« Arafat è incavolato nero»

« A « Arafat è incavolato nero» D'Alema: i ritardi, colpa di Netanyahu LAMISSGONE DEL LEADER PDS GGERUSALEMME LI uomini di Yasser Arafat armati fino ai denti. Il luogo, il patriarcato di Betlemme, tenuto segreto fino all'ultimo. Eppoi quei momenti in attesa dell'incontro trascorsi passando da una stanza all'altra in un edificio controllato da centinaia di persone in un'atmosfera mista di sacro e profano. Ed ancora, l'estrema devozione che lega i palestinesi al loro leader e quel colloquio con il capo dell'Olp visibilmente preoccupato, interrotto dalle telefonate di Mubarak e di re Hussein. Questi due giorni a Gerusalemme hanno lasciato davvero un ricordo indelebile nella mente di Massimo D'Alema. Il segretario del pds, catapultato in un Paese dove i giornali parlano già di guerra, si è ritrovato in una situazione in cui, a differenza dell'Italia, c'è una corrispondenza tra gesti e parole. «Qui non si scherza - avverte lo stesso segretario del pds -, qui si sentono davvero i drammi, si ha la sensazione della tragedia. Quella che ho fatto è stata davvero un'esperienza singolare». Non si scherza davvero in questo ginepraio pieno di imprevisti che è il Medio Oriente, dove è meglio parlare il meno possibile per non pentirsi un domani di quel che si è detto il giorno prima. D'Alema nel giro di un pomeriggio ha incontrato gente che gli ha raccontato cose del tutto diverse, ha sperimentato come ci si può perdere da queste parti. Si è trovato di fronte un premier israeliano, Netanyahu, ottimista sull'esito delle trattative. «Mi ha detto - ha raccontato D'Alema subito dopo l'incontro - che su Hebron si è vicini ad un accordo, che ci sono solo dei particolari da definire, che lui vuole la pace. Se lui è l'uomo della pace? Questo non lo so: la differenza tra lui e Rabin è che quest'ultimo era riuscito a conquistarsi la fiducia dei suoi avversari». L'uomo nuovo dei laboristi israeliani Ehud Barak gli ha, invece, prospettato il rischio di una guerra con la Siria. «Un personaggio notevole - è stata la descrizione che ne ha fatto D'Alema -, uno che tratta Netan- yahu con sufficenza e ricorda sempre che lui è stato un tenente colonnello e l'altro un semplice soldato». Nel colloquio con Yasser Arafat, invece, il segretario del pds ha capito che l'ottimismo in questo momento è davvero fuori luogo. «Il leader dell'Olp è incavolato nero - ha spiegato - . E' - coinvinto che siamo in una stuazione drammatica, in uno dei momenti più difficili della storia di questo Paese». Parole diverse, analisi quasi opposte su cui alla fine la realtà, la tragedia di quello studente palestinese ucciso ieri mattina dai soldati israeliani, ha avuto il sopravvento. Ci si può perdere davvero in Palestina, in un Paese dove la politica è alle prese con la morte, con la guerra. Così se la sera prima, nella cena al consolato, il responsabile della politica estera del pds, Umberto Ranieri, si era mostrato attento ai problemi posti da Netanyahu («qui se non ci si pone la questione della sicurezza dello Stato d'Israele, non se ne viene fuori. Arafat è portato a drammatizzare per avere più forza nella trattativa»), ieri il numero uno della quercia prima di lasciare Gerusalemme ha maturato un giudizio ben più duro sull'attuale politica israeliana: «La situazione è molto grave - ha spiegato all'uscita dell'incontro con il presidente del parlamento palestinese a Ramalle -. Gli incidenti di queste ore stanno a dimostrarlo. Il governo israeliano ha grosse responsabilità per i ritardi che ci sono nell'attuazione degli accordi per Hebron. C'è il rischio che la situazione si infiammi e la chiusura dei territori con il conseguente aggravarsi della situazione sociale ed economica aumenta i rischi. E' un passaggio difficile e le responsabilità maggiori sono nell'incertezza che dimostra l'attuale leadership israeliana: da una parte assicura che vuole portare avanti il processo di pace, dall'altra è paralizzata dalle cose dette nella campagna elettorale. Speriamo che l'opinione pubblica israeliana che vuole la pace riesca ad esercitare le pressioni necessarie affinché il governo cambi rotta. I rischi di una guerra tra Isreale e Siria? Il ministro degli Esteri israeliano, Levy, mi ha chiesto di riferire al governo di Damasco che Israele è pronto a riprendere le trattative». Così il segretario pidiessino, arrivato con un atteggiamento più aperto che in passato verso Israele, ha lasciato Gerusalemme con un giudizio duro sul governo di Tel Aviv. Si era sbagliato? Probabilmente no, ma per esercitare un ruolo il D'Alema che si affaccia sullo scenario internazionale sa benissimo che deve accreditarsi con tutti. E l'obiettivo principale del suo primo viaggio in Medio Oriente è, soprattutto, questo. «In politica estera - ha spiegato in questi giorni - conoscere i protagonisti, parlargli direttamente, è importante». Se poi dovesse pensare ai modi con cui risolvere il conflitto tra Isreale e Palestina il segretario del pds sicuramente si farebbe consigliare dall'ex suocero che ha avuto, che l'altra sera al pranzo al consolato citava Marx e conosceva a menadito al storia dell'Urss. «Un gran personaggio - ha confidato il segretario pidiessino -: lui è un professore di chimica ebreo che si è preso sei mesi di aspettativa per venire qui, ad insegnare ai ragazzi arabi. Se il mondo fosse così...». Augusto Zinzolini