UNA PARIGI ROUGE E NOIR

C1 C1 E' una Parigi di chi la attraversa passeggiando senza meta, per perdersi, con gli occhi dietro alle nuvole che corrono in quel cielo più alto di qualsiasi altro cielo, «sperpero di lontananze». E' la Parigi di Anna Maria Ortese, a tinte d'acquarello, leggere, sfumate, veloci. I SEGRETI DI PARIGI Corrado Augias Mondadori pp. 279 L 29.000 E c'è una Parigi a colori forti, spessi, corposi, dipinta a olio. Quella di Corrado Augias, che nella capitale delle luci trova da tempo un campo ideale per le sue investigazioni. E' una città stratificata, quella di Augias, spogliata e poi progressivamente rivestita, e sviscerata. Con poco rispetto peri languori delicati di Parigi, le sue atmosfere struggenti perché soffuse, ma con molta curiosità per i suoi più nascosti trascorsi, per le storie accumulate di cui è fatta, per certi suoi vezzi poco noti. / segreti di Parigi. Luoghi, storie e personaggi di una capitale è il ritratto in rosso e nero che ne risulta. Sono due i poli della storia di Parigi che più attraggono Augias, l'amore e la morte. Come la città fosse un sontuoso corpo di donna: Augias ne rincorre le facili avventure, gli amori mercenari, la follia dei sensi; ma, specularmente, di quel corpo indaga anche e tallona la corruzione, la vecchiaia, l'imputridire oltre la morte. Si passa così dalle «trine morbide» di Montmartre, dai quartieri delle case chiuse, al percorso sotterraneo delle catacombe parigine. Dalla vicenda dolorosa di Maurice Utrillo, svezzato a biberon di rosso dalla madre prostituta e pittrice, al connubio indissolubile di vizio e virtù che suggella la parabola di Abelardo e Eloisa. Dalle cosce divaricate del quadro di Courbet, L'origine del mondo, che Augias non resiste alla tentazione di spiegare, al crocevia Vavin, quel fulcro della vita di Montparnasse dove spunta di colpo la statua di Balzac scolpita da Rodin, e intorno al quale si consumarono disperati amori e fiorì l'arte. Un'altra tentazione cui Augias non resiste è quella di cercare, dietro lo spessore delle storie parigine, il fantasma della capitale eterna, la «sua» capitale, Roma. Così, il ricordo di un Augias adolescente, sedotto dalla voce dell'insegnante d'italiano che leggeva i versi dei Sepolcri foscoliani, fa scaturire il parallelo (sia pure per contrario) tra gli ossari dei sotterranei parigini e le catacombe romane. Ma c'è un altro aspetto da segnalare, del libro di Augias: i testimoni ch'egli chiama a «deporre». Sono gli scrittori di Parigi, quelli che del sontuoso corpo di donna che è la città hanno fatto un personaggio. Primo fra tutti Zola, nelle cui pagine si assiste alla trasformazione di Parigi in cantiere per lo scavo dei grandi boulevards voluti da Haussmann. I nostalgici di quell'altra Parigi, meno formosa forse, ma più fatata, torneranno poi ad ascoltarne «il mormorio» sommesso nella trascrizione mdimenticabile di Anna Maria Ortese. VORREI consigliarvi un libro di critica letteraria pura, cosi serenamente e sfrontatamente pura e nuda da poter turbare la conscience morbide di molti lettori ormai disawezzi a qualsiasi discorso che non sia anche una specie di racconto o una specie di romanzo: Descrizioni di descrizioni di Pier Paolo Pasolini (Garzanti). L'intelligenza di Pasolini critico è incommensurabilmente alta ed è connessa a una forma quasi ossessiva di diligenza nella descrizione del testo (si tratta di saggi su Forster, Manzoni..., e recensioni a Calvino, Soldati - la cui scrittura «significa fraternità» - Zanzotto, e al Niccolò Tommaseo di Debenedetti, una descrizione di descrizione di descrizione...). N. B.: a differenza di un romanzo, questo libro intelligentissimo si legge tutto d'un fiato. Gabriella Bosco CIACOLE IN LAGUNA I HE curioso salotto di chiacchiere incrociate I • questo nervoso racconto di Pasinetti Ci ricorda a I qualcosa tipo la messa a punto di un ampio 1 11 motore narrativo, come in preparazione di SAI nuovi affreschi veneziani che tornino a rinvigorire la memoria dei suoi romanzi maggiori, da Rosso veneziano al Ponte dell'Accademia a Dorsoduro. Con tanti personaggi giovani e freschi, pronipoti dei mitici Partibon e di tutte le figure che hanno dato vita nei decenni ad un corposo omaggio alla borghesia lagunare. Detto questo, potremmo già aver concluso le nostre osservazioni, col rimbrotto all'autore di averci un po' costretti a saltabeccare frenetici tra nomi e parentele anziché farci riposare sull'abituale, sofisticata poltrona narrativa di vecchia conoscenza. A ottant'anni r e qualche briciola - Pasinetti sembra invece volersi mostrare capace di uno scatto da velocista, di un linguaggio agile pur nell'eleganza formale di sempre, come per scommettere con se stesso su nuove rotte ispiratorie. Cosa succede è presto detto. Gli ottant'anni del protagonista, Alessandro Borg, vedono muoversi verso gli auguri di circostanza parenti e amici, che