FURTWÀNGLER Il testimone feroce

Dall'America della depressione al nazismo, alla musica: escono i diari del grande direttore d'orchestra Dall'America della depressione al nazismo, alla musica: escono i diari del grande direttore d'orchestra FURTWÀNGLER M testimone feroce INATTUALE, con luminosa cecità, con disperata coerenza. Titanico, dunque disposto a soffrire anche il dolore più aspro, nella sua difesa di un sistema della musica e di una civiltà defunti: ma il suo compito era considerarli e testimoniarli vivi, perenni. Hanno la potenza e insieme la fragilità della Verità le 140 pagine dei Quaderni, il diario che Wilhelm Furtwàngler tiene dal 1924 fino agli ultimi giorni di vita nel novembre 1954. Racconto artistico e biografico del grande direttore, nato a Berlino nel 1886, responsabile del Gewandhaus e dei Filarmonici di Berlino, invitato a dirigere i teatri d'opera di Philadelphia, New York e Vienna, collega e rivale di Toscanini a Bayreuth, dimissionario da tutte le cariche nel 1934 «per ragioni politiche», assolto nel 1946 dall'accusa di «attività naziste», grazie anche alla testimonianza di Yehudi Menuhin, di nuovo protagonista a Salisburgo. Seguite da alcuni Scritti frammentari, queste riflessioni di un grande artista vengono ora pubblicate da Campanotto Editore (saranno in libreria dai primi di novembre, ne anticipiamo in questa pagina alcuni passaggi) grazie ad un attivo contributo della signora Elizabeth, ottantacinquenne, lucidissima vedova del maestro. La traduzione italiana di Roberta Caprioglio non segue l'originale tedesco, ma la versione francese di Ursula Wetzel e Jean-Jacques Rapin, direttore del Conservatorio di Losanna e curatore della collana musicale di questo editore friulano. Una decisione che sorprende, considerando la classica bellezza di quella prosa. Inoltre, si è preferito (pur citandola ampiamente) non pubblicare la prefazione di Gùnter Birkner all'edizione tedesca, e la nota biografica è troppo succinta. Rimasti segreti fino al 1980, questi Quaderni illuminano, in modo definitivo, l'atteggiamento del maestro nei confronti del nazismo: lo considera un terrificante «accidente», indegno tuttavia di determinare le decisioni di un servitore del «vero spirito tedesco». La brutalità di quel regime, che nel 1934 gli impedisce di dirigere Mathis, il pittore di Paul Hindemith, che contesta le scritture di artisti ebrei all'Opera di Berlino, non è degna di una sua fuga: «Qui ho potuto agire più che altrove, per la vera Germania, per la pace e per le arti nel mondo». Sapeva ogni atrocità, ed è restato: «come sapevamo tutti». La «vera Germania» è stata capace di creare una forma «organica» come la Sinfonia, che nasce, si sviluppa e conclude, personificazione in musica della necessità coerente del pensiero dialettico. Il suo tempo corre da Haydn a Brahms, la sua ombra sfiora Bruckner. Richard Strauss è già oltre queste colonne d'Ercole: «Paga il suo brio con la banalità, o piuttosto quest'ultima rende possibile il primo. E' così nella nostra epoca, cioè dopo il Rinascimento, da quando l'individuo è una componente dell'arte. Beethoven e Michelangelo sono delle eccezioni». Oltre è anche Mahler: se la storia non è più «organica» allo Spirito, anche la Sinfonia diventa caricatura. E se qualche critico osa dubitare dell'attualità di Beethoven, l'ira di Furtwàngler è assoluta, quanto la difficoltà a comprendere la musica contemporanea. Rifiuta i tecnicismi di Stravinskij, è convinto che «il passaggio da Wagner a Schoenberg non è un progresso, ma una catastrofe». In quanto espressione di un ordine universale, di un'armonia stabilita tra suono e idea, «il sistema tonale non è il passato, ma il futuro». Nel momento in cui ricerca l'originalità, l'arte moderna si scopre priva di senso. In quanto espressione dell'individuo è «sterile», conduce all'idolatria dell'artista e al mito deteriore del direttore d'orchestra, brillante e mediocre «simbolo politico», espressione dell'incapacità di sottrarsi al dominio della tecnica, garanzia soltanto di una diffusa medietà: «L'aquila che non può volare, non è rara oggi». Lo disgusta l'attivismo frenetico immagine di un indistinto «progresso», la pretesa della psicanalisi di applicare anche al creatore le attese e le reazioni dell'uomo medio: ma condivide le riflessioni di Jung sulla persistenza dei simboli arcaici, che non potevano lasciare indifferente un tale interprete wagneriano. Come sapeva Karl Kraus, la brevità feroce dell'aforisma, a cui nei Quaderni Furtwàngler ricorre spesso, rimane l'arma migliore contro il prevalere dell'insensatezza. E da questi scritti la sua immagine glaciale, turbata appena dal famoso turbinio delle mani nel gesto d'avvio, si staglia nitida e perduta. Come lo Spirito che si è ostinato a inseguire. Forse, si trattava soltanto di stile: «Un tempo lo stile era la vita. Oggi la imita». Sandro Cappelletto GLI AFORISMI DEL MAESTRO Davanti all'orchestra: Guardarla parlando! Parlare con calma! Tatto quello che si esige, esigerlo otalmente! Dire tutto con meno parole possibili! guardo sempre diretto e chiaro! Ridere poco. empre attivo, mai offeso. Non abdicare mai a nessun tratto della ropria personalità. Dal 1900, T«arte moderna» è astratta, ma 'astrazione è la sua morte; bisogna dunque andare al di là; lo spirito deve essere ricollegato di nuovo alla materia. Il concetto di rogresso in sé è già un'astrazione. a vita è oggi più che mai una questione di coraggio. l mondo ha creduto che la Germania di Hitler fosse il demonio e che fosse sufficiente abbatterlo perché tutto ridiventasse buono e n'entrasse nell'ordine. Ora si accorge on terrore che era solo la prima ncarnazione di un demonio, che rimane uribondo. V:^;::VM.!:^^^ Accusato di simpatie verso Hitler; i quaderni inediti fino al 1980 illuminano le sue scelte «II regime era brutale: ma sono restato al mio posto, in Germania, per la pace e per l'arte» In alto, Wilhelm Furtwàngler; qui accanto, Toscanini e (a sinistra) Gustav Mahler FURTWÀNGLER M testimone feroce