d'altra parte, e la sicura competenza informatica due caratteristiche che i governanti hanno sempre delegato a figure subalterne - alimentano la credenza che Di Pietro sia un'emanazione o abbia qualche legame con i mondi misteriosi di un'intelligence ormai affrancatasi dal potere politico. Di sicuro non dimentica mai di essere stato un giudice-giustiziere. Insieme con il ben noto ardore inquisitorio, questa consapevolezza avrebbe fatto esclamare il sottosegretario Micheli in pieno Consiglio dei ministri: «Dottor Di Pietro, lei sta parlando con dei ministri della Repubblica, non a imputati di Tangentopoli, usi un linguaggio più consono». Così, almeno, è vissuto. Come uno - anche - che si nutre di pizza e supplì al bar, che lavora fino a tardi (a costo di rinverdire l'infausta leggenda della luce sempre accesa lassù) e che dorme su una branda al ministero. Uno che si fa dimezzare la scorta, non ha paura di nessuno, non si «cala le brache» davanti a Bertinotti. Uno che forse nemmeno sa di aver ispirato fumetti di trogloditi o di essere stato accostato dall'etologo Celli all'uomo di Neanderthal. Frugale e al tempo stesso ferino, predisposto ad accendere suscettibilità come fiannniferi, figurarsi se si risparmiava un paio di battute facili sui deputati che non lavorano. Inutile girarci attorno: anche per quei pochi che lavorano Di Pietro è una minaccia. La minaccia oggettiva di chi, nonostante le inchieste di oggi e le bobine di domani, nonostante le più gaglioffe imprudenze e le più sconvolgenti ingenuità, ha il potere di rendere incandescente tutto quel che tocca. Filippo Ceccarelli UH NOSTRI MRUWMITORI fi IT „«i dicono che bisogna rmv bowar*i l« maniche, che la »• i tuaxione economica è giav«' che dobbiamo entrare «««olu U ONOREVOLI GIORNATE La settimana del parlamentare ora per ora LUNEDI1 Commissione Aulo Dibattilo 9- 13 15,30- 19,30 21 Commissione Aulo Trasmissione TV 9- 13 15,30- 19,30 21 Commissione : Aula CenoVip 9-13 15,30-19,30 21 BBMBHMpjI & i \» l/M'} MBBBWMM Inferpellanze fwtf19. . £ena.. 9.H at collegio in tamiglia Lavoro . . Cenacon nelcollegio Inconm grandi elettori Manifestazioni DOMENICA Congressi Corrispondenza Inaugurazioni Relax L'articolo di «Oggi» firmato da Di Pietro che ha dato il via alla polemica