Massud alle porle di Kabul

Il generale Dostum (alleato di Massud) offre ai Taleban una tregua per avviare colloqui di ggfce Il generale Dostum (alleato di Massud) offre ai Taleban una tregua per avviare colloqui di ggfce Massud alle porle di Kabul Razzi contro l'aeroporto della capitale TORKHAM DAL NOSTRO INVIATO Transumanza lungo la pista infernale, l'unica rimasta, che porta lontano da Kabul, verso la piana di Jalalabad. Decine di migliaia di pashtun nomadi si spostano dalle zone dei combattimenti verso aree più sicure, anticipando la migrazione stagionale. Il segnale più importante che la situazione politica e militare volge di nuovo al brutto viene proprio dal loro formidabile istinto. Lungo i 224 chilometri che, dalla capitale, conducono alla frontiera col Pakistan, l'auto sulla quale viaggiamo divide e frantuma, una dietro l'altra, centinaia di greggi di pecore e capre, di convogli di dromedari stracarichi, di asini e muli sui cui basti spropositati sono installati bambini piccolissimi e silenziosi, oppure grappoli di galline campionesse di equilibrio. Più indietro i combattimenti attorno alla base aerea di Bagram continuano. Massud vanta la sua riconquista, e probabilmente è vero, visto che i leader tribali di diverse province hanno fatto appello ai giovani taleban perché accorrano a difesa di Kabul. Voci incontrollabili dicono che l'artiglieria di Rashid Lostum ha combattuto per la prima volta a sostegno di Massud. Il che confermerebbe che il generale uzbeko - che i taleban considerano un comunista - non ha nessuna fretta di fare la fine di Najibullah. Intanto il gioco diplomatico si sviluppa intensissimo. Il presidente pakistano Faruk Leghari è a Tashkent, capitale uzbeka, per un vertice in grande stile con Dostum e il mullah Mohammad Omar, colui che la shura, l'assemblea degli anziani di Kandahar, ha dichiarato amir ul-mominin, il leader dei fedeli. Obiettivo pakistano evidente: convincere Dostum a cedere le armi e a consentire ai taleban la conquista dello spicchio finale di Afghanistan che loro manca. C'è un'espressione popolare russa, quasi un luogo comune, per mettere in guardia chi si occupa di Oriente: vostok delo tonkoe, l'Oriente è faccenda delicata. E se lo dicono i russi, che per metà sono essi stessi Oriente, bisogna credergli. Davvero delo tonkoe. Vado alla banca centrale. Mi è venuta una curiosità dopo essermi visto rifiutare un biglietto da mille afghani (circa 100 lire) da un fruttivendolo sorridente di Kabul: «Ma questi sono soldi di Dostum, noi non li prendiamo». Dunque il generale uzbeko stampa soldi falsi. Dove? Ma, è ovvio, in Uzbekistan, oppure in Russia. E il governo afghano dove le stampa le sue banconote? Il primo vice-governatore della banca centrale, Faisal Sardari, mi riceve subito. Non credo abbia ricevuto altre visite di giornalisti ed è abbastanza disponibile. Conferma che Dostum ha la sua zecca, ma non sa quanto produce. Rivela però che i denari afghani di Kabul sono stampati in Russia. Di più: il governo deposto di Rabbani aveva stipulato un grande contratto di fornitura con i russi nel marzo di quest'anno. I russi si sono fatti pagare in anticipo e hanno stampato e consegnato «una parte» della commessa. E l'altra? «Avrebbe dovuto arrivare entro marzo del prossimo anno. Ma ora per noi il contratto non è più valido». Già, ma i russi potrebbero consegnare la seconda franche direttamente a Massud, che rappresenta per loro il governo legittimo dì Rabbani. Sardari si stringe nelle spalle, non ha nient'altro da dire. Così, ironia delle situazioni, si scopre che i russi intrattenevano rapporti molto stretti con il governo dei mujaheddin, quello che li aveva espulsi dall'Afghanistan. Tanto stretti che la Kabul islamica aveva fatto quello che nessuna delle repubbliche