la «bomba-lrpef » scuote il governo di Alberto Rapisarda

«Manovra-bis a primavera» Il premier: accuse strumentali. Berlusconi frena Fini sulla mozione di sfiducia a Vìsco la «bomba-lrpef » scuote il governo Prodi convocato al Quirinale ROMA. Al terzo giorno di marasma e incertezza sulle nuove aliquote Irpefil capo dello Stato ha invitato al Quirinale il presidente del Consiglio Prodi, per capire cosa sta succedendo. Cioè, come è stato possibile annunciare l'aumento delle imposte anche per i redditi più bassi senza contestualmente spiegare con quali detrazioni ci sarebbe stato il recupero. A sera il ministero delle Finanze ha dato i chiarimenti richiesti ma, nel frattempo, il governo è stato sballottolato da una tempesta di polemiche che hanno portato l'alleato Bertinotti a minacciare nuovamente un voto contrario e l'avversario Fini a ipotizzare una mozione di sfiducia individuale contro il ministro delle Finanze, Visco. Romano Prodi, in mattinata, mentre era in visita al Cairo, aveva negato che ci fosse alcun problema: «Ma che tensioni vedete? Ma dove sono? Non ho mai visto una situazione cosi pacifica». A sera, però, rientrato a Roma e andato da Scalfaro, Prodi prendeva atto della situazione reale. Gli attacchi a Visco «sono ingiusti, strumentali e frutto di scarsa informazione o di perfetta malafede», diceva. E cosi ammetteva che la cattiva informazione c'è stata. Comunque, ha assicurato il presidente del Consiglio, il governo si assume collegialmente la responsabilità degli atti del ministro delle Finanze. Un modo per dire che una mozione di sfi- ducia contro Visco equivarrebbe ad una mozione contro l'intero governo. In realtà, il capo di An aveva presentato la sua ipotesi in modo molto vago («stiamo prendendo in considerazione l'ipotesi di presentare una mozione di sfiducia individuale»), tenendosi aperta la via per una marcia indietro. Che sembra altamente probabile. Dato che il Polo non ha i voti per sfiduciare un ministro, né può contare su quelli di Rifondazione comunista, nel caso ci avesse sperato. Su questo il partito di Bertinotti è stato immediatamente chiaro. «E' evidente che non è in discussione un tema di questo genere - ha spiegato il presidente dei deputati di Rifondazione, Oliviero Diliberto -. La mozione è semplicemente una provocazione da parte della destra, una delle tante». Già domenica Bertinotti aveva chiarito che «se si verificasse la crisi si regalerebbe il governo a Berlusconi, che ha perso le elezioni. Si dovrà trovare un accordo nella maggioranza, come si è fatto per la Finanziaria». Insomma, la maggioranza va avanti anche se, con eccessiva frequenza, nascono ostacoli a causa di peccati di ingenuità. «Forse stiamo pagando un prezzo troppo alto per inesperienza rilevava ieri Ernesto Stajano, di Rinnovamento italiano -. Ci sono cose che non si capiscono. Per esempio, non si poteva eliminare l'aumento sulla prima casa prima che la Finanziaria arrivasse in Parlamento?». Ma anche sul fronte dell'opposizione la confusione è grande. Fini ha tentato il suo attacco a Visco con l'evidente proposito di mettere in difficoltà Berlusconi. Perché creare tensioni contro il governo potrebbe rendere più difficoltoso il decollo della commissione bicamerale e il dialogo con D'Alema, spegnendo così la speranza di Berlusconi di approdare prima o poi ad un governo di «larghe intese». Fini teme questa conclusione ma non sa come ostacolarla. Ora sta provando a drammatizzare i rapporti tra i poli ma Berlusconi lo ha immediatamente fermato concedendogli solo «comprensione» per l'idea della mozione di sfiducia. Con la precisazione che «siamo stati e siamo contrari al principio della sfiducia individuale». Berlusconi rilancia dicendo che la sfiducia riguarda l'intero governo, ben sapendo, però, che una proposta del genere da parte del Polo non avrebbe senso oggi e servirebbe solo a rafforzare la maggioranza. E neanche Fini può consolarsi perché ieri ha avuto dalla sua parte Casini e Buttiglione («ottima idea la sfiducia a Visco»). Perché loro sperano di far cadere al più presto il governo per far nascere un governo di cui possano far parte. Clemente Mastella lo chiama «governo di transizio- ne», Rocco Buttiglione lo chiama «unità nazionale». La sostanza è quel governo che Berlusconi vorrebbe e che a Fini starebbe stretto, perché teme di rimanere relegato in un angolo. Giovedì il Polo cercherà di chiarirsi le idee. «Si tratta di valutare se prevarranno le considerazioni di una battaglia popolare o quelle strettamente parlamentari» spiega Giuseppe Pisanu, capo dei deputati di Forza Italia. Per Fini il tempo stringe: tra un mese si voterà per varare la commissione bicamerale e se volesse veramente bloccarla (assieme al temuto accordo con D'Alema) deve muoversi prima. Alberto Rapisarda A sinistra: il ministro delle Finanze Vincenzo Visco Sopra: il leader di An Gianfranco Fini

Luoghi citati: Cairo, Roma