Chi ha ucciso Yitzhak Rabin?

Chi ha ucciso Yitzhak Rabin? Chi ha ucciso Yitzhak Rabin? Amos Oz: troppi killer sono ancora tra noi CGERUSALEMME HI ha ucciso Yitzhak Rabin? Di sicuro, non l'ala destra di Israele. Né il partito del Likud, né i coloni della Cisgiordania, né la comunità ebraica ortodossa, né i falchi. Ma è da quelle parti che abbiamo udito levarsi la voce dell'odio per Rabin. Mentre alcuni dei loro leader che avrebbero potuto soffocare le urla contro il primo ministro hanno preferito alimentarli. E ora, l'esame di coscienza che avrebbero dovuto fare è stato all'apparenza rimandato: pare che abbiano affari più urgenti da sbrigare. Ora molti di questi leader hanno in mente un solo affare, la cosiddetta idea della «Grande Israele». Per inseguire questa idea, molti di loro sembrano aver dipinto la pace con i colori del disastro e incendiato il dibattito pubblico riducendo la pace a una caccia ai traditori. Ma no, non solo loro gli assassini di Rabin. Questo è un gruppo di gente molto devota. L'ampia maggioranza della popolazione israeliana vuole, a certe condizioni, un compromesso storico con i palestinesi, e la divisione del Paese in due patrie nazionali. Con questo in mente, alcuni degli intransigenti dell'ideologia della «Grande Israele» ora stanno cambiando cappello. Pretendono di essere i guardiani della sicurezza di Israele e i «vigilantes» delle violazioni palestinesi agli accordi di Oslo. Tutti sanno che, se anche gli accordi di Oslo avessero garantito a Israele una pace celestiale, senza una violazione da parte palestinese, senza un incidente da parte israeliana, questa stessa gente starebbe ancora predicando che non c'è ragione di fare qualsiasi concessione ai palestinesi. Quest'anno per alcuni mesi tra aprile e settembre ci sono state pochissime violazioni degli accordi da parte dei palestinesi, che hanno prodotto incidenti altrettanto limitati alla controparte israeliana. Pieni di hybrìs, lo stesso gruppo di gente devota ha interpretato questa relativa calma come una luce verde per l'apertura del controverso tunnel di Gerusalemme, per prolungare l'occupazione di Hebron e per proseguire gli insediamenti ebraici in Cisgiordania. La logica dei falchi è questa: quando tutto è tranquillo sul fronte palestinese, perché concedergli qualcosa? Perché non rosicchiargli, acro dopo acro, terra che è ancora loro? Se, d'altra parte, la frustrazione dei palestinesi produce un'esplosione di odio violento, allora non dovrebbero ottenere nulla puntando i fucili contro di noi. Comunque, rigidi come sono, non sono gli adepti della «Grande Israele» i responsabili per l'assassinio di Rabin. Sono, invece, un gruppo di gente molto devota. Per trent'anni gli elementi fondamentalisti e i falchi di Israele hanno ridotto tutto il giudaismo al culto dei Luoghi Santi. Un coro di rabbini ardenti, che non ha mai speso una nota della moralità ebraica per gii affamati e i senzatetto della società, le sue donne maltrattate, la sua giustizia o ingiustizia, la sua compassione, questi rabbini hanno condensato tutto il loro giudaismo nelle sante tombe dei Patriarchi. Possono essere responsabili per aver alienato un'intera generazione di israeliani dal suo giudaismo, ma non sono colpevoli di aver ucciso Rabin. Sono, dopo tutto, un gruppo di gente molto devota. Naturalmente, soltanto l'assassino e i suoi complici sono responsabili per la morte di Rabin. Nessun altro. L'ispirazione per l'omicidio può essere nata dal monumento di Kiryat Arba, eretto in memoria di un altro assassino ebreo, Baruch Goldstein, che morì dopo aver ucciso trenta fedeli arabi, diventato l'eroe di una setta religiosa ultra-nazionalista. Questa setta venera la memoria di Goldstein e organizza pellegrinaggi sulla sua tomba, dov'è stato eretto un monumento su quello che è presumibilmente suolo pubblico. Sarebbe stato facile per l'assassino di Rabin dedurre - quando ancora stava riflettendo sul suo crimine che anche a lui, come a Goldstein, sarebbe stato innalzato un «martyrion». Che, uccidendo Rabin, anche lui sarebbe stato santificato da alcuni, «in nome della Grande Israele». No, gli adepti della «Grande Israele» non sono implicati nella morte di Rabin: sono, dopo tutto, un gruppo di gente molto devota. Tuttavia, alcuni di loro sono responsabili per aver propagandato la mostruosa concezione per cui tutti i mezzi sono santificati se il fine è la «Grande Israele». Un fine che giustifica tutti i mezzi non è un fine, ma un'ossessione viziosa. E questa ossessione ancora aleggia sul monumento all'assassino di Hebron, come su altri luoghi dove qualcuno si è convinto che per il santo obiettivo della «Grande Israele» tutto fosse lecito. Sta là, quel monumento blasfemo, ogni giorno, ogni ora, a attrarre fedeli e pellegrini: ratifica dell'assassinio di Rabin e incitamento a spargere altro sangue innocente. Il culto di Goldstehi deve essere vietato, senza perdere altro tempo. Se tutti i savi della Torah, tutto il clero ebraico, tutti i rabbini si fossero levati immediatamente dopo il massacro di arabi innocenti a Hebron per mano di Goldstein a scomunicare e esorcizza- re il culto di Goldstein, per sradicare il suo nome e la sua memoria, Yitzhak Rabin forse sarebbe ancora con noi. Invece alcuni rabbini sembrano aver scelto Rabin, anziché Goldstein, come bersaglio della condanna religiosa. Questo è accaduto, forse, perché alcuni del gruppo molto devoto sono più devoti alla «Grande Israele» che al sesto comandamento. E' passato un anno dalla morte di Rabin. Noi tutti l'abbiamo pianto, tornando alla vita di tutti i giorni, convinti che Rabin avesse dato la sua per la pace. Sbagliavamo: Rabin è caduto nella battaglia per stablire di chi siamo noi e che cos'è davvero questa nazione. Le generazioni precedenti, è vero, concepivano le sacre tombe in terra di Israele come segmenti simbolici del senso dell'identità ebraica. Forse, verrà un giorno in cui saranno di nuovo considerate tali. Ma per ora i fondamentalisti ebraici hanno trasformato quei sepolcri da simbolo di identità a oscura minaccia alla nostra identità collettiva. Sventolando le bandiere su quelle antiche tombe, questa gente non esita a far sì che si debba scavarne di nuove Yitzhak Rabin è morto perché ha voltato la sua schiena - e la nostra - alle tombe. Ha scelto la vita, in linea con la Torah, che ci ordina di scegliere sempre la vita. Non santifichiamo la memoria di Rabin, o il suo sepolcro. Piuttosto, santifichiamo la vita, la giustizia, la libertà, la ragione, il realismo. E' per questi valori che Rabin è vissuto ed è morto. Amos Oz Copyright Amos Oz e per l'Italia La Stampa Oggi fiaccolate trasmissioni tv e preghiere per ricordarlo Ecco il fotogramma del video dell'assassinio di Yitzhak Rabin in cui il killer Ygal Amir fa fuoco contro il primo ministro