Chiantishire guerra alle ruspe di Carlo Grande

22 il caso. Da Cases a Beck, appello contro gli insediamenti industriali Chiantishire, guerra alle ruspe Egli intellettuali firmano per il paesaggio LE ruspe faranno scorpacciata di olive, vigne e cipressi nella valle del Chianti? Dopo il caso delle villette a schiera di Mon- temassi, 1'«ultimo assalto alla rocca di Guidoriccio» denunciato pochi giorni fa da Frutterò e Lucentini, decine di vip della cultura sono sul sentiero di guerra contro i progetti del Comune di Radda in Chianti, che con una variante al Piano regolatore intende trasformare un incantevole tratto della valle Pesa, tra Lucarelli e Radda, in area per cantieri e insediamenti industriali. Sono previsti 400 mila metri cubi di cemento (ville e capannoni, a quanto pare) sulla sponda del fiume. Uno schiaffo al paesaggio, una «stecca» insopportabile nell'armonia che queste colline producono da secoli. Primo firmatario della petizione (cui si è appena aggiunto il critico americano James Beck, e che annovera tra gli altri Giulio Einaudi, Renato Solmi, Luciano Berio, Vittorio e Paolo Taviani, Piero Bigongiari e Massimo Bogianckino, oltre a Legambiente e Italia Nostra), è Cesare Cases. L'intellettuale cita Raymond Flower, «uno di quegli inglesi che hanno trasformato quella terra toscana in "Chiantishire"». Ebbene, dice Cases, «Flower criticava le città "circondate dalla monotonia di uniformi periferie, con antichi edifici che sopravvivono avulsi dal contesto sociale, quasi rinchiusi in bacheche di vetro come gli oggetti esposti nei musei", ma sottolineava l'eccezione del Chianti. Qui, diceva, "i caratteri essenziali di un piccolo mondo urbano sono rimasti integri e avvertibili, perché i valori umani vi prevalgono ancora". Ma, aggiungeva profeticamente, è "una felicità forse anacronistica, destinata anch'essa a una probabile e più o meno prossima fine"». Oggi, lamenta Cases, «vogliono mettere in piedi una zona artigianale dove non ce n'è assolutamente bisogno: l'industria più importante del paese, la fabbrica di cucine Laca, che dà lavoro a una cin- quantina di operai, ha sempre rifiutato tale sistemazione. In verità si vuole creare mi quartiere di villette a schiera». Contro il progetto si è mosso da New York, nei giorni scorsi, persino James Beck, che è già intervenuto mesi or sono per gli affreschi di Giotto nella cappella degli Scrovegni a Padova, minacciati da una falda acquifera che nessuno ha ancora pensato di prosciugare. Beck chiama a raccolta i quasi mille membri della presti¬ giosa ArtWatch International per salvare, dice, «la regione del Chianti, una delle più importanti zone della Toscana, un tesoro internazionale rimasto miracolosamente intatto negli ultimi duemila anni». Tra i firmatari c'è la duchessa Hamilton, che in rappresentanza degli anglo-chiantigiani vuole coinvolgere la Cee. Sull'area (che ha un nome evocativo: «Campomaggio»), c'è anche il blocco della Sovrintendenza: la legge Galasso impone il suo parere quando si tratta di intervenire a meno di 150 metri dal letto dei fiumi. Al Comune, tra pochi giorni, l'ultima decisione. Il sindaco si difende («dobbiamo rispondere alle esigenze di settori economici in difficoltà») ma Cases cita «le anse del faticoso linguaggio della ditta appaltatrice: "Vogliamo ricreare le condizioni di mi ambiente tipico del lavoro artigianale; ricercare un senso civico e comunitario che tale attività produce; inventare, attraverso le soluzioni architettoniche e urbanistiche, una pluralità e intensità di relazioni che fanno dell'ambiente di lavoro un insieme strettamente intrecciato alle sorti dell'insediamento e del luogo dov'è inserito". Il senso di tutto il discorso, se senso c'è (e purtroppo c'è) è che si vuole "inserire" un impianto urbano in piena campagna». La Toscana sembra dunque essere diventata il caposaldo internazionale della «rivincita del paesaggio». A Firenze si è appena concluso il congresso mondiale dell'Ifla, «International federation of landscape architects», l'associazione che raccoglie gli architetti del paesaggio. Sono intervenuti oltre mille specialisti da tutto il mondo, dal Giappone all'Inghilterra, dalla Cina all'Iran: il loro obiettivo è «dare un volto più bello al mondo nel terzo millennio». L'architettura del paesaggio è una disciplina in piena espansione, culturale ed economica: solo in Italia muove opere (dal recupero di cave e discariche ai piani urbani del verde, dalla valutazione - obbligatoria per legge - dell'impatto ambientale al verde privato, in giardino o in villa) per un fatturato di 2 mila miliardi, dei quali 400 in Toscana. Da pochi mesi è nata una sezione anche in Piemonte. E proprio al padre dell'architettura del paesaggio (Frederick Law Olmsted, creatore nella seconda metà dell'800 di Central Park a New York, di Yosemite, dei campus di Berkeley e Stanford, del sistema di parchi a Detroit, Boston e delle Cascate del Niagara), l'Ente Cassa di Risparmio ha organizzato quest'estate una grande mostra agli Uffizi, la prima in Europa. La difesa di Campomaggio (ultima battaglia di Antonio Cederna, il grande ambientalista recentemente scomparso), coinvolge Matthew Spender e Maro Gorku, proprietari della casa dove si è girato Io ballo da sola. Difficilmente Bertolucci avrebbe fatto danzare Liv Tyler fra i capannoni. Carlo Grande iisiii _jhP fili I tiH uni II II lini iiM^HWWBHr™*8^ ili Ai lati, due immagini del Chianti, nei pressi di Radda Da sinistra, Cesare Cases, Giulio Einaudi e Luciano Berio Fra vigne, cipressi e oliveti 400 mila metri cubi di cemento