«L'ultima piaga di Polonia»

«L'ultima piaga di Polonia» Alla vigilia di un voto drammatico alla Camera «L'ultima piaga di Polonia» 77 cardinale Glemp: no all'aborto INTERVISTA PASTORE D'UN PAESE LACERATO AVARSAVIA LL'ANGELUS di domenica scorsa il Papa non ha resistito. Preoccupato per il voto che la Camera polacca esprimerà oggi o domani sull'aborto, è esploso in una condanna che in Polonia la sinistra ha subito letto come una intrusione nella vita politica del Paese: «Una nazione che uccide i propri figli è una nazione senza futuro». La legge che ritorna alla Camera dopo essere stata respinta dal Senato è molto più permissiva rispetto a quella rigida attualmente in vigore dal 1993 che restringe la possibilità di interrompere la gravidanza a soli tre casi: pericolo per la salute della madre, conseguenza di stupro o incesto, grave deformazione del feto. Prima del '93, durante gli oltre quarant'anni di regime comunista, la Polonia ha avuto invece una delle leggi più permissive del mondo. Di tutto questo, e di altro, parliamo con il più diretto interessato, l'uomo che guida la battaglia contro l'aborto e gestisce la Chiesa polacca, sempre sotto l'occhio vigile del Papa, che, come si vede, ogni tanto interviene per dargli una mano. Jozef Glemp, primate di Polonia, ha raccolto ai tempi di Solidarnosc la difficile eredità di quello che è considerato un gigante della Chiesa non solo polacca, il cardinale Stefan Wyszynski. E un ritratto del suo predecessore pende in bella vista hello studio del palazzotto neorinascimentale sulla via Miodowa dove il cardinale riceve i suoi visitatori. Come mai il Senato ha bloccato la legge già approvata dalla Camera? «Credo siano state le proteste dei cattolici a indurre il Senato a respingere questo progetto di legge: sono state raccolte tre milioni di firme, ci sono state manifestazioni con migliaia di persone. Manifestazioni di una democrazia che agisce dal basso, che grida la sua contrarietà a un progetto che non partiva dal basso ma era imposto da un piccolo gruppo parlamentare. La società polacca non aveva espresso alcuna avversione nei confronti dell'attuale legge a difesa della vita dei concepiti che prevede i tre casi di aborto legale sui quali era stato raggiunto un modus vivendi che durava da tempo. Io non so da quale motivo politico sia stata causata l'introduzione di que sto nuovo progetto di legge che agita ed eccita la nostra società». Perché allora l'hanno fat to? Forse pensano di gua dagnare dei voti? O di rispettare un impegno preso in campagna elettorale? «Certo, anche questo, ma alla base c'è un'ideologia che tende ad attribuire un controllo totale persino sulla vita della gente, un potere così esteso che si giù stifica solo sulla base di un'ideologia». Forse la sinistra intuisce anche che dietro questa politica c'è una parte del Paese non di sinistra dispo sta ad appoggiarla sull'ar gomento aborto? «Mi è difficile dirlo. Effettiva mente una parte delle donne può pensare: "Casomai, con questa legge, sarebbe più facile". I sondaggi ufficiali indicano che le donne polacche sono divise a metà fra sostenitrici ed avversarie dell'aborto. Io non lo credo, penso che i fautori della difesa della vita siano oggi in maggioranza e che gli altri vo gliano adeguarsi alla tendenza che si manifesta nei Paesi altamente industrializzati, ed è l'argomento che utilizzano più sovente: "Vogliamo che da noi sia come in Inghilterra, come in Germania"». Ma non le sembra malsano per un Paese oscillare così frequentemente fra due concezioni dell'aborto che sono così diverse, così estreme: ai tempi del comunismo l'interruzione della gravidanza era estremamente facile, poi è stata resa altrettanto drasticamente difficile, ed ora si cerca di fare ritornare il pendolo al punto di partenza. E se poi l'anno prossimo il centro-destra vincerà le elezioni si tornerà di nuovo al sistema attuale. «E' questo il punto. La Costituzione dovrebbe indicare una soluzione a questo problema, perché la legge cambia quando cambiano i governi, la legge è mutevole, relativa, in base al principio marxista che la legge è espressione della classe dominante. Ed è per questo che noi lottiamo per introdurre il concetto di "Dio" nella nuova Costituzione, "Dio" che è il simbolo della garanzia della stabilità della legge che va al di là delle preferenze della gente. La legge è molto importante. Ma una legge che non riconosca al di sopra di sé alcuna norma di diritto naturale è solo condannata a essere sottomessa ad ogni Parlamento che viene eletto». Lei ha detto che i Parlamentari che votano a favore dell'aborto non devono trovare posto vicino all'altare. Vuol dire che vengono scomunicati? «In base al diritto canonico chi è contro la vita, quindi contro il diritto divino, si esclude da solo dalla comunità dei fedeli. E' chiaro: una persona che si macchia di tali colpe non può accedere ai Sacramenti. Non è una scomunica da parte della Chiesa. Noi parliamo di una scomunica "ipso iure", cioè l'uomo si pone da solo al di fuori della Chiesa. A me è sembrato giusto ricordarlo. La persona che interrompe la vita, cioè compie un assassinio su un essere innocente, sia che si