Fondi esteri Fininvest Londra dice sì

L'Alta Corte inglese approva il trasferimento in Italia di tutti i documenti sequestrati L'Alta Corte inglese approva il trasferimento in Italia di tutti i documenti sequestrati Fondi esteri Fininvest, Londra dice sì Vanti-frode: falsi in bilancio MILANO. Sono quindici casse di documenti. E da un giorno all'altro - letteralmente - potrebbero arrivare da Londra a Milano, Palazzo di giustizia. Sono quindici casse dove si spiegano tutti i movimenti all'estero del gruppo Fininvest, attraverso una miriade di società «off-shore», per una somma che gli inquirenti del Serious fraud office (in sigla Sfo: il servizio inglese contro le frodi) hanno quantificato in 51 milioni di sterline (al cambio attuale poco più di 120 miliardi di lire) e hanno definito, senza mezzi termini, «un falso in bilancio». I legali del gruppo di Silvio Berlusconi hanno solo due spiragli per impedire l'arrivo in Italia di queste carte; ma sono appunto spiragli, e piuttosto stretti. Dal canto suo, invece, la procura di Milano aspetta fiduciosa: «Noi abbiamo sempre ragione; mi sarei stupito se gli inglesi avessero deciso diversamente», commenta scherzoso il pm Francesco Greco. Ma più eloquente di tutti è il modo in cui saluta la collega Margherita Taddei, incontrata in corridoio dopo la notizia: un gran sorriso e pollice alto. La svolta definitiva sulla vicenda delle «carte inglesi» Fininvest arriva ieri mattina. Quando i due giudici dell'Alta corte, Simon Brown e Andrew Cage, emettono la loro sentenza: il ricorso della Fininvest contro la trasmissione dei documenti in Italia è definitivamente respinto. Possono, teoricamente, essere inviati anche subito. I giudici lasciano ai legali ancora una possibilità: venerdì mattina possono presentare un appello affinché la questione venga discussa alla Camera dei Lords. Ma è uno spiraglio strettissimo, come ammette lo stesso avvocato di Berlusconi, Ennio Amodio: «La Camera dei Lords discute al massimo dieci ricorsi l'anno, e sempre su questioni generali di giustizia». E' piuttosto difficile, quindi, pensare che l'Alta corte conceda il «certificate», cioè l'attestazione dell'importanza del caso. Gli stessi giudici, dopo aver letto le 37 pagine di sen¬ tenza che danno torto alla Fininvest, hanno infatti dichiarato che «questo è un caso che si è già prolungato oltre ogni limite. Ritardare ulteriormente ed impedire alla magistratura italiana di proseguire le proprie indagini costituirebbe una violazione della giustizia». Venerdì stesso allora le carte potrebbero arrivare in Italia? Il direttore dello Sfo, Chris Dickson, se ne dice convinto «senza ombra di dubbio». Ma i legali Fininvest pensano di inserirsi nel secondo, possibile spiraglio: un esposto all'Home office (il ministero degli Interni) che deve decidere operativamente se e quando trasmettere in Italia le carte. Nell'esposto, spiega Amodio, «segnaleremo che la procura di Milano non ha rispettato il principio della buona fede, utilizzando il contenuto di quegli atti, non ancora trasmessi, per chiedere l'arresto di sette persone. Si tratta di una violazione della convenzione europea in materia di assistenza giudiziaria». Dunque la «battaglia» non è finita e i legali Fininvest sottolineano che, nella sentenza, l'Alta Corte scrive: «Nell'inchiesta italiana non è stata finora accertata la responsabilità di alcuno degli imputati» (osservazione ineccepibile: nessun processo si è concluso). Interpretazione ben diversa della sentenza vien data dagli uomini dello Sfo. «E' un verdetto - dice sempre Dickson - che dà pubblicamente appoggio alla lotta contro la frode internazionale». E per David Mills, l'avvocato inglese che cura gli interessi Fininvest, si prospettano grane anche in patria: dovrebbe essere presto interrogato assieme alla sua collaboratrice Tanya Maynard «che - spiega Dickson - nel marzo del '95 si recò a Lugano per portare personalmente in Inghilterra gli incartamenti sulle società off-shore». C'era già in Svizzera una richiesta di rogatoria, Londra sembrava un rifugio più sicuro. Ma poi è arrivato l'attentissimo «Sfo». Susanna Marzolla Sede della Fininvest. In alto: l'avvocato Ennio Amodio