Al Circolo degli artisti una felice riscoperta «Emilio Sobrero»

ARTE ARTE EMILIO SOBRERO Al Circolo degli artisti una felice riscoperta ATO a Torino nel 1890, Emilio Sobrero è stato amico e compagno di progetti e lavori d'arte con i Sei pittori di Torino, con Felice Casorati e ogni altro artista del Novecento torinese. I suoi lavori hanno una qualità pittorica non inferiore ai migliori di quell'epoca, e tuttavia il suo destino è stato di rimanere un po' in disparte, quasi dimenticato. Ora rimedia il Circolo degli Artisti con questa esauriente rassegna antologica, voluta dalla Regione, di circa settanta dipinti e numerosi disegni e bozzetti. Forse alla dimenticanza di Sobrero (fatto comunque non raro nel mondo dell'arte che procede per mode e scomparti) ha contribuito il suo andarsene a Roma all'età di 38 anni, per rimanervi fino alla morte che avvenne nel 1964. Sobrero, come documenta in catalogo la pignola ricerca di Francesco Poli, fu un po' il rappresentante dei pittori torinesi a Roma. Questi «ripescaggi» di validi artisti dimenticati sono uno degli aspetti più simpatici di una politica culturale capace di non trascurare il passato, ma premurosa addirittura di indagarlo, per scoprirvi giacenze di artistica felicità; mentre altre iniziative che puntano sui giovani in quanto tali (tra i quali, poi, pascolano ultraquarantenni) hanno un sapore più demagogico. In arte, infatti, non si dovrebbe dimenticarlo, è sempre giovane chi produce opere vive, vecchio chi produce opere morte. Andiamo dunque a vedere, senza timore di buttare il nostro tempo, questa splendida carrellata di pittura autentica, che spazia dalle figure ai paesaggi, dalle nature morte ai ritratti. Qualche influsso casoratiano è rinvenibile qua e là (nella volontà di ordine, nella ricerca di una partitura compositiva armonica e bilanciata). Ma soprattutto scorgiamo la vicinanza con il periodo «novecentesco» di Felice Carena e con il modo di operare di Gigi Chessa (si veda l'Autoritratto in camiciotto qui riprodotto). La pennellata, che sembra sfrangiare le forme privandole di un contorno netto, è bella carica di pigmento; così il prevalere dei bruni (terre e ocre) a volte rossastri ci riportano ai modi della Scuola Romana, di cui Sobrero è eccellente rappresentante. Beppi Zancan Emilio Sobrero Circolo degli Artisti, Palazzo Graneri via Bogino 9 Orario 10-13 e 15-19; chiuso lunedì Inaugurazione venerdì 18 ottobre alle ore 18. Fino all'8 dicembre MAYA KOPITZEVA Maya Kopitzeva ha 72 anni e ancora dipinge nella sua dacia le nature morte di fiori e frutta (vedi riproduzione: «Melograni e pere»), i giardini sprofondati nella neve che l'hanno resa famosa in tutta la Russia. Ha un modo di dipingere a tacche rettangolari sempre preoccupato, oltre che della resa realistica, anche della bellezza decorativa dell'opera. Questo ritmo musicale della pennellata allontana un poco le sue opere dalla lezione degli impressionisti francesi, ma rende i suoi quadri, presentati con questa personale per la prima volta in Italia, piacevolissimi oggetti di decorazione. D'altronde tutto il neo-impressionismo russo, che i Pirra ci stanno proponendo, non ricalca fedelmente quello francese. Nei Maestri russi si sente l'influsso di quel fastoso decorativismo, che è documentato nelle icone e nel folclore russo. [b. z.] Maya Kopitzeva Galleria Pirra, corso Vittorio Emanuele 82 Orario 10-12,30 e 15,30-19,30; domenica 10-12 Da sabato 19 ottobre al 20 novembre. BIASUTTI: GUIDI Come età e inizio di carriera avvicinabile moltissimo a Sobrero è Virgilio Guidi, più giovane di un anno, romano di nascita, ma veneziano di adozione fino alla morte che lo colse a 93 anni nel 1984. Guidi, che ha dipinto fino a tardissima età, è diventato ossessivamente famoso nell'archivio mentale dei collezionisti e amatori d'arte italiani per un quadro, rappresentante l'isola di San Giorgio, che il Maestro vedeva dal suo appartamento sopra l'Harry's Bar, e che ripetè moltissime volte con piccole varianti. Se guardiamo agli inizi, troviamo splendidamente documentata la partenza intimistico-naturalistica, quasi liricheggiante, di questo pittore, nella natura morta del 1918 con uva, pera, melograno e brocca (presente in mostra) e che quasi sembra un Fantin-Latour. Troviamo poi perfetta l'aderenza del giovane Maestro alla Scuola Romana in un quadro che potrebbe essere uscito dal pennello di Scipione e che rappresenta la Chiesa della Salute (qui riprodotto). Magri colori diluiti, di spenta intonazione, riescono tuttavia a rendere la barocca tridimensionalità delle forme e la luce dorata di Venezia: un capolavoro datato 1932. Il segno rapido, con pigmento più o meno diluito (come nella «Donna che si leva» del 1927), rimane una costante di questo pittore insensibile alla suggestione della preziosità materica dei pigmenti. Anzi, più si va avanti negli anni, più si scopre un Guidi poco compiacente verso il piacere degli occhi, tutto teso alla ricerca di una essenzialità che sembra quasi porlo in gara con l'arte astratta. Le sue «baronesse», figure e volti di una donna giovane, quasi bambina, sono schizzate con pochi segni di colore diluito anche su vaste superfici. E poi ci sono queste «Isole di San Giorgio», dipinti quasi monocromi in due o tre intensità di blu, che sembrano vergati con la rapidità gestuale del pittore di schizzi dal vero giapponese. L'isola, con la chiesa e il campanile, è un grumo, un cal- ligramma più scuro, sulla tela divisa in due zone di azzurro, cielo e mare. Ben cinque di queste variazioni sono in mostra, come cinque sono le «baronesse», altra variazione su tema. Più disegni che dipinti, quindi, oppure, se preferite, dipinti dove le possibilità del mezzo sono tenute al minimo. Ma è giusto rilevare che la critica ha dato a Guidi un posto di tutto rispetto nella pittura di mezzo del nostro secolo, e specialmente per queste opere audaci al limite della provocazione, [b. z.] Virgilio Guidi Galleria Biasutti, via Juvarra 18 Orario 10,30-12,30 e 15,30-19,30 chiuso festivi e lunedì. Fino al 23 novembre.

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