tratti di un dottore, di una donna, pone...». O che si tratti di un politico? Perché lei ha accennato alla scomunica a proposito dei parlamentari che hanno votato a favore della legge sull'aborto. «A dire il vero i politici rientrano in una sfera su cui il diritto canonico rimane un po' ambi¬ guo, ma nella nostra visione se qualcuno vota a favore dell'aborto si pone automaticamente al di fuori della comunità dei fedeli». E sui tre casi di aborto riconosciuti dall'attuale legge come legittimi lei è d'accordo? «La Chiesa non è d'accordo, ma si tratta di un compromesso legislativo. Lo Stato non ravvisa colpe in quelle tre circostanze, per la Chiesa è una questione di coscienza da risolvere nel confessionale, è difficile obbligare qualcuno all'eroismo. Nel caso della donna che ha subito una violenza o un incesto ci deve essere in lei un elemento di eroismo che la Chiesa non può esigere. Certo propone, indica, spiega ma non obbliga, e guarda con serenità ai comportamenti ed accetta il compromesso». L'attuale scontro sull'a- borto trae la sua origine dalla vittoria del postcomunista Kwasniewski su Lech Walesa alle Presidenziali dell'anno scorso. Come mai il vostro candidato è stato sconfitto? «Credo abbiano giocato questi fattori: la forza intrinseca dei postcomunisti, la loro organizzazione e i soldi di cui dispongono, le promesse elettorali, soprattutto quelle materiali, e l'attesa di qualcosa di nuovo, di migliore, di una vita più facile. E poi bisogna ammettere che Kwasniewski è un personaggio accattivante, abile, scaltro, più giovane e più comunicativo di Walesa, che invece ha suscitato qualche antipatia. Lui non era il "nostro" candidato, ma certo eravamo più favorevoli a lui. Kwasniewski è un tecnico, un professionista della politica, potrebbe essere altrettanto capace come presidente dell'Islanda o del Portogallo». L'anno prossimo ci saranno le elezioni legislative. Avete pensato a come evitare gli errori del passato? «Noi non facciamo considerazioni di questo genere perché non pensiamo di aver fatto veramente degli errori; la Chiesa non ha puntato su un suo partito, noi non abbiamo mai avuto una de, il monopolio comunista ha escluso la possibilità che si formasse un partito del genere. I cattolici sono sparsi in varie formazioni politiche, e noi richiamiamo solo ai principi, ci limitiamo a dire in base a quali criteri un cattolico dovrebbe votare. Ci sono stati, è vero, alcuni preti che si sono impegnati a fondo, forse troppo emozionalmente, ma questo è un loro diritto di cittadini». Fino a che punto la Chiesa ha il diritto e il dovere di agire in campo politico? «La Chiesa vive ed opera nella società ed è legata al Paese. Noi non ci impegniamo in politica direttamente. Non c'è alcun prete nei partiti, nel Parlamento, nel governo, non c'è e non lo vogliamo, non cerchiamo di influire sulla politica ma indirettamente, certo, un'influenza l'abbiamo». Ma la Chiesa in Polonia viene sovente accusata di ingerenza politica. «Sì, si accusa la Chiesa di "immischiarsi nella politica" come se fosse una colpa. Ma in un regime democratico è forse vietato a un'istituzione come la Chiesa rivolgere attenzione alla politica? E certo la difesa della vita dei concepiti non è un'ingerenza politica. L'accusa che la Chiesa si immischia nella politica può solo essere un triste esempio di tendenze totalitarie». Lei ha visto il Papa di recente. Come l'ha trovato? «Ha tanta energia e un organismo così forte che malgrado le sofferenze ora sta di nuovo bene. E' un uomo di fede infinita, e alle sue spalle c'è un'intensa preghiera che è una forza che può smuovere grandi cose. La t'orza che trae dalle ore che passa in meditazione» Mi permetta un'ultima domanda che può sembrare irrispettosa. Una domanda a cui solo lei può rispondere. Non è peccato che un uomo che ha tante cose utili da fare, che tanto fa per il bene del nostro mondo, passi tanto tempo in preghiera e meditazione? «Capisco la sua perplessità. Il suo è anche un sistema di lavoro, e questo suo sprofondare nella preghiera è così fruttuoso da produrre pensieri maturi e decisioni giuste. E' una caratteristica del cristiano che è capace di amare Dio nella preghiera, e attraverso l'amore di Dio arriva all'amore per l'uomo. Questo suo contatto così vicino con Dio, che lui ritrova con estrema facilità, è il fenomeno della fede. Ed è una forza, una grande forza». Jas Gawronski Domenica all'Angelus il Papa ha gridato: «Una nazione che uccide i propri figli è senza futuro» «La difesa della vita dei concepiti non può essere considerata ingerenza politica» «La Chiesa cattolica lotta per introdurre il concetto di Dio nella nuova Costituzione» «C'era un'intesa sulla vecchia norma che consentiva l'aborto in casi estremi: non possiamo obbligare nessuno all'eroismo» «Walesa non era il nostro candidato, ma certo preferivamo lui a Kwasniewski, che pure è abile e più accattivante di I<ech» mera » se ante feriegac Nella foto grande, il Primate di Polonia, cardinale Glemp. A sinistra, il presidente neocomunista Kwasniewski. A destra l'ex capo dello Stato Walesa e Papa Wojtyla

Luoghi citati: Germania, Inghilterra, Islanda, Polonia, Portogallo