Neocomunisti il grande

I loro miti sono Gino & Michele Paolo Rossi, Gabriele Salvatores INCHIESTA L'ENIGMA RIFONDAZIONE Neocomunisti, il grande equivoco Non nostalgici, ma campioni della mediazione sociale MILANO OMENICA scorsa, nella storica sede partigiana dell'Anpi di via Mascagni, al termine del convegno su «Sessualità, famiglie, diritti di libertà» organizzato sotto la falce e il martello di Rifondazione, si è.celebrato quello che il quotidiano di partito «Liberazione» definiva «happening dei gay e delle lesbiche comunisti». Non possiamo garantire sul tasso di comunismo degli omosessuali partecipanti, né sappiamo se in fatto di pensioni e Irpef la pensino davvero come Fausto Bertinotti. Ma di certo non è venuta meno ai partecipanti la calda accoglienza di uomini come Armando Cossutta e il gappista Giovanni Pesce, che in altri tempi avrebbero espulso per indegnità morale dal pei chi avesse manifestato preferenze sessuali men che ortodosse, Due sere prima, nella nuova sede del centro sociale Leoncavallo, erano parecchi i rifondatori milanesi convenuti a festeggiare il ventunesimo compleanno di quella realtà movimentista arrabbiata, sorta in contrapposizione con il partito di Pecchioli e Berlinguer. Con il suo 8,6 per cento dei voti -più del doppio di quelli che ha preso Dini o che era abituato a prendere il laico La Malfa, per intenderci - Rifondazione comunista è oggi al centro di un colossale equivoco. L'equivoco della sua residualità. Sono forti? Per forza, si sente minimizzare, ci voleva ben qualcuno che radunasse i nostalgici del comunismo italiano e desse voce alla resistenza passiva dei pensionati e degli operai deprivati dell'Utopia. Una robusta scheggia di passato, insomma, fastidiosa in quanto determinante per la navigazione del governo Prodi, ma destinata a morire di vecchiaia. E invece è il caso di partire da quel dialogo surreale al «Maurizio Costanzo show». Massimo D'Alema, con sufficienza: «Non ho smesso di pensare che un domani noi e i compagni di Rifondazione potremo stare nello stesso partito». Bertinotti, di rimando: «Io sono un uomo dTgrandi ambizioni ma non fino al punto d'illudermi che il compagno D'Alema si iscriva a Rifondazione comunista», Forse a Botteghe Oscure si pensa che Rifondazione sia la combinazione ben riuscita tra le cravatte libertarie di Bertinotti e il grigiore susloviano di Cossutta, riuniti nel tardoperaismo di fine secolo. Ma basta venire qui a Milano in visita alla federazione di Re più forte d'Italia, con i suoi oltre cinquemila iscritti, per scoprire come la faccenda sia assai più complicata. Rifondazione, a dispetto del suo nome, ha già oggi pochissimo a che fare con il comunismo. In compenso si consolida come moderno partito metropolitano, capace come vedremo di offrire una merce sempre più rara nei ghetti del disagio e della solitudine: la mediazione sociale. Incontrare gh" esponenti più noti del partito milanese che ha in Armando Cossutta il suo leader storico è un po' come immergersi in un virtuoso Trainspotting all'italiana, stesso gergo da scoppiati, stesso antagonismo metropolitano del film sui drogati di Edimburgo, solo che qui si predica l'organizzazione anziché l'arrangiarsi individuale. Umberto Gay, capogruppo a Palazzo Marino e consigliere in assoluto più votato nel '93 tra i non leghisti, si è da poco levato l'orecchino ma conserva la voce, il bavero rialzato e la gestualità del perfetto ganassa. «Ogni volta che entro al Leoncavallo c'è sempre il coretto che mi sfotte "La disoccupazione ci ha dato un bel mestiere, mestiere di merda fare il consigliere", io li applaudo e finisce in ridere. Perché quei ragazzi poi hanno una capacità rara di mantenere la parola data, e questo io l'ho fatto capire anche al questore». Ma in effetti che mestiere fa uno come Gay, protagonista in Consiglio comunale dopo che per anni lo è stato in città come cronista giudiziario di Radio Popolare, sempre al limite, in mezzo agli scontri di piazza, a bersi un grappino nei bar della mala e poi a infervorarsi con quelli della Mobile, in dialogo permanente con Vallanzasca e con i detenuti politici del terrorismo Anni Settanta? «Io fin da quando ero responsabile del servizio d'ordine di Democrazia proletaria ho imparato il mestiere dei poliziotti e ho capito che non sono tutti sbirri. Quindi faccio quello che cerca di riequilibrare i rapporti di forza, impedisco che i ragazzi dei centri sociali accettino battaglia morendo da eroi al canto dell'Internazionale. E li porto anche a ragionare di polìtica, nel pieno della tensione. Glielo spiegavo, quando Formentini voleva il loro scalpo: "Ragazzi, stavolta non bastava che mediassi io col questore. Stavolta se non andava Cossutta a parlare col Viminale, non la sgamavamo mica via"». Quanti voti valgono i centri sociali autogestiti nella metropoli della moda e