colgono l'occasione per fare il punto sui rapporti - piuttosto complessi - che caratterizzano le loro intricate vicissitudini. Alessandro osserva tutto e tutti dall'alto di una finta saggezza da donnaiolo impenitente: il fratello Demetrio, personaggio d'una certa fama sugli schermi della Tv culturale e le sue giovani fighe Valeria e Clotilde; l'amica Justine Ampère e le sue ragazze Diana e Paolina, quest'ultima unita in amore con Clotilde. E poi rappresentanti polverosi e snob della borghesia veneziana, e una fiamma di gioventù che Alessandro rintraccia col pentimento della senilità e con la quale intreccia ima possibile storia d'affetti dell'ultim'ora... Una vicenda in sé, comunque, non esiste. Tutto sembra concludersi con la morte, in un incidente d'auto, di Paolina, e qui qualcuno mormora la parola suicidio. Ma il resto è pura «ciacola» lagunare d'alto bordo. Così i fili di queste crisi esistenziali - reali o fittizie sembra alla fine reggerli Sebastiano, il diciassettenne figlio di Alessandro, che domina la situazione dallo scranno elettivo di una maturità che dovrebbe competere semmai al vetusto genitore. Pasinetti, dicevamo, ha scelto la via del flash narrativo, come per disbrigare alla svelta le incombenze tutto sommato inutili di questi personaggi volutamente asettici e assai poco simpatici. Una sorta di pièce teatrale a compartimenti stagni in atmosfera da salotto, più che un intreccio di eventi dai quali questi menahngua di professione sembrano rifuggire per comodità. Non è più tempo di avventure faticose, neanche per i giovani ramponi della nuova generazione. Nel millennio prossimo ad affondare - un po' più rapidamente di Venezia, si spera - sembra suggerire Pasinetti, non restano a galla che tante, troppe chiacchiere superflue. , PICCOLE VENEZIANE COMPLICATE P. M. Pasinetti Marsilio pp. 142. L 26.000 ponga il problema di capire quale sia questo principio o di distinguere tra Heisenberg, Heildelberg o Heiddeger. Un mondo che crede di giocare a tutto campo ma che, alla resa dei conti, non sa tracciare demarcazioni tra il pubblico e il privato, tra la politica e l'amore, tra il fascismo e la democrazia, tra le leggi della fisica e della matematica e le convenzioni romantiche del cinema. Un mondo dove Clark Gable e Vivien Leigh coincidono con Rhett e con Scarlett di Via col vento. Un mondo, insomma, nel quale, per rimettere le cose a posto e indurre finalmente i personaggi a ritrovarne il senso soggettivo e oggettivo, devono intervenire «mostri»: esseri meravigliosi e imprevedibili, capaci di rivelare nuove «aurore», come in certe epifanie joyciane cui da taluni critici è stato accostato questo romanzo breve, che sa muoversi con indubbia sapienza tra spunti realistici e squarci visionari, pur se con taluni rallentamenti un po' troppo costruiti e a volte francamente noiosi. Donai ha avuto un'infanzia infelice, con una madre malata che lascia presto vedovo il padre, un'insegnante di piano con la quale vive un intenso e selvaggio attimo d'amore prima che il padre la sposi in seconde nozze, un amico moralmente flaccido che s'imbozzola in seminario per sottrarsi alle difficoltà economiche e politiche del tempo. E', la sua, un'esperienza traumatica che lo induce a ribellioni e tradimenti: a rinnegare la politica equidistante e conciliatoria di De Valera e combattere in Spagna i franchisti per sottrarsi all'imperiosa e gelida, distaccata e solida figura paterna. Ma che può avvenire di lui quando, dopo essere stato catturato e aver corso il rischio di farsi fucilare in Spagna (un episodio narrato con folte punte di ironia, quasi una riscrittura parodica dell'esperienza di Hemingway durante la prima guerra mondiale), torna in Irlanda solo per scoprire che il padre, colpito da un ictus, è immobile e muto in car¬ rozzella e che la donna da lui contesagli s'è imposta il ruolo di devota infermiera ma è disposta a riservare a lui le sue grazie? Come deve comportarsi allo scoprire che Hans, l'ufficiale nazista che durante la prigionia ha giocato con lui come il gatto col topo, è destinato a finire in una trappola di cui proprio Donai è il reticente artefice? Si può avere pietà per aguzzini votati alla sconfitta? E' possibile continuare a odiare e a punire i tiranni vinti, i despoti caduti? Devono esistere altre leggi, oltre a quella del tradimento. E Donai imparerà a conoscerle sulla propria pelle, stringendo finalmente un'amicizia sana con un tedesco cinico che è foise l'unico ad aver davvero capito il principio di mdeterminazione di Heisenberg e ritrovando un padre suicida attraverso un fantasma che le acque dell'aurora gli sbattono addosso, assieme a un «mostro marino» che genitore e figlio, finalmente appagati e restituiti l'uno all'altro, divorano con insaziabile appetito, in una moderna e gioiosa ripetizione dell'evangelica pesca meravigliosa. Ruggero Bianchi Sergio Peni e gioilica pe