«Giudici pagati? Solo fantasie» di Giovanni Bianconi
I «Giudici pagati? Solo fantasie» 7/piduista Emo Danesi: volevo vantarmi INTERCETTAZIONI SMENTITE I ROMA 0 non avevo e non ho alcun interesse ad avere amici magistrati a Roma. Era un discorso che faceva Pacini Battaglia, che aveva i suoi problemi». Un mese fa - il 19 settembre, nel carcere della Spezia - l'exparlamentare ed ex-iscritto alla Loggia P2 Emo Danesi rispondeva così al gip e al pm che l'avevano fatto arrestare. I due magistrati gli chiedono conto delle intercettazioni in cui lui e il banchiere italo-svizzero parlano di magistrati da pagare, processi da trasferire da una città all'altra, affari da fare insieme. Ma l'indagato nega tutto: quei discorsi sono frutto di fantasia. Unica ammissione, l'amicizia con Orazio Savia, il procuratore di Cassino accusato di essere uno dei canali delle «coperture giudiziarie» della lobby di Pacini. Ma Danesi precisa: «Con Savia non ho mai parlato di intervenire in interrogatori o altro. Tutto è frutto di una mia vanteria nei confronti del Pacini che diceva di conoscere personaggi di alto livello in magistratura. Non gli ho mai chiesto di farmi dei favori». E poco dopo aggiunge: «Io posso assicurare che Pacini non conosce Savia. Se poi Pacini ha dato dei soldi ad altri magistrati non lo so e non mi interessa». Le intercettazioni però sono lì, stampate nell'ordine di arre- sto, e il gip rilegge quelle in cui Danesi e Pacini parlano di spostare un processo da Roma a Cassino, dove l'avrebbe gestito proprio Savia. L'interrogato risponde: «Ammetto di essere in difficoltà: c'è l'80 per cento di fantasia mia e il 20 per cento di Pacini; nulla di Savia. Fu detto in televisione dei fatti e noi "fantasticammo"». Il gip insiste con altre intercettazioni, ma Danesi è irremovibile: «Sono tutte fantasie. Prima mi accaloravo e stavo male, ma in questo caso sono cose che ho inventato per rifarmi di quanto mi diceva Pacini Battaglia». Sui discorsi relativi alla «possibilità di utilizzare i magistrali», Danesi risponde: «E' stata una mia ingenuità». Poi racconta l'origine dei suoi rapporti col procuratore di Cassino: «Quando sono stato parlamentare Savia aveva in carico un procedimento per l'Eni. All'epoca era ministro Bisaglia. Rimanemmo amici quando Savia capì che non c'entravo nulla...». A Pacini, Danesi aveva riferito alcuni sfoghi del suo amico magistrato sul processo Enimont e contro Di Pietro. E adesso spiega: «Penso che Savia volesse dire che avrebbe preso lui il posto di Di Pietro. Non so se voleva dire che il reato poteva diventare di pretura. E' vero che Savia mi ha detto: il processo l'avevo io (divaga)». L'ex-deputato de parla anche del caso Castellari, il direttore generale delle Partecipazioni Statali inquisito da Savia trovato morto nel 1993: «Quando Castellari sparì, Savia era a casa mia con amici. Savia mi disse di aver aspettato due ore Castellari inutilmente (il giorno della scomparsa era fissato un interrogatorio, ndr) e di non capire perché non si fosse presentato. Commentando questo fatto, successivamente, Savia mi disse che se lo avesse ascoltato e si fosse fatto ascoltare da lui, Castellari sarebbe stato ancora vivo. Savia ci pensa molto prima di mettere in carcere una persona». In un colloquio Pacini dice a Danesi che Caltagirone «foraggiava» Savia, e al giudice Danesi spiega: «Quando Savia era a Roma si interessava di finanza ed era invitato nella società bene. Caltagirone era uno di questi. Io penso che Savia non abbia preso soldi da nessuno... Non ho contestato a Pacini quanto lui diceva ribadendo quello che io pensavo. E' stata una mia ingenuità o debolezza...». Sul ritovamento della microspia al bar Tombini racconta: «E' vero che Savia era sconvolto... Era preoccupato perché pensava: chi lo sa cosa pensano del fatto che io ero lì (c'era la moglie di Vespa che si era interessata dell'Alta velocità), si domandava chi aveva interesse; lui pensava che fosse stato qualche giornalista, io ai servizi segreti». Il gip chiede come mai i magistrati erano preoccupati e l'indagato risponde: «Savia disse: se eravamo tra di noi si poteva parlare di lavoro e di processi senza commettere irregolarità, ma essendo presente Virga, l'avvocato di Berlusconi, questo poteva essere fonte di preoccupazione». Tra le contestazioni c'è pure un cambio di soldi a favore del magistrato, e Danesi dice: «Parlando con Savia seppi che aveva venduto una casa e che voleva investire il ricavato in franchi svizzeri. Io dissi che potevo aiutarlo. Non gli feci il nome di Pacini Battaglia al quale intendevo rivolgermi. Forse se lo avesse saputo non avrebbe voluto. Io feci l'operazione, mi diede una busta con in contanti. Cambiai in franchi svizzeri e gli restituii in un'altra busta i contanti... Erano circa 400 milioni». Giovanni Bianconi L'ex parlamentare della loggia di Gelli riapre il caso Castellari: «Se un magistrato l'avesse sentito oggi sarebbe ancora vivo...» II finanziere Pierfrancesco Pacini Battaglia
Luoghi citati: Caltagirone, Cassino, Roma
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