della finanza? A rigor di logica, pochi. Ma in¬ tanto, oltre a Gay, i dropout sono riusciti a eleggere anche un altro rifondatore a Palazzo Marino nella persona di Davide Tinelli, detto Atomo, quello che di fronte a un Formentini allibito dieci giorni fa si è esibito in un intervento tutto ritmato a tempo di rap. Autoriduttore dei biglietti del tram, graffitaro, la A di anarchia tatuata sulla mano e sul petto le cicatrici autoprodotte col rasoio quand'era punk, Atomo si presenta: «Io vengo dall'Autonomia, il pei per me era quello che mandava in galera i miei compagni, oggi invece sono iscritto a Re e applico il metodo che mi ha insegnato Primo Moroni, rapportarsi alle istituzioni restando dalla parte giusta della barricata». E' ovvio che se facessimo il conto dei cinquemila e rotti iscritti milanesi, prevarrebbero gli operai e i sindacalisti provenienti dal pei guidati da gente come l'ex figiciotto Augusto Rocchi o l'Aurelio Crippa, cossuttiano doc della Camera del lavoro di Sesto San Giovanni, oggi capo nazionale dell'organizzazione. Ma non sarà certo un caso se cinque consiglieri comunali su sei non hanno nulla a che fare con i fuoriusciti dalla federazione picista di via Volturno, e anche il capogruppo in Regione, Pippo Torri, è un ex demoproletario. Rifondazione gruppettara, dunque? Anche questo sarebbe un equivoco grossolano, nonostante che fino ai giorni scorsi la federazione fosse ospitata in via Vetere, al Ticinese, dov'era la vecchia sede di Avanguardia Operaia. Milano è una città disinvolta in cui pezzi di borghesia giovanile negli Anni Settanta si sono addirittura convertiti allo stalinismo. Con la stessa sicumera ostentata da coloro che si sarebbero poi proclamati craxiani, leghisti, berlusconiani. Se non altro per nostalgia e bisogno d'identità, troverete ancora molti di quei ragazzi divenuti professionisti incrementare il voto borghese al partito di Cossutta e Bertinotti, anche se della pensione d'anzianità non sanno che farsene. Hanno votato Tiziana Maiolo, finché lei è passata dall'altra parte, adesso il loro astro nascente è Giuliano Pisapia, cognome importante e passato sulle barricate, neopresidente della commissione Giustizia della Camera. L'operaista per eccellenza Corrado Delle Donne, fondatore del Cobas dell'Alfa di Arese, può anche uscire dal partito sbattendo la porta; e la corrente trotzkista guidata da Filippo Grisolia può combattere la scelta di appoggio al governo Prodi. A loro, ai rifondatoli senza comunismo, interessa di più riconoscersi in Gino & Michele, Paolino Rossi, Gabriele Salvatores, nel clan cabarettistico dello Zelig e della Smemoranda, l'aziendaagenda che tramite Nico Colonna vede fra i suoi azionisti il partito di Rifondazione. «L'ho celebrato io il matrimonio di Gino & Michele - racconta Gay - non nel senso che si siano sposati tra di loro, uno era testimone dell'altro e io me li confondo sempre». Prevalentemente interista, quest'«altra Milano» arrabbiata e sarcastica trova nel vecchio Armando, bel nome da canzone di Jannacci, un baluardo sicuro contro il rampantismo che affliggerebbe viceversa un pds all'inseguimento della Milano moderata. Cosa c'entra Cossutta con il punk Atomo e il randa Gay? La risposta sta proprio nel meccanismo sofisticato e modernissimo della mediazione sociale di cui tutti costoro si rendono protagonisti. A Milano il consigliere Gay media tra gli anarchici individualisti del circolo Mandragola sfrattati da piazza Aspromonte e il resto del mondo. Gli arriva perfino la telefonata del questore: «Consigliere Gay, perché non convince il vicesindaco a dare una sede nuova a quei benedetti ragazzi?». Lui cerca di farli ragionare e intanto va a trattare con la «Recupero Navigli srl» del finanziere Jody Vender «che per me era un emerito sconosciuto, poteva chiamarsi pure Gigino 'o Scannato», finché ottiene lo stabile di via Gola sul Naviglio. Ecco cosa c'entra Cossutta con questi rifondatori milanesi: lui esercita il loro stesso identico mestiere su scala nazionale a Roma, mediando con Prodi e rivendicando i punti che sottrae al rigore di Ciampi. Ma al tempo stesso, da vecchio togliattiano, garantisce la governabilità. I ragazzi di Milano lo amano perché lo trovano «serio e sensibile». Un professionista della politica, dentro il disagio metropolitano, ha il futuro assicurato. Gad Lerner (Continua) L'«altra» Milano Ragazzi dei centri sociali e professionisti, uniti contro il rampantismo Quello di Cossutta e Bertinotti è un moderno partito metropolitano, vicino come nessun altro ai ghetti del disagio e della solitudine I loro miti sono Gino & Michele Paolo Rossi, Gabriele Salvatores lo Zelig e l'agenda Smemoranda Astro nascente Giuliano Pisapia fer**' Umberto Gay. A ds. corteo di «leoncavallini» Pensionati con bandiere di Rifondazione Sopra: Armando Cossutta A destra: Giuliano Pisapia