«Riforme subito con la mano di tutti» di Renato Rizzo
Il Presidente a Genova ricorda Terracini e la Costituente: non ripetiamo la sofferenza del fascismo Il Presidente a Genova ricorda Terracini e la Costituente: non ripetiamo la sofferenza del fascismo «Riforme subito, con la mano di tutti» Scalfaro: via alla Bicamerale GENOVA DAL NOSTRO INVIATO E' un allarme forte che irrompe tra le risse, gli scandali e le tensioni in cui si torce il Paese. Un avvertimento accorato che evoca per questa Italia il rischio incombente di giorni bui: c[uasi un volteggiare di fantasmi che s'immaginavano evaporati per sempre. No, il passato potrebbe non essere cosi lontano come vorremmo. Uno Stato che, in certi momenti, pare sfiorare il collasso può temere, con qualche ragione e con qualche paura, l'avvitarsi di esperienze drammatiche. Oscar Luigi Scalfaro guarda all'Italia che zoppica inseguendo un domani di riforme: le nuove regole, dice, sono essenziali, vitali e «vanno scritte con la mano di tutti». Ma vanno scritte in fretta, senza indugi. Questo impegno a fare, leale e risoluto, deve incominciare, secondo il Presidente, qui ed ora. Ispirandosi ai padri della patria che, cinquant'anni fa, scrissero la Costituzione riuscendo ad imporsi un atteggiamento super partes e «portando a sintesi» ideologie, convinzioni e posizioni diverse. Allora, a rendere possibile il loro sforzo fu, prima di ogni altra cosa, il «denominatore comune della sofferenza» di chi usciva dall'incubo della dittatura. Sarebbe colpevole follia rischiare, per inerzia o piccolo calcolo politico, che, domani, un'analoga «sofferenza» fosse drammatica guida alla mano di chi è chiamato ad aggiornare la nostra Carta costituzionale. Parla a Genova, il Capo dello Stato, ad un convegno che rievoca la figura di Umberto Terracini, presidente dell'Assemblea Costituente. E nel suo intervento spazia tra passato e presente, fruga nei ricordi personali. Lodando Terracini, Scalfaro loda la sua Costituente: «Da allora ho maturato una convinzione che non ho più cambiato: molti furono i denominatori comuni che determinavano quella maggioranza: politici, ideali, di reazione alla dittatura, di difesa dei diritti umani». Ma uno, al di sopra di tutti, gli è rimasto impresso come un marchio: quello, appunto, della sofferenza, il luogo dell'anima da cui giungevano tanti membri di quell'assemblea: «Lo si vedeva sulle labbra di De Gasperi», lo si coglieva «in Nenni», lo si scopriva «nella vita di Terracini e di altri». E' questa la base «della pagina incredibilmente bella sulla dignità, sui diritti e sui doveri della persona umana. Pagina incancellabile, completa». E' tempo di tornare ad oggi. Nella grande sala di Palazzo Ducale ancora aleggiano le parole di Giorgio Napolitano che, riferendosi alla Commissione Bicamerale, ha notato: «La preconcetta sfiducia o il proclamato scetticismo nei confronti di questo strumento non possono condurre da nessuna parte. E certo il problema non si risolve invocando uno strumento eccezionale come la Costituente». Scalfaro, la soluzione la intrave¬ de: «Per scrivere una norma che ha il diritto d'avere lunga vita è necessaria la mano di tutti», con «amore», ma anche non nascondendosi una paura: «Non attendiamo, per ottenere un denominatore comune, di arrivare a quella sofferenza così profonda» che ferì e spronò i padri della nuova Italia. Unità occorre. E il presidente del Senato, Mancino, richiama «la necessità di questa convergenza evidenziata dal Capo dello Stato», mutato da Violante secondo il quale «le riforme non possono essere fatte solo da una parte: c'è bisogno, quindi, di accantonare le divergenze». Inviti all'ecumenismo spediti anche da Massimo D'Alema, insieme ad un timore che pare in sintonia con quello del Quirinale: «Che nessuno possa, poi, dire: "Ho vinto io", semplicemente perché si è arrivati al caos». Avanti, allora, con questa «Bicamerale voluta dal Parlamento» esorta Scalfaro che, di fronte ai membri della Regione Liguria, nel pomeriggio, sembra quasi assegnare i compiti alla Commissione: intanto «dare contenuto a terrnini come decentramento, federalismo ed autonomia», ma, soprattutto, imporsi di rispondere ai diritti «della gente che deve poter comprendere e partecipare». Viviamo giorni in cui impera la dialettica, «e la dialettica è vita». E, quindi, proprio per rendere fruttuoso questo confronto, è importante, secondo Scalfaro, che chi è chiamato a riscrivere parte della nostra Carta, eviti per se stesso la condanna peggiore: quella di un cittadino che, guardando al suo lavoro, alzi le spalle e dica: «Io non c'entro». Renato Rizzo A sinistra, il presidente della Repubblica, Scalfaro, durante la visita a Genova per commemorare Terracini Sotto, il presidente della Camera, Luciano Violante
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