sovietiche ex sorelle si era arrischiata a fare: affidare ai russi la stampa delle loro nuove divise. Acquistano dunque credibilità le voci che i servizi segreti di Eltsin abbiano sostenuto e armato il duo Rabbani-Massud non appena il Pakistan aveva mollato entrambi, evidentemente a causa della loro incapacità di mettere ordine nel Paese. Così la Russia si trova nell'ingrata situazione di chi è costretto a destabilizzare l'Afghanistan senza avere nulla di concreto da proporre come alternativa pratica. Perché, se vincono i taleban, allora forse viene la pace, ma anche arriva il via libera agli interessi commerciali pakistani e a quelli petroliferi americani e sauditi. Il che non è nell'interesse russo. Una pace russa, che rovesci i termini del problema, non pare all'orizzonte. Non resta che impedire la riunificazione afghana sotto l'egida di Muhammad Omar, a tutti i costi. Anche perché uno Stato islamico intransigente, ai confini con tre repubbliche musulmane ex sovietiche, e a un'ora di volo dalle aree islamiche russe, terrorizza tutti i gruppi dirigenti dell'Asia centrale, Iran incluso. Già, l'Oriente è faccenda sempre delicata. Un'ipotesi moderata che mette insieme taleban, Massud, Dostum, Hekmatiar eccetera, magari sotto la benedizione del re Zahir Shah. è già bruciata in partenza. Il viceministro degli Esteri dei taleban, Shair Stanikzai, l'ha esclusa seccamente, qualificandola come «manovra diversiva». «E poi - aggiunge - il re è troppo vecchio, anche se è un pashtun, e non saprebbe cavarsela con la situazione attuale. E' lontano da troppo tempo per costituire un punto di riferimento. Il popolo non lo accetterebbe». Comunque la si rigiri, restano i taleban. I quali finora sono dilagati dappertutto. Con ogni probabilità la prova più dura deve ancora venire, e sarà il generale Abdul Rashid Dostum. L'altro grande ostacolo che i taleban si troveranno di fronte è rappresentato paradossalmente dal loro stesso radicalismo e dalla rigida mono-etnia pashtun del loro movimento. E' vero che i pashtun sono circa il 60 per cento della popolazione, ma non basta per unificare davvero il Paese e per tenere insieme uzbeki, hazara e sciiti, e i più evoluti tagiki che parlano persiano e che dominano le élites intellettuali e amministrative, a Herat, nel Nord, come a Kabul e Mazar-i-Sharif. Il resto dipenderà da molte circostanze imponderabili che di solito passano sotto il nome di fortuna. L'Afghanistan ne ha avuta poca finora. Il Creatore gli ha imposto due maledizioni senza scampo: lo ha fatto povero e l'ha collocato in un punto delle mappe terrestri che interessa troppi potenti del mondo. Giuliette Chiesa La banca centrale afghana: Rabbani e il suo governo si facevano stampare le banconote dai russi ma noi non le accettiamo più ISLAMABAD. Le milizie fedeli al deposto governo afghano, guidate dal comandante Ahmad Shah Massud, sono alle porte della capitale Kabul, che avevano perso meno di un mese fa in seguito all'offensiva dei Taleban. Una nuova sanguinosa battaglia per la capitale potrebbe essere evitata dalla proposta lanciata oggi dal signore della guerra uzbeko Rashid Dostum, che ha invitato le fazioni a osservare da oggi un cessate il fuoco per aprire la strada a colloqui di pace. Ancora non si conoscono le reazioni degli altri protagonisti della guerra civile che infuria da 4 anni. Testimoni affermano che l'aeroporto della capitale è stato bombardato. Almeno sette dei razzi sparati dai guerriglieri di Massud sono caduti sull'aeroporto. Profughi in fuga dal Nord, dove si svolgono i combattimenti, hanno detto che le forze di Massud sono ad Hossein Kot, un piccolo centro sulle colline a 13 chilometri dalla capitale. [Ansa] Taleban attraversano Kabul a bordo di un blindato Sopra viaggiatori alle porte della capitale