Betuza e Montanelli, esplode la pace di Indro Montanelli

Betuza e Montanelli, esplode la pace I due grandi giornalisti riannodano l'amicizia a 13 anni dalla pubblica rottura Betuza e Montanelli, esplode la pace L'occasione? Un lusinghiero giudizio su «Esilio» LECCE il ON Montanelli? Abbiamo I appena fatto pace. L'anI i nuncio dato da Enzo BettiV* I za, durante la presentazione del suo Esilio a Campo Salentina, nell'ambito della rassegna «La città del libro», è stato accolto da un fragoroso applauso del pubblico. Si è concluso, così, un divorzio durato 13 anni tra le due firme illustri del giornalismo italiano. Sancita da un pranzo, sabato scorso, nel ristorante milanese Santini, a base di gnocchetti al pomodoro, innaffiati da vino bianco. «La rottura con Montanelli - dice Bettiza - era ormai una domanda endemica, a ogni mia conferenza, a ogni incontro pubblico. Sono febee di aver potuto annunciare che ci siamo finalmente riconciliati. Lo strappo? Avvenne nell'83 ai tempi del Giornale. Ormai è acqua passata, ci abbiamo messo una pietra sopra. Preferisco non parlarne più. Le redazioni dei giornali sono ambienti difficili, serpeggiano le incomprensioni. Fu per me una rottura dolorosa. Anche se molto civile, senza volgarità, senza rancori». H ramoscello d'ulivo? E' contenuto nell'ultimo romanzo di Bettiza, EsiZio, vincitore del Campiello. «Montanelli ha letto il mio libro, ha fatto una dichiarazione lusinghiera lodando le mie capacità di scrittore. Mi sono commosso e gli ho telefonato. Ci siamo incontrati al ristorante, abbiamo parlato di libri. Un'affettuosa rimpatriata. E' stato faticoso non vederlo per tutto questo tempo, non collaborare più con lui. Nutrivo un enorme rispetto professionale e letterario, lo consideravo un fratello maggiore. La no¬ stra amicizia si era cementata durante le battaglie civili del Giornale. Quando Montanelli fu ferito dalla Br, come condirettore mandai io avanti la testata. Con momenti drammatici». Anche Montanelli è febee di aver chiuso questa lunga parentesi di silenzio. Che aveva spezzato una densa sintonia di idee, di stili, maturata prima al Corriere della Sera e poi nell'avventura del Giornale iniziata insieme nel giugno '74. «Bettiza mi ha telefonato per ringraziare della mia dichiarazione sul suo libro, sul suo straordinario talento da scrittore, confessandomi una profonda commozione - dice Montanelli -. Ci siamo immediatamente ritrovati. Non dovevamo chiederci scusa, perché non ci eravamo mai insultati. Avevamo avuto un rapporto di sincera amicizia. Come potevo dimenticare le battaglie fatte insieme al Giornale! Ma lui era un passionale, un sognatore. A un certo punto il rapporto naufragò su uno scoglio ideologico. Divorziammo per 5 Lib-Lab. Capisce che fesseria?». Le ragioni del divorzio sono sepolte negli archivi. Il 28 febbraio dell'83 Bettiza, deputato al Parlamento europeo per il gruppo liberal-democratico, vergò un'asciutta lettera di commiato: «Non per mia responsabilità sono stato costretto a prendere atto di una situazione di incompatibilità per la mia dignità e la mia funzione di direttore». Si sentiva poco coinvolto nel lavoro redazionale, si sentiva un direttore «desk and Windows isolato nel suo solitario ufficio». Ventisei giorni prima un articolo di fondo di Francesco Damato sulle nomine all'Eni, favorevole ai socialisti, era stato bloccato e Bettiza non ne era stato informato. Bettiza, d'altro canto, lavorava da qualche anno a una terza forza nel nostro panorama politico. Pensava un polo laico, ispirato al leggendario Mondo di Pannunzio. Miscelando il liberalismo moderno col socialismo riformatore. Contrapponendosi al pei, rivestendo un ruolo «pedagogico» verso il psi, e spingendo la de a «essere più moderna attraverso scelte occidentali e non populiste». Ma Montanelli preferiva che II Giornale continuasse a restare equidistante e critico verso tutti i partiti. Ci furono scambi epistolari, pas¬ seggiate, incontri. Poi il fondo del direttore Montanelli «a un amico che se ne va» per spiegare ai lettori che «il ritiro di Bettiza è dovuto unicamente a un dissenso ideologico». «Anch'io ero affascinato dall'idea di un incontro tra liberismo e socialismo - dice ora Montanelli -. Ma ero meno passionale di lui e quindi più scettico. Gli dicevo, guarda come il tentativo è falhto nella tua seconda Patria, in Jugoslavia. Oltretutto da noi il progetto era nelle mani di uno come Craxi. Ma lui era convinto. Credeva in quell'utopia. E su questo punto avvenne la nostra separazione. Ora il Lib-Lab è morto e sepolto. Dovevamo continuare a tenerci il broncio per una questione d'archeologia, per un dissapore ormai basato sul nulla? Certo che no. Con grande gioia ci siamo riabbracciati». Bruno VentavoG Enzo Bettiza e alla destra Indro Montanelli

Luoghi citati: Jugoslavia, Lecce